Nuovo album per l'etichetta francese Eilean Records e nuova perla elettroacustica da inserire nell'ormai foltissimo catalogo del 2016 (Chris Dooks, Daniel K. Böhm, Speck, Wil Bolton, Saenïnvey). Stavolta è il musicista danese Paw Grabowski ad approdare presso l'etichetta d'oltralpe, e lo fa pubblicando una serie di registrazioni casalinghe, qui raccolte per formare un pregevole collage minimale di grande capacità ipnotica, impatto emotivo e ricerca sonora, capace di coniugare l'avanguardia elettroacustica con elementi dello psych-folk più meditativo e introverso.
La chitarra - pur arricchita da occasionali voci registrate, sovraincisioni, manipolazioni ed effetti - è lo strumento fondamentale di "Vaev". Lo scorrere continuo - senza sostanziali interruzioni - dato dagli undici brani è una sorta di flusso ipnotico-psichedelico creato da delicatissime strutture melodiche e narrative che descrivono visioni eteree di spazi interiori, solitudine non sofferente, un'intima malinconia che non è mai tristezza o depressione, ma che appare come presa d'atto di una "diversità" cosciente e orgogliosa.
Un elemento stupefacente del lavoro di Paw Grabowski è l'enorme semplicità delle composizioni; è sorprendente quanto "Oje" e la sua versione allungata "De Forste Hænder Abnede Sig Som Træer" riescano a introdurre l'ascoltatore in un'atmosfera da trip pschedelico, da viaggio sospeso nel tempo e nello spazio, con due soli accordi di chitarra solcati da un sofficissimo substrato sintetico.
Le trame delle corde di chitarra pizzicate incedono lentamente, ricche di pattern ripetitivi ("Hud"), melodie fiabesche ("Mine Hænder I Intet"), sottofondi granulosi ("Tage"), dialoghi tra fantasmi ("Ljilja"), inattese intrusioni di ritmi jazz ("Glasfugl"), fino agli arpeggi sognanti e intimisti della title track e della sua variante "Afsavn".
10/10/2016