Fatih Karaca nasce nell'agosto del 1985 a Tömük, piccolo villaggio nel sud dell'Anatolia. Suo padre è un camionista, sua madre una casalinga, entrambi sono musulmani osservanti, ma lasciano al figlio massima libertà d'espressione sin da bambino, permettendogli di imparare a suonare e più tardi di frequentare una compagnia teatrale.
Dopo la laurea in Odontoiatria, lavora un paio d'anni come dentista, ma molla nel 2010 per tentare la carriera di cantante, per la quale crea il nome d'arte Mabel Matiz (Mabel è un personaggio della romanziera Buket Uzuner, mentre Matiz è un'antica parola greca e significa "ubriaco").
La scommessa è vinta trionfalmente: fra il 2011 e il 2018 Matiz pubblica cinque album che vanno in crescente successo di pubblico, toccando ripetutamente la vetta delle classifiche locali. Anche la critica accoglie ogni sua pubblicazione come un evento: Matiz infatti compie l'impresa di dominare la scena musicale turca con un prodotto particolarmente raffinato, capace di mescolare un pop dal piglio aristocratico con il folk locale, i sintetizzatori e i ritmi programmati con le orchestrazioni della musica classica turca, il rock con il cantautorato più intimista. I testi ricorrono invece a simbolismi e metafore dal taglio delicato e poetico.
Non c'è aspetto della sua proposta che ceda a scorciatoie commerciali, eppure il pubblico ne sembra ipnotizzato.
A un certo punto diventa tuttavia un personaggio polarizzante: il suo attivismo Lgbt, dapprima discreto e poi sempre più pressante, gli attira le ire dei partiti più conservatori, in particolare quelle dei sostenitori di Erdoğan, gli islamisti nazionalisti dell'Akp. Nondimeno, la parte più progressista e urbanizzata del pubblico continua imperterrita a seguirlo, i suoi concerti vanno esauriti all'istante e diverse sue canzoni accumulano centinaia di milioni di visite su YouTube.
Il suo precedente album, "Maya" (2018), è stato un mastodonte di ventitré canzoni per quasi un'ora e 40 minuti di durata, e con il suo caleidoscopio di stili sembrava il punto d'arrivo di una carriera impeccabile. Da allora sono passati cinque anni, durante i quali il cantante non è stato comunque silente: dal 2019 alla prima metà del 2023 ha fatto uscire ben undici singoli, quattro dei quali sono stati raccolti in questo nuovo lavoro. Se "Maya" prendeva il titolo dal nome di sua madre, a questo giro Matiz sceglie direttamente il proprio: "Fatih".
Anche "Fatih" è un'opera imponente: venticinque canzoni per un'ora e tre quarti di musica. Tuttavia, l'elaborazione dei due album mostra una differenza sostanziale: "Maya" è stato prodotto per intero da Mabel Matiz a quattro mani con l'arrangiatore e polistrumentista Sabi Saltiel, mentre a "Fatih" partecipano la bellezza di ventuno produttori (dirigendo sei brani, Saltiel è comunque quello più presente).
Questa volta Matiz figura come produttore in soli quattro brani, ma come al solito firma testi e musiche quasi interamente da solo, elemento che nella musica da classifica di oggi è più raro che mai. È anche questo a concedere compattezza all'album, che nonostante la squadra di produttori (anche da fuori dalla Turchia) e l'eccezionale varietà di suoni coperta, risulta perfettamente coeso.
Il brano d'apertura, "Aşkım Gülüm", è arrangiato dal libanese Zeid Hamdan, uno dei più importanti produttori del mondo arabo, che crea una struggente marcia con rulli di tamburi, orchestra e sintetizzatore.
"Uçkun" è un moderno synth-funk dalle suggestioni hip-hop, in collaborazione col musicista elettronico siriano Hello Psychaleppo, oggi emigrato negli Stati Uniti a causa della guerra civile.
Fra i momenti diretti da Sabi Saltiel: le giravolte orchestrali di "İki Satır Yara", in duetto con Aşkın Nur Yengi, una delle più amate cantanti pop turche degli anni Novanta; il dance-pop di "Severim", in duetto con Kardelen (giovane cantante pop di Istanbul, che ha debuttato discograficamente nel 2022); "Aşk Çeşmesi", energico rock anatolico che per un attimo sembra resuscitare Barış Manço e Cem Karaca, grandi numi tutelari del genere e leggende della musica turca.
Adi Rotem, fra i più celebrati produttori israeliani, conduce "Düldül" e "Fan". La prima è un duetto con Melike Şahin, che ha debuttato solo sei anni fa ma è già fra le più celebri cantanti turche: il brano si muove in territori familiari sia a Matiz sia all'ospite, mescolando pop turco, battiti programmati e sonorità arabesque, evocate in particolare dalle chitarre elettriche, che nell'introduzione imitano un saz. La seconda è un pop ballabile, con influenze fantezi, stile idiosincratico che nell'immaginario turco è visto come punto di congiunzione fra la musica da taverna e le orchestrazioni della musica classica locale: il suo ritornello, propulso da un liberatorio motivo d'archi, è diventato virale e base per numerosi meme sui social media turchi.
Artz, uno dei più noti dj turchi, arrangia la futuristica base di "Enderun’da Aşk", dall'atmosfera quasi cyberpunk. Artz produce solitamente artisti nei dintorni di trap, rap e pop commerciale, con risultati artistici spesso discutibili: questa collaborazione dimostra finalmente le sue capacità in un contesto in cui non è obbligato a rincorrere il pubblico. Qualora fosse necessario, Matiz riesce insomma a nobilitare i suoi stessi produttori.
"Dalga" è suonata in gran parte da Mert Demir, cantautore con cui Matiz ha duettato nel 2022 in un singolo di enorme successo, l'inno electropop "Antidepresan". In "Dalga" gli arrangiamenti ricordano invece in parte il synth-funk americano e in parte il city pop giapponese (non che Demir conosca necessariamente quell'ambito, ma non è neanche da escludere, considerando quanto si è diffuso a macchia d'olio via Internet negli ultimi anni).
Il compositore di colonne sonore Çağlar Haznedaroğlu ricorre in diversi punti della scaletta come direttore della sezione d'archi, oltre a produrre "Yeni Yaz", tenue ballata orchestrale.
Il disco non dà spazio solo a collaboratori affermati: ci sono anche produttori poco noti, a cui Matiz fornisce un palcoscenico importante. Tolga Akdoğan cura "Derin Olur", un electropop dai timbri saturi in cui si sovrappongono un riff di synth che imita una chitarra distorta e un twang effettivamente eseguito da una chitarra. Umut Çetin arrangia "Bir Serçe Üzülür", ballata dalle sonorità mediterranee, per fisarmonica, bouzouki (liuto di origine greca) e cümbüş (strumento turco dalla forma simile al bangio, ma nei fatti più vicino a un oud).
Emin Erdem İnaç (in arte EEI Beats) e Bahtiyar Sutekin (in arte Bahti) imbastiscono l'imponente "Aferin", con ritmo downtempo (battito ovattato e groove di basso sintetizzato) e refrain scandito da una sezione d'archi. Nuovamente EEI Beats, questa volta assieme al duo indie-pop Alaca, è invece responsabile di "Elbette Annem", brillante tentativo di synthwave turca.
Come già accennato, sono quattro i pezzi in cui Matiz interviene personalmente in cabina di regia: "Numaracı", travolgente ibrido fra dance-pop e folk turco; la delicata "Çiçeğim", con un arrangiamento che sembra riassumere buona parte dell'indietronica dal 2000 a oggi; l'oscura ballata "Karakol", con tema introduttivo di oboe e un assolo di violino a un passo dalla darkwave neoclassica; "Bahçemin En Zor Gülü", sortita in ambito ozgün müzik (moderna declinazione del folk turco, solitamente di stampo cantautoriale) dominata dal suono dell'oud.
L'opera spazia in lungo e in largo poggiandosi sulla cultura turca, per poi navigare lungo le coste del Mediterraneo orientale, toccando i paesi arabi, Israele e la Grecia, dopodiché vola verso l'Occidente: il pop americano, il rock inglese e l'elettronica francese. Non sono molti gli album che al giorno d'oggi riescono ad attraversare così tante prospettive, pur mantenendo centrale quella del proprio paese.
Un altro punto di forza va rintracciato nelle linee vocali: alla fine il collante più efficace, oltre allo stile compositivo, è proprio la voce di Matiz. Capace di momenti di struggente intensità così come di ritornelli ariosi, è a suo agio con gli stili di canto più antichi – si pensi alle modulazioni mutuate dalla musica folk – così come in quelli più moderni (gli stacchi rap di "Uçkun" e "Numaracı" sono eseguiti con estrema perizia).
Conseguentemente alla varietà delle musiche, anche i testi coprono un po' tutto lo spettro emotivo, dalla disperazione al divertimento. La prima è ben rappresentata da "Karakol":
In ogni mia notte, in ogni mia sera,
i miei occhi ti desiderano,
in ogni alba, in ogni aurora,
c'è qualcosa di te.
Mi hai avvelenato,
ora non posso tornare indietro per questa strada.
Coperto di lividi, ho detto: "Non amerò più così",
ma il mio cuore è alla stazione di polizia.
Mi hanno torchiato, ma non ho rivelato il tuo nome,
hanno scolpito la tomba dell'amore nel mio cuore.
Le lacrime dei sette cieli cadono sui vetri delle finestre.
Perché le tue mani e le mie sono separate da un muro?
Sento che la mia giovinezza sta venendo bruciata, apri la porta!
Ho avuto problemi troppo a lungo,
sono rimasto attaccato alla vita coi denti,
ho continuato ad aspettare sul mio ramo,
ero la tua mela proibita, ora prendimi e dammi un morso
Se ci fossero dubbi sull'interpretazione da dare a questi versi, basterebbe la visione del relativo videoclip a fugarli. Si tratta di un manifesto per l'amore omosessuale, la cui atmosfera cupa è motivata dalla repressione che la comunità Lgbt subisce oggi in Turchia, sia a livello sociale, sia a livello istituzionale (la stazione di polizia è un riferimento esplicito alle cariche delle forze dell'ordine contro i gay pride che si sono svolti a Istanbul negli ultimi anni).
La reazione dei media conservatori al video è stata particolarmente violenta, tanto che lo Rtük (Consiglio Supremo di Radio e Televisione) ne ha proibito la trasmissione in tutti i canali pubblici e privati: ciò non ha impedito al brano di ottenere successo su YouTube e tramite lo streaming, anzi il polverone che è stato sollevato al riguardo gli ha probabilmente fatto pubblicità.
All'altro estremo si pone "Fan", testo d'amore universale e di riscatto dopo la fine di una relazione, che, abbinato al dinamismo della musica, risulta vitale e motivante:
Dimentichiamoli, tesoro,
parliamo di me e te,
lasciamo che il ventilatore soffi di tanto in tanto,
in questo madido giorno d'estate.
Dimmi senza falsità, cosa sono per te?
Sei tu, sei tu che l'hai voluto,
non innervosirti, no.
Il tuo audace cuore capovolto
sta chiamando il vento, ambisce alla mia ragione,
non si sa da dove venga la stoffa di cui è fatto,
è ignifuga, non stirabile.
A chi appartiene ora il tuo giardino?
Il suo cespuglio è testimone della mia spina.
Tutto il tuo odio è amore,
non lavabile, non strofinabile.
[…] Non smettere di prudere
e supporta la mia pazienza,
sono vedovo, mi abituerò,
la mia pelle è spessa
Altrove si possono rintracciare le influenze del sufismo, col suo intreccio di ricerca spirituale e lode amorosa. "Aferin" ne è il momento più rappresentativo: nella disciplina sufi il garofano, citato nel testo, rappresenta al contempo fede, innocenza e amore.
Vuoi l'oceano,
ma non hai spazio per una sola goccia,
non capisci perché quest'animale è venuto al mondo.
Mi hai guardato e hai visto te stesso/a,
gli specchi hanno detto tutto.
Hai spezzato il garofano e cosa hai ottenuto,
hai rotto il cuore di Dio, ben fatto.
Guarda il panorama e comprendi te stesso/a,
le lotte hanno detto tutto.
Hai rimproverato il paria,
hai interrotto il karma, ben fatto.
Spegniamo il tuo cuore se è in fiamme,
come saprò
se l'amore è morte: è questo il suo sapore?
La mia giovinezza è stata colpita
dal tirapugni di una brezza amara,
come saprò
se questo è il sapore della vita?
Il mercato turco non vanta una classifica complessiva degli album, ma ci sono pochi dubbi sull'impatto immediato che "Fatih" sta avendo: ha infatti toccato il numero 1 a livello locale su iTunes, Apple Music e Spotify (dove, al momento della pubblicazione di quest'articolo, l'artista sfiora i due milioni di ascoltatori mensili contando la sola Istanbul), a riprova di un seguito che nonostante le ostilità delle autorità non accenna a diminuire e di un riscontro che continuerà a marchiare a fuoco la cultura turca di quest'epoca.
Curiosità: la copertina dell'album è ispirata a quella di "Gülümse" di Sezen Aksu, album campione di vendite pubblicato nel 1991. Aksu è ancora oggi considerata la regina del pop turco e rappresenta un punto di riferimento per diverse generazioni di musicisti, fra i quali lo stesso Matiz.
01/08/2023