I Parquet Courts non sono più una novità: con il celebrato "Sunbathing Animal" nel 2014 si guadagnarono i galloni di esponenti di punta del nuovo rock alternativo americano. Ma attenzione: "Human Performance" non ne costituisce il suo diretto successore, perché nel frattempo, nel giro di pochi mesi, il quartetto ha licenziato un eccellente lavoro sotto mentite spoglie (il "Content Nausea" pubblicato con la ragione sociale Parkay Quarts) e un Ep ("Monastic Living") dai toni profondamente experimental-noise. "Human Performance" rimette i pezzi in ordine e in quattordici tracce fornisce un quadro preciso su dove sta andando la band: verso una maggior fruibilità, forte di un formato-canzone che si fa un pochino più furbetto, ma sempre ultra-efficace e dissonante, sin dall'iniziale "Dust".
La Rough Trade, label dall'occhio lungo, li ha presi sotto la propria ala protettrice, e pare che persino Jeff Tweedy si sia invaghito di loro, visto che dopo averli incrociati in un paio di festival ha deciso di mettere la propria chitarra al servizio della band, suonando un paio di riff. Con "Human Performance" i Parquet Courts confermano di possedere rare doti di rilettura e fusione delle diverse epoche musicali che caratterizzarono la propria città, New York. Centrifugano la psichedelia sixties dei Velvet Underground ("Steady On My Mind", la lunga coda di "Ona Man, No City") e l'attitudine nineties noise dei Sonic Youth ("I Was Just Here"), aggiungendo sprazzi di indie Strokes-style ("Outside") contaminato dal post-hardcore dei Fugazi ("Paraphrased"), dal college-rock obliquo dei Pavement (la geniale "Keep It Even", dove la chitarra di Tweedy si scorge inequivocabile) e persino da un divertente e ritmato tex-mex ("Berlin Got Blurry").
Tutto è sintetizzato per mezzo di una personalità che al momento non ha uguali nel circuito alternativo mondiale, racchiuso in una scrittura che disco dopo disco mantiene intatte le proprie peculiarità pur spingendosi verso i lidi di una lieve maggiore conformità. La musica rock continua a essere centrale nelle nostre vite, ma Andrew Savage e Austin Brown hanno ben capito quanto oggi le novità passino attraverso un'accurata rilettura del passato. Forse tutto ormai è stato inventato e soltanto così è possibile generare inediti crossover per costruire la storia musicale degli anni 10. E i Parquet Courts ci stanno riuscendo.
15/04/2016