L'unione fa la forza, direbbero i più ascoltando "L'inattingible" di Delphine Dora. La cantautrice francese dalla ricca e misconosciuta discografia, anima (e mina) vagante del panorama avant-folk europeo, per l'occasione ha chiamato a raccolta una cerchia di fidati strumentisti. Prendono infatti parte al banchetto la fisarmonica di Aby Vulliamy (Nalle, The One Ensemble), il violino di Adam Cadell, l'organo di Susan Matthews, il sassofono di Taralie Peterson (Spires That In The Sunset Rise), i sintetizzatori analogici del duo Le Fruit Vert (Andrea-Jane Cornell e Marie-Douce St-Jacques), le percussioni e il flauto di Leclercq (Half Asleep), l'oboe e il clarinetto di Paulo Chagas, le voci di Laura Naukkarinen (Lau Nau), Caity Shaffer (Olden Yolk) e Jackie McDowell, il pianoforte di Tom James Scott, i rumori di Sylvia Hallett (tra gli altri, la ruota di una bicicletta) e le percussioni antiche di Gayle Brogan (Pefkin).
È un cerimoniale, quindi, decisamente ricco. Nello specifico, un rituale con cui la polistrumentista parigina annienta i propri spettri, affogandoli tra un vocalizzo e una melodia medievale ("L'inexploré"), altrove con piano preparato, archi e rumori di vario tipo ("Lumiere aveugle II"). Il folclore "inattingibile" della compositrice francese evade da questo mondo impazzito correndo all'indietro, riavvolgendo i nastri di una memoria sepolta con una strumentazione che, per quanto ricca, appare e scompare alla stregua di un fantasma che bussa alle porte di una festa a luci basse. C'è spazio anche per istantanee da un romanzo decadente del Diciottesimo secolo, con il violino lacrimante a girare il dito nella piaga ("16 Lumiere aveugle IV").
Non solo accoramento, "L'inattingible" raccoglie filastrocche di giullari in festa ("L'avenir s'étend restreint"), organetti e fiati che diffondono speranza ("Ma voix vacille"). Momenti in cui la Dora esce allo scoperto, si espone alla luce del sole, alla vita, prima di rientrare nel palazzo e (ri)chiudere le porte. "Dans l'absence" è poi la perfetta colonna sonora di un incubo il cui copione recita un giro in solitaria sopra un'inquietante giostra a carillon.
Il ritorno alla lingua madre si rivela un valore aggiunto. La transalpina canta con dedizione il karma raggiunto e recita al contempo i sermoni di una coscienza a tratti afflitta ("Devant l'inexplicable").
"L'inattingible" è dunque il compendio meglio strutturato di un'autrice fuori dai canoni e lontana diversi secoli luce dalle lancette dell'orologio. Una musicista in preda a gioie e deliri che ha raggiunto con pienezza la propria dimensione onirica.
25/12/2020