Prima vera antologia dei leggendari Husker Du minnesotani, “Savage Young Du” arriva a trentotto anni dalla fondazione del terzetto, a trenta dallo scioglimento, e a un paio di mesi dalla scomparsa di Gran Hart (RIP), eccellente batterista e ancor più sopraffino co-autore, a fianco del compare Bob Mould e del sempre presente basso di Greg Norton. Non certo un greatest hits qualsiasi, questo triplo box documenta la storia della band dagli esordi al momento immediatamente antecedente al grande balzo di “Zen Arcade” (1984).
Vi si trovano, prima di tutto, i primissimi singoli (il 7” “Statues/Amusement”, 1981, e “In A Free Land”, 1982), e i primi due dischi ufficiali, “Land Speed Record” (1982), questi colto non soltanto nella sua interezza ma proprio riversato a partire dalla sua sessione d’origine (fu registrato dal vivo, ndr), scarti compresi, e “Everything Falls Apart” (1983), anch’esso arricchito di un contorno, la preparatoria “In A Free Land Session”.
Gli inediti, forse la vera curiosità dell’insieme, aprono e chiudono il cofanetto e dunque, mutatis mutandis, questo loro primo quadriennio. E ancora catturano lo spirito do-it-yourself da “buona la prima” della band, colta in registrazioni brutte, sporche e cattive, sia casalinghe che dal vivo dei veri locali hardcore della prim’ora. Le primissime, da “Sore Eyes” a “Can’t See You Anymore”, li colgono allievi voraci e lucidi di surf, Ramones e Buzzcocks. A partire da “Do The Bee”, i tre si tuffano nella dimensione live ricevendo la giusta accelerazione, con una “Data Control” già però anomala, una prima scarica prolungata di elettricità di Mould, in accoppiata all’insistente percussività per Hart.
Le registrazioni successive sono altri raffinamenti del loro verbo futuro: “Call On Me”, “Termination”, la prima versione dal vivo di “Diane”. E gli ultimissimi, nuovi studi stilistici, culminano con una “It’s Not Fair”, ancora estesa e nuovamente dal vivo, con cui Mould e Hart perfezionano le loro rispettive torture (che di lì a poco trionferanno nel capolavoro del punk tutto, “Reocurring Dreams”).
Sono i loro folgoranti esordi. E’ un’opera (anticipata in qualche modo dalla ristampa di “In A Free Land” per il Record Store Day 2016), di raccolta e di raccordo, fondamentale per i fan, e soprattutto per i fan degli Huskers della tendenza saldamente hardcore. Ma anche per gli altri, in fondo. Fa capire quando, e come, Mould abbia iniziato a rimpinzare la chitarra di effetti e pedaline, per portarla al di fuori del territorio conosciuto, quando, e come, Hart abbia dato l’imprinting della batteria, rallentandola e complicandola nella cadenza e negli stacchi, inventando di fatto il post-hardcore. Soprattutto, si tasta con mano il cammino verso la perfetta forma-canzone del genere. Manca il fondamentale “Metal Circus” (1983), c’è però un Ep di scarti, “Extra Circus”, in allegato al quadruplo vinile ma anche disponibile separatamente, che lo documenta appieno. Bello ed esaustivo libretto di centotrenta pagine.
20/11/2017
Cd 1
Cd 2
Cd 3