I had the vision of some kind of tribal female gathering from the past. This ritual feeling was the main idea of Primi Band and the starting vision for Shamania
Marilyn Mazur ha fondato il collettivo Primi Band nel 1978. Dopo quarant’anni la musicista danese ha voluto ricreare quell’esperienza chiamando a suonare con sé nove musiciste della scena scandinava: Lotte Anker (Marilyn Crispell, Craig Taborn, Fire! Orchestra), Josefine Cronholm (Pierre Dørge, String Swing), Sissel Vera Pettersen (Trondheim Jazz Orchestra, Equilibrium), Hildegunn Øiseth (Bohuslän Big Band, Trondheim Jazz Orchestra), Lis Wessberg (Jazzgruppe 90, Fredrik Lundin Overdrive), Makiko Hirabayashi, Ellen Andrea Wang (White Willow, Friensemblet, GURLS), Anna Lund (Malin Wättring 4, Hurrakel!) e Lisbeth Diers (Bohuslän Big Band, Corpo, Bentzon Brotherhood). Una super-band incredibile, formata da una poderosa sezione ritmica e una altrettanto funzionale sezione fiati (due sassofoni, tromba e trombone).
Le percussioni sono lo strumento portante di tutte e sedici le tracce in scaletta: su “Rytmeritual” un groove degno del miglior funk di New Orleans segna il tempo accompagnando Josefine Cronholm nella sua strepitosa prova canora. Ogni brano ha il suo solista. Sulla lunga introduzione di “Chaas” è la norvegese Hildegunn Øiseth a mettersi in mostra con un fraseggio che segue i sentieri tracciati molti anni fa da Jan Garbarek (vecchio amico di Mazur), prima che l’organo di Makiko Hirabayashi rubi la scena per un assolo incendiario.
Su “Shabalasa” sono la stessa Mazur e Lis Wesseberg a duettare su un tema che sembra rubato al repertorio di Miriam Makeba. Mazur condivide con Kip Hanrahan il gusto per le orchestre jazz che si nutrono di blues e funk: ogni storia è raccontata attraverso il suono di un groove - come nella prima parte di “Heartshaped Moon”, dove il sassofono lunare della norvegese Sissel Vera Pettersen costruisce origami degni dell’M-Base - e le tracce della scaletta devono legarsi l’un l’altra come i capitoli in un romanzo. Così i due intervalli “Momamajobas 1” e “Momamajobas 2” incorniciano l’improvvisazione liquida di “Talk For 2”, per percussioni e sassofono (quello di Lotte Anker).
Gran finale con la corale danza afrobeat di “Space Entry Dance”, epica e solenne, da far perdere il sonno a Jimi Tenor. L’album è stato registrato nei leggendari Rainbow Studio di Oslo da Erik Kongshaug.
10/07/2019