Con "Maestrale", Il Muro del Canto racconta ancora gli aspetti peculiari della romanità, passata e presente. Quell’insofferenza al potere, il senso di fiera solitudine, ribellione e rivalsa sociale, e la resa dei conti con il Buon Dio e chi amministra il suo mandato in Terra. Il gruppo è abile ad attualizzare tali tematiche, rendendole vicine e chiare, mentre l’impianto musicale, ormai collaudato, procede spedito, tanto da permettere qualche “spostamento”: l’innesto del chitarrista Franco Pietropaoli - nonché produttore dell’opera - e Alessandro Marinelli che dalla fidata fisarmonica si sposta alle tastiere.
Le danze si aprono con Daniele Coccia Paifelman che invoca il vento a titolo dell’opera, e proseguono con “La luce della Luna”, altro passaggio dedicato alla natura, introdotto dalle morbide chitarre: “Nun me perdona niente ‘sto Signore perché io credo a ‘n’artra santità / a ‘sta natura che me leva er fiato, la sola a je cui dico: 'Sua maestà'".
Seguono limpidi momenti pop, strappi rockeggianti ( “Un pugno di mosche”) e irrinunciabili passaggi folk, questi ultimi ancora quintessenza della produzione del Muro, tra i quali spiccano “Non si comanda il cuore” e il bel finale di “C’era una volta un amore”, mentre in “Cometa” e in “Lasciame sta”, in duetto con Coccia, i “recitativi” di Alessandro Pieravanti sfociano per la prima volta nel cantato.
20/06/2022