I know it's hard to swallow
I don't know if I'll be here tomorrow
(da "Morrow")
Danielle Balbuena, 22 anni, nativa del New Jersey, fa parte del collettivo 070 e ha già fatto capolino nei
player musicali dei più curiosi con l'
extendend play "Glitter" (2018), un sestetto di brani che in realtà non permetterebbe, neanche
ex-post, di immaginare questo esordio. Se quei brani erano ancora legati a stilemi emo-pop-rap che non disdegnavano vicinanze al mondo trap, questa volta siamo al centro di un futuristico viaggio fra digitale e organico. Difficile immaginare un modo più efficace di emanciparsi dai
cliché contemporanei dell'universo urban, rispetto a questa amalgama di ritmi neo-primitivi, synth minacciosi, sinuose e inquiete linee vocali. Fatto non trascurabile, la sua autrice lavora con un gruppo di fidati produttori, ma rinuncia alle ospitate al microfono, accollandosi in solitaria tutto il lavoro canoro.
I 14 brani si dividono idealmente in due gruppi: alcuni brevi bozzetti, spesso con caratteristiche impressioniste e tensioni sperimentali; altri, più estesi, che rispondono agli stilemi di un r'n'b futuristico e astratto e che coincidono sostanzialmente con il modello della canzone. "Don't Break The Silence" emerge da una nuvola, come un brano di
Enya filtrato da un presente digitale e androide, mentre "Come Around" modula il lamento alla codeina di
Travis Scott in una trenodia vagamente etnica; quest'ultima formula è parzialmente replicata in "Microdosing", con spunti
witch-house.
La prima canzone è "Morrow", pop-rap e r'n'b sospinti da un
beat incalzante e ossessivo, attraversati da una malinconia devastante che fa rimare amore e morte. Il cortocircuito fra passato e presente di "The Pines", un rifacimento del brano tradizionale di fine 800 già interessato da una rilettura celeberrima dei
Nirvana, avviene a mezzo di citazioni e trasfigurazioni, classicismi e spunti futuristici.
A soffiare emozione in questo elaborato costrutto tecnologico ci pensano la sincerità e l'introspezione di una ballata come "Guilty Conscience", prima che un calore persino erotico, benché androide, faccia capolino in "Divorce" e "Under The Moon".
Quando "Daydreamin" rilegge
Missy Elliott in una veste neo-primitiva siamo al cospetto di un visionario r'n'b post-apocalittico, che contrasta con le aperture solari della lunga "Terminal B", onirica e rasserenante. Poco dopo, il viaggio finisce con gli ultimi svolazzi vocali e un inquietante
post-scriptum melodico, distorto e corrotto fino a suonare tragico.
La giovane autrice spicca per potenza evocatica ed eleganza, affidandosi con coraggio alla propria voce per trasmettere un tormento emotivo che suona commovente, struggente e quantomai contemporaneo. La continuità fra umano e robotico, asettico e carnale, è la traiettoria verso cui si muove un'artista che sembra destinata a un radioso futuro come interprete del nostro tempo, ben lontana dalle ovvietà del rap e dell'r'n'b al femminile degli ultimi anni.
La
label GOOD Music, fondata da
Kanye West, è la stessa di "
Daytona", della
trap-hit "Panda" e di altri interessanti lavori emersi negli ultimi anni.
23/03/2020