È un'immersione emotiva totale, sia personale che artistica, il nuovo album di Haley Fohr. "-io" è un progetto contrassegnato dal dolore della perdita e dal surrealismo quotidiano. Un racconto in bilico tra paura e speranza, una lotta contro il vuoto emotivo creato dalla pandemia.
Dopo aver cercato rifugio alla sofferenza, causata dalla perdita di un caro amico e della nonna, nell'ingannevole cornice di una spiaggia tropicale, l'artista americana si tuffa anima e corpo nell'aulico mondo della trascendenza e della spiritualità.
È un lungo processo atto a lenire il dolore, il nuovo album sotto il moniker di Circuit Des Yeux. Un lungo "om", affidato non solo alla sbalorditiva gamma baritonale di quattro ottave della Fohr, ma anche a un corpo sonoro possente, tessuto con un'orchestra di 23 elementi, opportunamente divisa in più sezioni nel rispetto delle regole anti-Covid, oltreché da musicisti dalla svariata estrazione artistica: jazz, avantgarde, classica.
Il multistrato sonoro è epico e barocco, sfavillante eppur ricco delle consuete sonorità oscure e ombrose. Ci sono affinità elettive con Anna Von Hausswolff e Lingua Ignota, anche se la musica di Circuit Des Yeux è più carnale, fisica, priva ovviamente di sessualità ma ricca di turbamenti e presagi. La natura apocalittica della maestosa "Vanishing" è tracimante, inaspettatamente ricca di evocative figurazioni sonore, audace e impetuosa, ed è una forza che caratterizza tutto il percorso di "-io", con la musicista in perenne lotta con la sofferenza.
L'uso dell'orchestra è sapiente e contestuale alle varie composizioni, perfetto nel sostenere la trionfale marcia goth-folk che contrassegna il brano più immediato dell'album "Dogma", mai eccessivo anche nei momenti più delicati e poetici ("Oracle Song"). Nonostante l'enorme mole di strumenti e i più ricchi arrangiamenti, a condurre le trame resta la voce, autentica protagonista degli arabeschi sonori della drammatica e intensa ballata pianistica "Stranger", un'esortazione armonica minimale e dolente che il suono acre dei violoncelli rende ancor più straziante.
Perfetta anti-eroina, Haley mette a nudo paure e debolezze nelle malsane e paludose sonorità di chitarre dal timbro metallico e nel canto sussurrato ricco di terrore di "The Chase", una delle pagine più intense del disco. Un'intensità che è l'elemento peculiare di "-io": Haley Fohr trasforma la sofferenza in forme sonore ora fisicamente percepibili seducenti (l'ariosità orchestrale di "Neutron Star"), ora oniriche (la spirituale "Walking Toward Winter" o la quasi operistica "Argument").
Con "-io", Circuit Des Yeux compie un deciso passo verso un linguaggio artistico più complesso e musicalmente fastoso, restando lontano da tentazioni cacofoniche o puramente concettuali. Il tono epico e roboante possiede una tensione narrativa e un rigore creativo che finora l'artista aveva accennato, e che trova finalmente una più solida forma creativa, ma soprattutto anche un po' di pace e sollievo, nella quasi convenzionale leggerezza melodica di "Oracle Song".
15/12/2021