Già “Seoulight”, l'esordio pubblicato cinque anni addietro, chiariva quale fosse la distanza che separa la musica di Neon Bunny da quanto invece caratterizzava (e tuttora caratterizza in larga misura) i piani alti delle classifiche coreane. Nessuna strizzata d'occhio a motivetti accattivanti, nessun riferimento a dubstep, hip-hop e dancehall: l'ispirazione della musicista si esplicitava in un pop sì elettronico, ma che al ritmo e al ritornello a presa rapida preferiva piuttosto incentrarsi su una scrittura più sfuggente e sull'immaginario evocato, in una sorta di piccola sinfonia metropolitana che, per quanto ancora un po' ingenua nella composizione, dava un ottimo assaggio del talento e del forte carattere dell'autrice. Flash-forward al 2016, e in una scena electro-pop indipendente che ha trovato straordinario slancio, “Stay Gold” ne diventa in qualche modo il manifesto, la punta di diamante, con Im a presentarsi affinata sotto ogni aspetto, come se in fondo le sue prime prove fossero state solo bozzetti preparativi. Fedeli al concept urbano dell'esordio, le nove tracce del nuovo lavoro ne accentuano gli aspetti più sensuali e romantici, inquadrando Seul in un gioco di prospettive che dà a suo modo risalto alla straordinaria vitalità e al dinamismo della metropoli asiatica. In effetti, un simile ritratto della capitale coreana è più unico che raro.
Per quanto invariato possa rimanere il nucleo espressivo di Neon Bunny, le declinazioni che assume si fanno carico dell'enorme balzo di qualità compiuto dall'artista, in qualsiasi aspetto si decida di prendere in considerazione. In particolare, è la composizione a presentare i maggiori segni di affinamento: per quanto i brani di Im siano ancora caratterizzati da ampia linearità e progressioni semplici, a renderli più sfaccettati e intriganti sono l'acuita tridimensionalità delle architetture sonore (ben oltre la grezza ripetitività dei moduli di “Seoulight”), ma soprattutto la pluralità dei riferimenti stilistici, crocevia in cui far incontrare e scontrare richiami synth-pop, ambientazioni chillout, accenni electro-dream e anche un disinvolto penchant per l'attuale calderone urban, in molte delle sue sfaccettature. In questo senso la scrittura dell'autrice, già comunque dotata di un notevole fiuto melodico, si esalta, palesa la sua totale malleabilità, una versatilità che sa quindi come mantenere il proprio carattere al variare d'abito. In effetti, anche quando contempla l'utilizzo di un'elettronica più massiccia ed esplosiva, come quella a supporto di “It's You”, il tiro melodico non cede mai alle esigenze dei bpm o all'eventuale massimalismo del beat, piuttosto opera se possibile di contrasto, rivendicando tutta la sua personalità, il suo tocco gentile e cadenzato, perfetta impalcatura per eleganti notturni e dolci ballate urbane.
Estrema riconoscibilità insomma: che si tratti di lievi battiti hip-hop impreziositi da lievi accenni folktronici ed eterei contrappunti sintetici (come in “Romance In Seoul”, per la distribuzione della quale in Occidente si è spesa la Cascine l'anno scorso), oppure di downtempo anni 90 mascherato sotto forma di delicato lento electro (“Forest Of Skyscrapers”, il suo vertice melodico assoluto), in “Stay Gold” la scrittura evolve per leggere sfumature, non sfugge mai da un paradigma che gioca di impressioni e suggestioni, pur mantenendo intatto il rigore pop. Ed è anche qui che si registra lo scarto rispetto ai tanti colleghi, più o meno validi e di buone speranze, del panorama electro coreano (su tutti, Aseul e Flash Flood Darlings): nel muoversi sul strettissimo crinale che separa evanescenza da consistenza (come nella minimale romanza dream-pop “Ai”, che sa impiegare i topoi del genere senza cadere nella narcolessia), nel poter ambire a costruire con profitto brani in minore ma dal robusto taglio urban-dance (“All I Want Is You”), Im si propone come il nome ammiraglio di una scena che ormai sta scalpitando per far sentire la sua, e che l'esclusione dai giri (e dai budget) che contano non ha minimamente limitato nelle possibilità.
Tutt'altro che crisi da secondo album: scrollandosi di dosso le aspettative e la smania da hype, prendendosi tutto il tempo necessario a produrre un lavoro di valore, Neon Bunny esemplifica ancora una volta come, oltre la sempre più triste serialità del mainstream sudcoreano, si celi un universo di personaggi e realtà in pieno fermento, a cui manca soltanto un pizzico di visibilità in più. Talento e capacità non mancano proprio.
(20/12/2016)