È un cerimoniale, quindi, decisamente ricco. Nello specifico, un rituale con cui la polistrumentista parigina annienta i propri spettri, affogandoli tra un vocalizzo e una melodia medievale ("L'inexploré"), altrove con piano preparato, archi e rumori di vario tipo ("Lumiere aveugle II"). Il folclore "inattingibile" della compositrice francese evade da questo mondo impazzito correndo all'indietro, riavvolgendo i nastri di una memoria sepolta con una strumentazione che, per quanto ricca, appare e scompare alla stregua di un fantasma che bussa alle porte di una festa a luci basse. C'è spazio anche per istantanee da un romanzo decadente del Diciottesimo secolo, con il violino lacrimante a girare il dito nella piaga ("16 Lumiere aveugle IV").
Non solo accoramento, "L'inattingible" raccoglie filastrocche di giullari in festa ("L'avenir s'étend restreint"), organetti e fiati che diffondono speranza ("Ma voix vacille"). Momenti in cui la Dora esce allo scoperto, si espone alla luce del sole, alla vita, prima di rientrare nel palazzo e (ri)chiudere le porte. "Dans l'absence" è poi la perfetta colonna sonora di un incubo il cui copione recita un giro in solitaria sopra un'inquietante giostra a carillon.
Il ritorno alla lingua madre si rivela un valore aggiunto. La transalpina canta con dedizione il karma raggiunto e recita al contempo i sermoni di una coscienza a tratti afflitta ("Devant l'inexplicable").
"L'inattingible" è dunque il compendio meglio strutturato di un'autrice fuori dai canoni e lontana diversi secoli luce dalle lancette dell'orologio. Una musicista in preda a gioie e deliri che ha raggiunto con pienezza la propria dimensione onirica.
(25/12/2020)