Death wasn't really the worst part
Time spent floating above is
Body done, that's when the hurt start
They call it passing, that's not it, they lying
Fuck them altars and headstones
Who they think all them flowers for?
Can't smell nothing, you just bones
(da "Pain Everyday")
Ritornano sul luogo del delitto i californiani Clipping., dopo l'eccezionale e spaventoso "
There Existed An Addiction To Blood" (2019), con un titolo che si presenta da subito violento e oscuro: "Visions Of Bodies Being Burned". Per il quarto album - un ideale seguito e completamento del discorso intrapreso un anno fa - non riunciano al loro amalgama di assordanti cacofonie, clangori elettro-industriali, ombre
horrorcore che rileggono in modo originale il modello hip-hop. La novità è che, forti dell'esperienza, possono ampliare le soluzioni compositive, evolvendo sul modello già proposto.
Neanche a dirlo, non è materiale per i deboli di cuore e i fragili di timpano, ma piuttosto uno sconvolgente e annichilente tunnel dell'orrore abitato da omicidi, cannibali, mostri e altre paranormalità. Non passano neanche due minuti e un assalto cacofonico segna l'ideale apertura delle danze: bentornati all'inferno. Come nel gioiello del 2019, si trovano sorprendenti equilibri fra aggressivo, ossessivo e orecchiabile come "Say The Name", con una rotonda linea di basso degna dei più sensuali
Nine Inch Nails e una creativa coda industriale. È una ricetta reinterpretata anche in "96' Neve Campbell", un proiettile dei
Run The Jewels imbevuto di sangue.
La tensione strisciante, malcelata, esplode nell'
extra-beat di "Something Underneath", una frenetica e caotica decostruzione del più assordante e terrificante hip-hop: da infarto! "Make Them Dead", più un'apocalisse radioattiva che una deflagrazione nucleare, fa emergere un hip-hop velenoso su una distorsione asfissiante, sfruttando l'inaspettato contrappunto di un gospel post-apocalittico.
I graffi stridenti che abitano il buio di "She Bad" sono solo un altro piccolo colpo di genio, mentre l'arrangiamento procede su traiettorie cinematografiche e la voce, impegnata in un movimentato rap, nei momenti di massima tensione si scompone e deforma. Ghermiti da una notte impenetrabile, nel mezzo di un incubo mentale, non possiamo che lasciarci schiaffeggiare da "Pain Everyday" e dai suoi
break spaccatimpani, immergerci nel
noir violento che "Check The Lock" disegna nella mente e ballare sul carillon maledetto di "Looking Luke Meat", denso e devastante assalto orrorifico. L'abilità di organizzare i suoni nello spazio, suggerendo indicibili cavità e terribili presenze, disorientando l'ascoltatore e costringendolo a un continuo stato di tensione, è il vero motore dell'album, ed è pacifico che l'abominio sonoro di battiti, riverberi e rumori debba esplodere prima della fine, come accade nell'epilettica coda free-jazz di "Eaten Alice".
Il fatto che segua poi la fantasia omicida di "Body For The Pile", che bersaglia i poliziotti, basta a riaccendere la tensione e apre egregiamente per la visionaria "Enlacing", che fonde Lovecraft e il "
King Night" dei Salem.
Dietro al microfono, oltre all'Mc titolare Daveed Diggs, anche numerosi ospiti, ma dominano soprattutto le composizioni di Jonathan Snipes e William Uhtson, a cui anche i testi psicopatici o esoterici conferiscono solo qualcosa in più. Chiaramente, l'album perfetto per festeggiare Halloween.
28/10/2020