Di particolare utilità è qui il parallelo con il seminale lavoro di Drummond & Cauty, in cui una tecnologia post-rave la si ritrovava a conversare fino a dissolversi completamente nell'ambience della campagna inglese. "Singulacra" però fa un passo in avanti in quest'ottica di "sfumare i confini", sicuro com'è di se stesso nel maneggiare l'humus digitale (che ha digerito nel frattempo le lezioni glitch e tape), e rivela una musica in cui i termini dell'opposizione non solo rinegoziano i loro confini ma sembrano manifestarsi spesso proprio in guisa del loro presunto contrario: ecco quindi che il rimbombo di passi registrati diventa battito sottopelle, increspature digitali simulano contatti di particelle elementari, il clubbing riecheggia in qualità di pura materia prima in un impressionante sovrapporsi di narrative - alla lontana stregua di quello che si muove in casa Rabit, Chino Amobi e Total Freedom - mentre il lento dispiegarsi sintetico si riallaccia con il più tradizionale immaginario ambient semi-glaciale.
Su un altro livello, infine, la Loizou sembra voler innestare nel lavoro un ulteriore strato di significato che ha a che fare con l'introspezione e un'ansia latente ma meditabonda: a questo sembra puntare l'emotività fremente di brani come "The Voices Of Time" e titoli quali "Divine Interference" e "Glimpses Of Death", per sublimarsi, infine nel vuoto di "Singularity Is Near", un rimando al lavoro futurista di Ray Kurzweil, un mondo in cui il connubio tra genetica e nanotecnologia avrà forgiato una nuova intelligenza da cui scaturiranno una più grande complessità, eleganza, conoscienza, bellezza, creatività e "sottili attributi" come l'amore.
Se questi imminenti scenari di intelligenza post-artificiale avessero mai bisogno di una nuova-vecchia musica per ambienti, "Singulacra" sarebbe a tutti gli effetti il candidato più autorevole.
(04/04/2016)