"This Is Not A Safe Place" è stato dissezionato e ricomposto ex novo, interamente revisionato, ridimensionando le parti cantate, sforbiciando non soltanto le chitarre shoegaze di "Future Love", sostituite dalla placidità di piano e archi, ma anche azzerando qualsiasi slancio rock (ricordate "Repetition"?). Un esercizio che prende dolcemente per mano i Ride, accompagnandoli in un (per loro) inedito formato neoclassico. Messo al bando qualsiasi istinto chitarristico, indossando questo vestito risulta ovviamente esaltata la radice melodica della scrittura.
Certo che ridurre a uno spoglio e melodrammatico minimalismo il muro di suono che caratterizzava "Kill Switch" o l'arrembaggio electro di "R.I.D.E." è una prova che mostra coraggio da vendere. Tutto però diviene molto più "controllato", e le nuove orchestrazioni finiscono per elidere non solo l'elettricità dreamy di "Eternal Recurrence" ma anche il piglio acustico di "Dial Up" e "Shadows Behind The Sun", tracciando una riga rossa persino sull'evocativa coda della conclusiva "In This Room".
Non c'è nulla che non funzioni nelle suggestioni esaltate dall'intervento dei Petr Aleksander, ma le nuove versioni in nessun caso riescono a superare gli originali, con un risultato finale che rischia di apparire superfluo ai fan dei Ride e trascurabile per gli appassionati del suono modern classical, i quali potranno godere anche di un'edizione ancor più spoglia, interamente strumentale. Col senno del poi, sarebbe stato più efficace (e sfidante per i protagonisti) realizzare un allestimento di questo tipo sul catalogo pregresso della band inglese, rileggendo le cult hit degli anni 90. Ma non è escluso che possa trattarsi del prossimo progetto in cantiere...
(05/06/2020)