Ben più di tanti altri gruppi partiti tesi ad accordare esperienze artistiche difformi, il segreto del successo dei Genie High consiste nella capacità di valorizzare e armonizzare i diversi contributi, evitando eccessive derive camp o banali divertissement comici con cui spezzare il flusso del lavoro. Piuttosto, se si vuole spezzare un'eventuale (quanto inesistente) seriosità, è meglio provvedere attraverso interludi che non sacrifichino la fantasia e la competenza dei Genie High, ma la dirigano verso altri lidi, in cui sfruttare la multidisciplinarietà dei cinque membri in giocose aperture electro-urban.
Capita così che dopo un frizzante passo a due dal sapore prog-pop (il virtuoso piano-rock “Fuben na kawaige”, in collaborazione con AiNA THE END dei punk-popper BiSH) si infiltri sorniona “Genie High Rhapsody”, traccia che all'avvio simil-trap antepone una seconda metà più scanzonata e divertita, dalle fattezze dance. È un gioco che si ripropone con analoga brillantezza tra la purezza pop di “Primadonna” (dotata di un trattamento vocale che sospinge e avvolge la linea principale sul ritornello) e le spire cloud-rap di “Hechima Rap”, in cui i cinque membri si danno il cambio e cooperano per erigere una sofisticata impalcatura melodica, dall'afflato scenografico.
È quasi inutile sottolineare la perizia tecnica che appartiene al progetto, con due come Kawatani e Nakajima a dire la loro, i fraseggi di chitarra e gli intricati pattern ritmici non tardano a ergersi a protagonisti del disco. Quel che sorprende è il modo attraverso cui tale destrezza non sacrifica la comunicazione pop, non disperde la gioiosa magia di canzoni piene di vitalità, talvolta pari a quella delle band madre. Anche per questo, considerare un'eventuale evoluzione dei Genie High, per vedere dove l'alchimia del quintetto può andare a parare, è un atto più che doveroso.
(10/01/2020)