Il maggiore poeta armeno del Settecento, un film che ne celebra l’esistenza attraverso una sequenza di scenari prepotentemente elegiaci. È la figura di Sayat-Nova, filtrata dallo sguardo di Sergej Parajanov nel suo “Il colore del melograno” del 1969 a ispirare la prima collaborazione tra Gianluca Ceccarini (Sarab Collective) e Alessandro Ciccarelli (Elnath Project) sotto l’esplicativo pseudonimo Damāvand. Assecondando un’attitudine multidisciplinare condivisa – entrambi sono attivi in campo fotografico e si occupano di suoni e immagini a vario titolo – il duo traspone sul piano aurale l’approccio evocativo proposto dal regista sovietico.
Il disco – sesto capitolo della serie Decay Music curata dall’ottima Die Schachtel – propone un itinerario ibrido che interseca elettronica, drone, campioni e strumentazione acustica, fondendo contemporaneità e tradizione per generare paesaggi ipnotici immersi in un tempo sospeso.
Le sei tracce sono altrettanti dilatati piano sequenza di un territorio accidentato definito da bordoni scuri modulati da screziature analogiche e suoni trovati, attraversato da bordate di synth e occasionali pulsazioni serrate, su cui scorrono i fraseggi strumentali dei fiati (trombone, cornetta, tromba) e le trame d’Oriente tessute dalle corde del tar. Per consolidare ulteriormente il legame con la suggestione da cui il lavoro trae linfa, interviene l’innesto di alcune poesie del trovatore armeno, perfetta eco di un immaginario onirico totalizzante.
A farsi apprezzare è soprattutto la qualità sinestetica di un insieme costruito con misura e cura del dettaglio, attenzione che favorisce la compresenza di linguaggi eterogenei senza creare fratture o attriti dissonanti e regala un ambiente d’ascolto immersivo da osservare a occhi chiusi.
23/06/2023