Well in my dreams I live a different life
A different life, full of meaning
Hand in your hand, streetlight beaming
You close your eyes, we were meant to be
Una vita diversa, puramente immaginaria, ma piena di significato: è questa l’esistenza onirica che traspare dai versi di “Different Life”. Sì, perché la musica del trio Art Moore, nato dall’incontro tra la cantautrice californiana Taylor Vick e i collaboratori di Ezra Furman Sam Durkes e Trevor Brooks, fa da spinta e da terreno fertile per i viaggi della mente. Taylor, provando ad allontanarsi dall’autobiografismo tipico delle canzoni scritte per il suo progetto solista Boy Scouts, si scopre così creatrice di piccoli nuovi mondi.
Nonostante la sua brevità, il debutto della band è avvolgente e riesce a riutilizzare con grazia gli stilemi classici dell’indie-pop più trasognato, vicino alle trame fumose del dream-pop. La strumentazione essenziale – chitarra, basso e batteria – viene sempre ammantata e colorata dai delicati arazzi intessuti dai sintetizzatori. Semplicità armonica e leggerezza melodica, dunque, sono il segreto per realizzare brani incisivi, come la trascinante traccia d’apertura “Muscle Memory” e il commovente singolo “Snowy”, in cui si assiste a un colloquio impossibile, intriso di quotidianità, tra una donna vedova e la sua persona amata, ormai assente.
Altrove i synth prendono invece completamente il sopravvento. È questo il caso della già citata “Different Life” e di “Habit”, dove le tastiere trainano il flusso sonoro, ma anche di “Something Holy”, che si ritrova sospesa tra pacate palpitazioni sintetiche.
Nella raccolta le tematiche del ricordo e della comunicazione dell’ineffabile affiorano più volte, sottolineando anche a livello contenutistico una coesione formale che ha il merito di riuscire a nascondere anche i momenti meno a fuoco di questo debutto e ad esaltarne la fragile bellezza che lo caratterizza e che lo rende perfetto per combattere, o abbracciare, la nostalgia di fine estate.
25/08/2022