Sarah Neufeld - Detritus

Ciò che Sarah Neufeld riesce a portare in ogni disco è la debordante dinamicità del suo violino, al quale la musicista canadese chiede sempre di potersi staccare dal suolo, attraverso arpeggi sempre più ampi e veloci che portano lei e il proprio suono a svanire nel vuoto ("Tumble Down The Undecided"). La violinista di Arcade Fire e Bell Orchestre - ensemble uscito quest'anno con un album assai intrigante - ritorna dopo cinque anni da "The Ridge" (Sn Music, 2016) con un terzo lavoro solista che irradia la forza e l'energia dei corpi dei performer, in particolare quello della danzatrice e coreografa Peggy Baker per i quali certi "detriti" musicali erano stati concepiti.

Tipica di Neufeld è l'estasi aurorale di "Stories", brano poetico ed emozionale che apre il disco, in cui la musicista mette il fiato della propria voce. Da sempre il movimento è un aspetto caratterizzante del suo stile compositivo - che da diversi anni l'ha portata "naturalmente" a collaborare anche con Baker - e di un'inquietudine che non pare placarsi, sebbene la violinista cerchi di disegnare larghi componimenti tra modern classical e ambient ("Unreflected") in cui confonde (ancora) il proprio suono con quello dei fiati ("Detritus"), disegnando fraseggi che però suonano a tratti artificiosi o monotoni ("The Top").
Significativa e incisiva la presenza delle percussioni di Jeremy Gara (Arcade Fire) e dei fiati di Pietro Amaro (Bell Orchestre), che ci riportano periodicamente con i piedi per terra nella lotta ideale e costante di Neufeld contro la forza di gravità.

Siamo lontani dall'ispirazione, dalla visionarietà e dall'emozione traboccante di "Never Were The Way She Was" (Constellation, 2015), album scritto in comunione totale con l'allora compagno e oggi marito Colin Stetson. In un contesto post-minimalista che ha visto le uscite ispirate di Sarah Davachi e Kali Malone, ci auguriamo che Neufeld possa plasmare la materia eterea della propria musica in un'architettura dalla struttura più articolata e salda.

20/05/2021