“La città del disordine - Storie di vita dal Manicomio San Lazzaro” non è solo un’opera musicale, ma un affascinante percorso di approfondimento realizzato per delineare ritratti di esistenze vissute ai margini, e soprattutto per presentare la fragilità come elemento costitutivo del valore dell’essere umano. Un’iniziativa originale composta, come indicato nel titolo, dalla trasposizione in musica di cartelle cliniche di pazienti ricoverati nel nosocomio emiliano. I documenti d’archivio messi a disposizione dell’artista trevigiano riguardano casi situati tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Una straordinaria esperienza incentrata sulla diversità, sul disagio e sul suo eventuale superamento.
Di tutti i fascicoli visionati, Manzan ne ha selezionati otto, ritenendoli, tra tutti, i più significativi per la condizione psichica, la cronaca raccontata, l’età dei pazienti o semplicemente perché testimoni di quanto sia cambiato l’approccio ai disturbi mentali nell’ultimo secolo. Gli strumentali composti codificano il carattere, la personalità e i diversi stati d’animo dei vari soggetti, tralasciando gli aspetti più terribili della degenza ospedaliera e delle cure cui erano sottoposti.
Ne sono scaturiti brani in cui i temi del piano elettrico si fondono agli accordi dell’organo, nei quali gli archi dialogano con i sintetizzatori, con soluzioni spesso audaci, talvolta molto più classiche e melodiche. Una personale interpretazione di vite contraddistinte da momenti difficili, spesso irrisolti, di donne e uomini che sovente hanno visto finire i propri giorni dentro le mura di un luogo diventato la loro casa.
Seguendo le note riportate nell’indispensabile guida all’ascolto curata da Chiara Bombardieri, si penetra in grandi storie, come quella di “Isabella Z. M.”, una trentunenne definita irritabile dai medici, con manie di persecuzione, che vede peggiorare la sua salute mentale quando inizia a sostenere una presunta relazione amorosa con un medico diventato, di nascosto, suo marito; gli ansiosi saliscendi armonici fotografano con esattezza l’indole della protagonista, opportunamente perfezionati da inserti pertinenti (la marcia nuziale di Wagner).
Come non menzionare le oniriche tessiture che descrivono le vicissitudini della piccola “Adele B.” e la sua visione a sfondo religioso, poi costatale il ricovero, o le ipnotiche melodie che si muovono in sussulti e mestizie di classica ed elettronica centrate sulla vicenda di “Carolina D.”, sfortunata quarantatreenne, qualificata negli incartamenti come donna istruita, ma anche leggera, irrequieta e sospettosa, già spinta al suicidio e preoccupata di essere uccisa al punto da rifiutare il cibo per paura di un avvelenamento.
La sacralità dell’organo che struttura “Arcangelo L.” dipinge la figura di un venditore di cappelli in preda a brutali crisi che lo portano dalla più violenta blasfemia a opposte manifestazioni di bigottismo, contrasti ben sviluppati da Manzan attraverso una puntuale traduzione in distonici accordi.
“La città del disordine” mostra come la musica possa essere un congegno assolutamente adattabile a inesauribili contesti. Nicola Manzan si è introdotto con grande rispetto ed empatia nel vissuto di queste otto persone, realizzando un documento che supera la mera fruizione artistica, inserendosi di diritto in un ambito sociale multidisciplinare.
Addentrarsi nelle circostanze che hanno segnato la vita di chi è stato ricoverato in una struttura manicomiale e, nello stesso tempo, lasciarsi condurre da sonorità contemporanee accuratamente modellate, offre un’atipica esperienza di congiunzione tra curiosità, realtà e profonda riflessione.
14/05/2021