Non è comunque una voce che ama la solitudine, a cui piaccia perdersi troppo nelle proprie divagazioni. “Kuni” è certamente un album intimo, giocato su un calore, vocale e sonoro, che ricorda le produzioni più eleganti della Brainfeeder: da Hiatus Kaiyote a Taylor McFerrin, l'estetica future-jazz di brani quali “Smoke – A Moon Or A Button”, costruita su continue deviazioni e ritorni al tema centrale, o di “Takeshi”, tutta retta da sincopi ritmiche e frenesie di basso, risulta evidente l'approccio polivalente, la natura ricombinante di un sound che si declina volta volta in base a umori e convergenze del tutto diverse. Eppure, si tratta di un progetto che vive della sua natura collaborativa, che trae forza anche dalla presenza di importanti collaborazioni.
Vertono verso ispirati territori hip-hop “Don't Know I'm Dead Or Not”, suadente divagazione elettronica in cui il flow di Chester Watson si muove con misteriosa intensità, e “How Do We Know We're Alive”, soul onirico e arrembante, nel quale Pink Siifu si muove con ambigua malizia. E se Asa Chang fornisce un cadenzato supporto vocale ai fraseggi ambient dell'iniziale “Hana-bi”, “Ktm” è esplorazione fusion di grande lucidità, atmosfera e tecnica che assieme a Jason Lindner sa trovare la piena compattezza di assieme.
Faki si rivela musicista di grande polso, dallo sguardo preciso: con una visione d'insieme che sa trarre il meglio da ogni scelta, e al contempo una varietà di elementi tale da presentare un'immagine sempre diversa, l'autrice italo-tunisina ha sviluppato un linguaggio suadente, in cui muoversi in piena libertà, diventando parte integrante del suono, del portato narrativo che i brani si trascinano appresso. L'Italia del presente, multiculturale, dal respiro globale, ma soprattutto quella del futuro, passa certamente da qui.
(22/03/2022)