I Demdike Stare inseguono il proprio nirvana dal lontano 2009. Il duo di Manchester, composto da Sean Canty e Miles Whittaker, è tra i più attivi del catalogo Modern Love e nel corso del tempo ha sempre mantenuto una propria riconoscibilità, una direzione da inseguire ben precisa, contorcendosi qua e là attraverso formule in apparenza lontane. Prese le distanze dalle prime produzioni cupe ed esoteriche in scia dub, i due hanno sposato soluzioni elettroniche più vivaci, adottate a seconda dell’occasione, o più semplicemente a seconda della musica da sviscerare, essendo entrambi fervidi collezionisti di dischi (a tal proposito le recenti smanie ben esposte in fila nella serie “Testpressing”, prodotta dal 2013 al 2015, la dicono parecchio lunga).
Oltre a saccheggiare costantemente negozi di vinili e cassette, Sean e Miles nutrono le passioni più svariate: dagli antichi racconti sui sabba delle streghe del Diciassettesimo secolo - delle quali Demdike era la più temuta - al legame più volte dichiarato con il Belpaese e il cinema western di una volta; un amplesso, quest’ultimo, culminato con la rilettura in chiave elettronica delle partiture del Gruppo Improvvisazione Nuova Consonanza - un collettivo nel quale militarono geni assoluti del calibro di Egisto Macchi, Ennio Morricone, Franco Evangelisti e molti altri - proposta al Macro di via Nizza a Roma.
L’esperienza maturata da una costante attività live ha per di più contribuito al perfezionamento del proprio tiro: al netto di una fisiologica indecifrabilità, la musica dei Demdike Stare è ora techno distopica, ora dark-ambient, ora jungle, o quel che resta del crollo improvviso di una serie di piani ritmici sovrapposti.
A contraddistinguere le nove tracce del doppio Lp “Wonderland” - il sesto in bacheca - è una sperimentazione del tutto obliqua, amalgamata in qualche maniera dalle singole vocazioni del duo: Canty proviene dal mondo hip-hop, mentre Whittaker ha sempre masticato la techno più selvaggia (Daughter of the Industrial Revolution, Pendle Coven, i progetti da solista a moniker Minnie e Suum Cuique). Gli approcci di partenza sono dunque differenti e alimentano un’alchimia sonora per certi versi unica nel suo genere.
Il battito incalzante di “Curzon” apre le danze mescolando i recenti manierismi di Mika Vainio con la techno più spettrale. Mentre la successiva “Animal Style” fonde 2-Step e campionamenti orientaleggianti, tra improvvise fermate nell'ombra ed efficaci ripartenze. L’effetto, quindi, è ancora una volta decisamente insolito e straniante. Nella prima metà di “Hardnoise”, ad esempio, si potrebbe ipotizzare un improbabile incrocio tra l’ultimo Andy Stott e i Raime di “Quarter Turns Over A Living Line”, ma la deriva più spedita posta in coda rimescola ulteriormente le carte.
L’umore resta vagamente tetro, e sbuca una maggiore irrequietezza ritmica, come nel caso della splendida “FullEdge (eMpTy-40 Mix)”, o del beat pachidermico e irregolare di “Source”. Spuntano finanche frattaglie drum and bass spiattellate in chiave del tutto personale. E non è affatto un caso che la conclusiva “Overstaying” fugga via da tutto: groove spaziale e tanti baci.
“Wonderland” è un album distopico, ma non per questo incapace di mordere. Del resto, i Demdike Stare sanno come sfruttare al meglio le proprie risorse; da veri felini dell’elettronica contemporanea, combinano al meglio una spiccata abilità alle macchine e un'immaginazione totalizzante. Una cifra stilistica che ha finalmente raggiunto il suo nirvana, e un inconsueto paese delle meraviglie.
01/12/2016