Da anni il buon Dave è finalmente riuscito nell'intento di abbinare una credibile carriera solista all'ingombrante, seppur straordinario, ruolo di frontman dei Depeche Mode. La sua posizione come autore è cresciuta nel tempo, ringalluzzita dai discreti riscontri ottenuti da "Paper Monsters" che nel 2003 ne segnò l'esordio in questa nuova veste. Da quel preciso istante, all'interno dello stesso Gahan crebbe la convinzione - osteggiata da Martin Gore - che non solo la sua voce, ma anche la sua penna meritasse più spazio. E così, grazie alla mediazione sotterranea perpetrata da Andy Fletcher si trovò un primo (contesissimo) accordo che permise di far comparire in "Playing The Angel" (2005) i suoi primi tre brani.
Di acqua sotto i ponti ne è passata molta e dopo il crescente coinvolgimento nelle successive pubblicazioni della band, si è ora giunti a protocollare il quinto disco editato da Gahan fuori dai Depeche Mode, il terzo in collaborazione con i Soulsavers.
A differenza di quanto accaduto per "The Light The Dead See" del 2012 (Gahan autore di tutti i testi) e "Angels & Ghosts" del 2015 (sintesi collegiale di liriche e musica), il qui presente "Imposter" è un disco di cover intriso dell'indelebile oscurità del marchio Soulsavers e della figura, non solo artistica, di Gahan.
L'inconfondibile e carismatica vocalità si è fatta con gli anni più matura, ruvida e tagliente: la perfetta linea interpretativa con la quale sfogare la propria indole in una serie di brani molto particolare, canzoni scelte con estrema cura che hanno le stigmate per far esplodere quell'animo soul che solo i più attenti avevano scorto tra le fibre del cantante di Epping.
Le registrazioni si sono svolte a Malibu nel novembre 2019 presso lo studio Shangri-La, sotto la direzione musicale del solo Rich Machin (l'altro Soulsavers Ian Glover non compare tra i crediti) e di un nugolo di eccellenti musicisti che hanno ribaltato la situazione tipica delle precedenti uscite, apparse talvolta leziose e sfuggenti. Gli arrangiamenti in presa diretta hanno permesso finalmente a Gahan di offrire alcune delle sue migliori performance vocali di sempre.
L'accurata selezione palesa l'intrinseca e oggettiva importanza dei brani prescelti ed è proprio qui che Gahan sfodera i propri colpi da maestro: basti analizzare l'autorevolezza e il savoir faire con il quale cesella pezzi quali "Lilac Wine", conosciuta nelle versioni di Nina Simone e Jeff Buckley, "The Dark End Of The Street", interpretata da Aretha Franklin ed Elvis Costello o "Smile", quel gioiellino composto da Charlie Chaplin e interpretato da decine tra i più grandi artisti.
Tra i solchi emergono sospiri che emanano nebbia e tenebre, l'habitat più congeniale per l'indole di Gahan e della sua movimentata storia.
Le cover di "Metal Heart" di Cat Power e di "The Desperate Kingdom Of Love" di PJ Harvey difficilmente sarebbero in grado di superare le versioni originali, ma Dave riesce a regalarne un'accorata esposizione, personalizzata come se fosse stata da sempre iscritta nel suo Dna. Non poteva poi mancare un richiamo all'amico Mark Lanegan, suo predecessore nella collaborazione con i Soulsavers, per il quale si estrae da "Bubblegum" del 2004 il rarefatto gospel di "Strange Religion", a dire il vero senza grandi ristrutturazioni di sorta.
"Imposter" è un'ispezione del lato oscuro della vita e più in particolare dell'amore. Si può discutere all'infinito se Gahan sia riuscito ad arricchire una o più di queste tracce, ma è molto più sensato valutare questo lavoro nel suo insieme. È probabile che all'inquieto Martin Gore, dopo aver centellinato questo disco, sia fiorita la smania di regalare al suo cantante gli amari componimenti di prassi, questa volta stilati su partiture che possano permettere alla voce di Gahan di esplorare territori raramente visitati in precedenza. E se il prossimo (ci sarà?) album dei Depeche Mode dovesse mettere fine alla fase un po' involutiva evidenziata di recente, "Imposter", con il suo noir indagatore dell'anima, potrebbe aver avuto in tale direzione un piccolo merito.
17/11/2021