Mettiamola così: se “Outside (Briefly)” metteva insieme squarci di talento cristallino ed episodi posizionabili a una diversa altezza, “Duress” segna il passaggio decisivo, quello con il quale i Froth decidono di alzare l'asticella e mostrare una volta per tutte che di talento da queste parti ce n'è, eccome. E, volendo, fanno tutto questo nel modo meno prevedibile e finanche agevole: la materia si fa più oscura, talvolta lisergica, mentre le note annegano nella produzione lo-fi di Tomas Dolas, già all'opera con Oh Sees e Mr. Elevator. Un habitat ideale per l'incontro/scontro tra post-punk, dream pop e shoegaze dei californiani, mai così distanti dalle immagini da cartolina che solitamente raffigurano i luoghi natii.
E certo non si fatica a dire che tutto questo sia un bene. Per quanto “Duress” sia nel complesso un lavoro molto coeso, anche prese singolarmente le canzoni si reggono perfettamente in piedi da sole, come fosse una raccolta di singoli di qualche misconosciuta band underground – cosa che i Froth di fatto continuano in qualche modo a essere, se prendiamo come riferimento un portale come Pitchfork e la sua totale indifferenza verso il trio losangelino. In effetti in “Duress” non c'è davvero nulla di modaiolo, ma quintali di sostanza per vecchi e nuovi adepti di un sound che per molti non tramonterà mai.
Un sound che copre lo spettro esistente tra l'esaltante cavalcata shoegaze “a2” e la narcolettica parabola di “Catalog”, in odore di Galaxie 500, che fa il paio con l'altrettanto notevole “Dialogue”. I cambi di tempo di “Laurel” sono sferzati da interventi rumoristi, come in una sorta di baccanale al rallentatore. Un altro motivo di novità è rappresentato da un maggiore impiego dell'elettronica. È così ad esempio che gli arpeggi di “Department Head” sono scanditi da una drum machine, o che “77” si tuffa in una psichedelia prettamente sintetica.
“John Peel Slowly”, da parte sua, dimostra come la seconda parte del disco sia anche quella più sperimentale – stavolta sono le tastiere a dettare le traiettorie melodiche. Né, giunti a questo punto, si potrebbe sospettare l'eleganza che sgorga in “Slow Chamber”, o l'estemporaneo omaggio ai Joy Division che arriva con Xvanos, a dimostrazione delle tante idee e delle innumerevoli possibilità di cui i Froth possono oggi disporre.
17/07/2019