Husker Du

Husker Du

La terra promessa dell'hardcore

Gli Husker Du da Minneapolis sono i portabandiera di quell'hardcore, figlio del punk, destinato a diventare uno dei generi di punta della scena indie americana. Un genere codificato nell'epocale doppio "Zen Arcade"

di Francesco Nunziata

A mia sorella


All'inizio degli anni 80, il punk ha ormai esaurito l'originaria carica eversiva, perdendo progressivamente la sua forza d'urto. Questa fase di stallo venne superata fondamentalmente attraverso una rielaborazione di alcuni elementi caratteristici di quel genere.

Innanzitutto, i brani divennero più aggressivi, più ruvidi, e iniziarono ad essere contraddistinti da una rapidità di esecuzione a volte sconvolgente. Inoltre, sul piano puramente ideologico, fu abbandonata la cupa rassegnazione che aveva contrassegnato la fine degli anni '70, e si diede inizio ad un processo evolutivo che, partendo dall' introspezione soggettiva, cercava di approdare ad una "visione terapeutica" del reale, il tutto lungo un itinerario che possiamo definire catartico. Fu proprio allora che, per riferirsi al punk, si iniziò a parlare di "hard-core", termine preso in prestito dal linguaggio cinematografico.

L'hardcore divenne un fenomeno di massa soprattutto negli Stati Uniti, grazie all'ascesa di numerose band, alcune delle quali destinate a lasciare un segno indelebile nella storia del rock. Tra queste, senza dubbio, vanno annoverati gli Husker Du (norvegese per "Ti ricordi?").

 

Provenienti da Minneapolis, nello stato del Minnesota, dove si erano formati nel 1978, Bob Mould (chitarra), Grant Hart (batteria) e Greg Norton (basso) riuscirono a far diventare l'hardcore qualcosa di magico, non più unicamente rivolto alle tematiche sociali, ma finalmente capace di guardare nel fondo dell'animo umano e di cavarne linfa vitale e orgoglio prometeico. (In una intervista risalente al 1984, Hart dichiarava:"Quando si parla di "hardcore", si tende sempre a mettere l' accento sull'aspetto più violento e duro ("hard"). Non capisco come facciano tutte queste band a essere così fredde… Noi cerchiamo, invece, di concentrarci soprattutto sull'aspetto emotivo ("core")".

All' inizio, gli Husker suonavano cover dei Ramones, prima grande influenza della band, insieme con Buzzcocks, Beatles, Byrds e Hendrix.

Il debutto discografico avvenne nel gennaio del 1981 con il singolo "Statues" (che riecheggia i P.I.L. di "Metal Box"), cui fece seguito il loro primo Ep, registrato dal vivo: Land Speed Record, un'opera letteralmente devastante, suonata ad una velocità impressionante e con una violenza degna dei Black Flag. Con questo disco, i tre si guadagnarono l' appellativo di "band più veloce del pianeta".

Sotto la superficie caotica e dissennata, però, alcuni frammenti di melodia lasciavano già presagire la futura originalità della band.

Nel 1982, fu la volta del primo 33 giri, Everything Falls Apart. Questa prima prova sulla lunga distanza mostra segnali ancora più evidenti per quanto riguarda le loro vere intenzioni: scrivere orecchiabili melodie pop per poi calarle in una struttura tipicamente hardcore. Si vedano, ad esempio, brani quali la stessa title track, "Target" o "Gravity". In verità, comunque, in questa fase i nostri stanno ancora rifinendo la loro scrittura, e i brani spesso non sono perfettamente bilanciati e ben strutturati. Più che l' aspetto melodico, infatti, prevale spesso quello rumoroso, in linea con gli stilemi dell'hardcore più canonico.

Da ricordare, inoltre, l'ottima cover di "Sunshine Superman" di Donovan.

La fase più ortodossa, per così dire, giunge a maturazione con l'Ep Metal Circus, uscito per la SST nel 1983 e da alcuni considerato il loro primo capolavoro. In effetti, è proprio in questi diciotto minuti che gli Husker Du dimostrano di non volersi ancorare a quelli che sono le leggi dell'hardcore, ma, piuttosto, di volerne scandagliare i confini e, se possibile, oltrepassarli.

I brani da ricordare sono certamente la meravigliosa "Diane" (ordinaria storia di stupro e di omicidio, scandita dal cupo incedere del basso e avvolta in un toccante delirio di chitarra), "Real World" (un hardcore martellante con qualche traccia di Stiff Little Fingers) e "Out On A Limb" (dissonante e metallica, con qualche accenno di Killing Joke).

 

Preme ancora sottolineare, poi, che proprio a partire da Metal Circus iniziano a delinearsi le due anime della band: quella vivace e briosa di Hart (evidente nella splendida "It's Not Funny Anymore"), e quella, di riflesso, cupa e introspettiva di Mould. Proprio di quest'ultimo c'è da registrare, inoltre, la raggiunta maturazione in fatto di stile chitarristico: il modo con cui attacca la sua "Ibanez Flying V" non è certamente ortodosso, ma fu proprio questo ad influenzare una intera generazione di chitarristi. Il suo tipico "wall of sound" atmosferico è una delle caratteristiche fondamentali della band, perfettamente bilanciato dal batterismo isterico, ma puntuale, di Hart, e dalle linee di basso mai sopra le righe di Norton.

Insomma, alla fine del 1983 tutti gli elementi base del suono Husker Du hanno ormai raggiunto un equilibrio impeccabile. Mould e Hart, i due songwriters, decidono di spartirsi democraticamente i brani. Le loro personalità così incompatibili faranno il resto, conferendo alle future prove una intensità stupefacente, frutto di due spazi artistici completamente differenti, certo, ma in fondo speculari. Sullo sfondo restava Norton, a cui pure si deve il merito di aver contribuito attivamente ad alcuni brani del primo periodo.

Da questo stato di cose, emerge una band pronta a lanciare la sfida all' underground americano.

Iniziano, così, le registrazioni di quello che è a tutt'oggi il vertice massimo del punk-hardcore, e uno dei più grandi dischi rock di tutti i tempi: il doppio Zen Arcade (1984), primo album indipendente americano a superare la soglia delle 100.000 copie vendute. 23 pezzi in presa diretta per 85 ore di mixing: questo è quanto dichiarano gli stessi Husker Du nelle note di copertina. E noi non stentiamo a credergli. Tutti i brani, infatti, conservano il sapore di attimi irripetibili, la rabbia e la dolcezza di una rivelazione epocale, senza tempo. Nell'ambito dell'hardcore più eterodosso, soltanto i Minutemen riusciranno in un'impresa del genere, nell'altro straordinario doppio "Double Nickels On The Dime", uscito sempre nell' 84 e sempre su SST).

 

Zen Arcade è un concept sulla linea d' ombra conradiana, quella che separa l' adolescenza dalla maturità. Una sorta di Quadrophenia dell'era punk, senza averne però la ridondanza e la pomposità. A dire il vero, comunque, lungo i solchi, a poco a poco, la storia si sfalda, si arena nell'impossibilità di esprimersi compiutamente, facendo dell'album un monumento all'imperfezione, quasi che la musica superi per esuberanza tragica il senso delle liriche. Tralasciando la riuscita "logico-narrativa" del concept, allora, gli Huskers si concentrano sull'impatto emotivo e fisico di un maelstrom apocalittico, intessuto di melodia, rumore e cervello.

L'opera è introdotta dal pestare scanzonato di Hart e dal basso martellante di Norton, entrambi pronti a spianare la strada alla sfrigolante chitarra di Mould, capace di una abrasività quasi "spirituale": "Something I Learned Today", e la successiva "Broken Home, Broken Heart" (un'altra straordinaria progressione hardcore di Mould), formano un perfetto binomio di furore ed orecchiabilità. A seguire, la splendida ballata folk di "Never Talking To You Again", primo vero segnale di originalità dell'album, insieme con la sperimentazione di "Dreams Recourring" (con i nastri mandati all' incontrario) e il raga lisergico ed esuberante di "Hare Krsna".

Sul versante più propriamente hardcore, si situano "Indecision Time", "Beyond The Threshold", "Pride", quest'ultima con tanto di sedie sfasciate in studio e una violenza "estatica", quasi a simboleggiare il tentativo estremo di voler instaurare un (impossibile?) dialogo con il mondo e la sua alterità, "I'll Never Forget You" (impietoso "ultra-core" scaturito dalla penna di Mould — e, a detta dello stesso autore, uno dei suoi vertici), "The Biggest Lie" (con una abrasività impressionante e un portentoso lavoro di batteria). E' poi la volta di "What's Going On" (propulsa dalle note di un basso che chiama in causa i Sonic Youth, e lanciata in un boogie sferragliante e saturo di chitarra); e di "Masochism World" (torrenziale epicità in salsa hardcore).

 

La seconda parte dell'album è caratterizzata da una rabbia meno impulsiva e da una maggiore sensibilità "pop". I brani, più che perdere la loro aggressività e la loro furia, sembrano convogliarle ad un livello meno superficiale, riuscendo a dare vita a strutture all'apparenza perfettamente melodiche, ma che, invece, sono erose da un sottosuolo carico di pulsioni primordiali e, in ogni caso, mai dome. "Standing In The Sea" vive di una depressione sottile ed opprimente, il tutto immerso in uno scenario quasi allucinato, dai contorni onirici; "Somewhere" è un febbrile grido di speranza; "Pink Turns To Blue" è uno dei pezzi più magici dell'album, con il falsetto di Hart e una chitarra ronzante ed eterea; "Turn On The News", invece, è un inno in perfetto stile '77. Ad un livello più impressionistico ci sono, invece, gli interludi pianistici di "One Step At A Time" e "Monday Will Never Be The Same" (perfetti nello stemperare temporaneamente il clima esaltato ed irrequieto che contraddistingue tutto l'album), e l'incubo psichedelico di "The Tooth Fairy And The Princess".

I due grandi capolavori dell'album sono "Newest Industry" (uno straordinario jingle-jangle folk-rock che s'impregna progressivamente di rabbia e di passione) e "Whatever" (catartica e sognante magia per chitarra abrasiva, cosmica, con un basso sornione e una voce che non si dimentica). Entrambi i brani sono firmati da Bob Mould, davvero uno dei maggiori songwriter della sua generazione. Chiude l'album la psichedelia sperimentale della lunghissima (14 minuti…) "Recourring Dreams", un delirio di glissando chitarristici, corse a perdifiato, distorsioni e suoni zampillanti che si rincorrono e si oltrepassano vicendevolmente, in un clima allucinato e delirante.

A tutt'oggi, l'influenza di quest'album epocale è senza dubbio incalcolabile. Sarebbe, infatti, quasi impossibile pensare al rock americano (e non solo) degli ultimi vent'anni senza tenere in debita considerazione Zen Arcade.

Mould e Hart, con le loro personalità contrapposte, danno vita ad un febbricitante esempio di hardcore sperimentale, capace tanto degli estremi più oscuri dell'ultra-core, quanto delle melodie più trasognate e coinvolgenti della migliore tradizione pop. In mezzo, vive una terra di nessuno, un luogo dove si stemperano le due estremità, in un tumulto di rabbia, poesia, delirio e violenza purificatrice. Zen Arcade è tutto questo: un incredibile gioco di specchi contrapposti, di riverberi dell'anima, di devastanti (im)perfezioni soniche.

Alla fine del 1984, la band pubblica l'acclamato singolo "Eight Miles High", cover di un brano dei Byrds. L'anno successivo è la volta di New Day Rising, un album, nello stesso tempo, più implacabile e più melodico di Zen Arcade. I brani risentono del sound ormai classico della band, con il basso a dettare la linea melodica e il ronzante "wall of sound" chitarristico di Mould a sfaccettare il tutto. A quest'ultimo si deve il tribalismo distorto di "New Day Rising" (aggressiva e opprimente), le dissonanze di "How To Skin A Cat" (con chitarra atonale), la vorticosa "Plans I Make" (con le sue lacerazioni chitarristiche), l'incedere marziale di "Celebrated Summer" e il grande rock'n'roll di "I Apologize". Il secondo, invece, regala il ritornello appiccicoso di "The Girl Who Live On Heaven Hill", la melodia di "Books About Ufo's", e la solenne circolarità di "Terms Of Psychic Warfare".

Qualcuno all'epoca accusò la band di essere diventata un tantino commerciale. Alle accuse rispose, in un intervista dello stesso anno, il bassista Greg Norton:"Siamo semplicemente maturati come compositori, e suoniamo meglio le nostre canzoni…".

In preda a una ispirazione tanto eccezionale quanto feconda, sempre nell'85, gli Husker Du incidono Flip Your Wig, che segna la transizione al cosiddetto "pop-core". Vanno scomparendo, infatti, le martellanti progressioni hardcore (ultimi vagiti in tal senso sono quelli di "Every Everything", "Divide And Conquer" (febbrile e strepitosa, marchiata da un reitirato riff di chitarra e da una batteria pestona) e, infine, "Games" (uno dei loro vertici assoluti).

Segno evidente del nuovo corso, in cui anche la velocità si attenua e i ritmi si fanno meno concitati, è l'anthem imponente e apocalittico di "Find Me" (con la vertiginosa spazialità della sei corde), il pop di chiara ascendenza sixties di "Green Eyes" e di "Hate Paper Doll" e le bellissime ascensioni melodiche di "Flexible Flyer" e "Private Plane". A chiudere l'album, intervengono due strumentali: "The Wit And The Wisdom" e l'orientaleggiante "Don't Know Yet".
Pur non raggiungendo le vette dei due dischi precedenti, Flip Your Wig è comunque un'opera apprezzabilissima, anello di congiunzione tra l'hardcore melodico dell'era SST e il pop-core vero e proprio che avrà piena realizzazione a partire da Candy Apple Grey, uscito nel 1986 per la Warner Bros., dopo che gli Husker Du erano stati la prima band indipendente americana a firmare un contratto con una major. Pur non perdendo la libertà artistica e la capacità di scrivere grandi canzoni, gli Husker Du iniziano a mostrare alcuni segni di stanchezza, evidenti soprattutto nell' iniziale "Crystal", un brano nettamente fuori fuoco ed incompiuto. Ad ogni modo, le gemme non mancano: "Hardly Getting Over It" (una commovente ballata acustica firmata da Mould), "Sorry Somehow", "Don't Want To Know If You Are Lonely" e "Dead Set On Destruction" (tutte scritte da Hart e tutte caratterizzate da un effervescente sapore pop).

La piena maturazione di questo nuovo sound, in cui il punk ed il pop convivono in una forma finemente cesellata, si avrà l'anno successivo, con l'altro album doppio della loro carriera, Warehouse: Songs And Stories. Il disco è una versione più asciutta e più raffinata di Zen Arcade, priva della sua sperimentazione e della sua furia iconoclasta e compressa. Quello che resta è ciò che Simon Frith definì "la migliore raccolta di musica rock bianca del decennio", un eccezionale caleidoscopio di power-pop magmatico. I brani si rincorrono vertiginosamente, delineando un affresco sonoro meraviglioso, scosso da una rabbia e da una energia che, più che increspare la superficie, restano al di sotto di essa, come un'eco lontana ma ineludibile.
Ad ogni modo, Mould ed Hart hanno ormai spinto i loro rispettivi songwriting in direzioni totalmente opposte, prefigurando lo scioglimento della band, avvenuto nel 1988. Mould è l' autore della bellissima "These Important Years", del maestoso college-pop di "Standing In The Rain", della malinconia cantautoriale di "No Reservation" (con un'indimenticabile figura di basso), della dolente "Ice Cold Ice" o dell'epica severità di "Friend, You've Got To Fall". Hart, invece, è, come sempre, responsabile dei brani più marcatamente pop, quali "She Floated Away", "Charity, Chastity, Prudence And Hope" (con il classico "chitarrismo perenne" di Mould) o della scanzonata "She's A Woman (And Now He Is A Man)".

Durante il tour successivo, venne registrato un documento live, pubblicato solo nel 1994 col titolo di The Living End, e contenente anche una cover di "Sheena Is A Punk Rocker" dei Ramones. Ma il trio è ormai giunto al capolinea. Mould e Hart proseguono la loro attività musicale separatamente e con risultati alterni. Norton scompare completamente dalle scene.

 

In sette anni di attività ufficiale, gli Husker Du hanno rifondato letteralmente il punk-hardcore, spingendosi titanicamente verso i suoi limiti, oltrepassandoli e trascendendoli in uno straordinario e spettacolare "genere misto", un hardcore melodico estremamente creativo e convincente. Il ricordo di questa band, e della sua irripetibile alchimia, riecheggia ancora tra i solchi dei loro otto dischi, ma sono soprattutto la devastante energia e la pienezza emotiva di Zen Arcade quelle destinate a restare indissolubilmente legate al nome degli Husker Du.

Finalmente fa la sua comparsa anche una prima vera antologia del terzetto minnesotano, Savage Young Du (2017), triplo box dedicato ai loro folgoranti esordi, a un passo dal grande balzo di Zen Arcade. Vi si ritrovano, nella loro interezza, i primi singoli e i primi due dischi, Land Speed Record e Everything Falls Apart, oltre a qualche bozzetto preparatorio per il fondamentale Metal Circus. Gli inediti gettano finalmente luce sull'evoluzione che dai primissimi demo casalinghi (che li colgono innamorati di surf, Ramones e Buzzcocks) porta alle prime accelerazioni canonicamente hardcore, fino alle prime sperimentazioni con la forma-canzone, il trattamento della chitarra, la modificazione della cadenza del ritmo.

Husker Du

Discografia

Land Speed Record (SST, 1982)

Everything Falls Apart (Reflex, 1983)

Metal Circus (Ep, SST, 1983)

Zen Arcade (SST, 1984)

New Day Rising (SST, 1985)

Flip Your Wig (SST, 1985)

Candy Apple Grey (Warner, 1986)

Warehouse: Songs & Stories (Warner, 1987)

The Living End (Live, Warner, 1994)

Savage Young Du (comp., Numero Group, 2017)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Husker Du su OndaRock

Husker Du sul web

Testi
Foto