Mettendo a nudo la propria anima, Arocena introduce con forza una delle fonti d’ispirazione più rilevanti, ovvero la musica religiosa, primo passo dell’autrice e cantante cubana verso una spiritualità che si è consolidata nel tempo.
Introdotta dalla preghiera di “Nangareo”, la trilogia sacra dedicata alle divinità Orisha (“Oya”, “Oshún” e “Yemayá”) si avvale della presenza di un terzo batterista, José Carlos Sánchez, il cui apporto rende ancor più marcata l’influenza della matrici afro, rinsaldando la natura più corale dell’album, che trova un altro punto saliente nel trascinante latin-jazz di “Para El Amor: Cantar!”, impreziosito dal pregevole assolo pianistico di Jorge Luis Lagarza Pérez.
Con la suite “Cinco Maneras De Amar” l’artista indaga sentimenti più terreni. Romanticismo e rapporto di coppia fanno sfondo a ballate jazz-soul intense (“Porque Tú No Estás”) e soffuse (“As Feridas”), che colpiscono anche per i testi, che offrono un interessante e smaliziato punto di vista femminile, perfettamente sintetizzato nell’ottima “Not For Me”.
Arocena trova finalmente una dimensione creativa più congeniale alle proprie possibilità, sacrificando parte di quell’appeal che nei precedenti album ne limitava la profondità espressiva. “Sonocardiogram” è il progetto più sincero e autentico dell’artista, il più rappresentativo di quella vitalità che ha caratterizzato i suoi concerti, con una musicalità ricca di imprevisti e intuizioni coraggiose e abilmente radicate in una tradizione musicale che riesce ancora a stupire, senza suonare forzatamente innovativa.
(23/11/2019)