Arto

Fantasma

2018 (Sangue Dischi et al.)
post-rock, avant-rock
6.5

Nato dall’incontro tra Luca Cavina (basso di Zeus e Calibro 35), Bruno Germano (chitarra e produttore di spicco al Vacuum Studio), Cristian Naldi (chitarra di Ronin e Fulkanelli) e Simone Cavina (batteria per Junkfood e Comaneci), Arto è un supergruppo che, appunto, ha di certo il merito di portare alla luce e far reagire la creme del rock italiano avanzato dell’ultimo lustro, testimoniandolo nel primo tentativo su lunga distanza, “Fantasma”.

I quattro tendono più di qualche volta a ripetersi, eppure percola qualcosa d’epico e intellettuale tra le fibre strumentali. Sia “Trauma”, forte d’una grande intro di arpeggi stridenti e un pinnacolo d’estasi raggiunto più per cieca inerzia che per passionalità di narrazione, che “A Ghost Limbo”, immersa in una quiete d’enigma e poi eruttante in tastiere marziali, fanno capo al blues irregolare e irrazionale degli Slint, aumentato d’idee atmosferiche da thriller, e soprattutto allungato in modo anomalo.
E’ proprio quest’approccio chirurgico e statico, che in mani meno sapienti porterebbe senz’altro alla noia, a salvare brani come “Mirror Box” dalla mediocrità logora del post-rock, in una curiosa forma d’eleganza. “Larva” è invece schizofrenia, tanto gotica e tendente al silenzio, persino catacombale, quanto poi ipercinetica, spavalda e nevrotica, e “Ship Of Theseus” porta senza remore in primo piano la sezione ritmica, bordate di basso e pestate di batteria, le chitarre ridotte ad accordini ectoplasmatici.

Preceduto dai nove minuti di “In limine” (2017), solo via YouTube, poi non acclusi all’album. Voluto e composto in pratica dal solo Luca Cavina, però sorreggendosi sulle trasparenti architetture di Germano. Né carne né pesce come velocità, mai davvero smorta o mai davvero sostenuta né scattante, più originale nella dinamica: non la solita solfa della progressione dal pianissimo al fortissimo e tutti contenti, piuttosto canovacci sì cervellotici ma non scarichi d’intonazioni tragiche e lacerazioni. I veri tocchi di classe vengono comunque a inizio e fine, “On Suicide”, l’epitaffio di Brecht/Eisler arrangiato alla maniera degli Art Bears con la voce di Jacopo “Iosonouncane” Incani, e una “AibohphobiA” (dieci minuti) che invece ricoglie gli ultimi sfilacci stregati degli altri brani per imbastirne un pezzo da camera fantasmagorico per soli tocchi e droni di chitarra e due archi (violino e cello, Dimitri Sillato e Giuseppe Franchellucci). Co-produzione tra Sangue Dischi, Offset Records, Dischi Bervisti, Fegato Dischi e Fucking Clinica.

26/03/2018

Tracklist

  1. On Suicide
  2. Trauma
  3. Mirror Box
  4. Larva
  5. Hauntology
  6. Ship Of Theseus
  7. A Ghost Limbo
  8. AibohphobiA

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