I brani sono come di consueto arrangiati su di una base di chitarra classica su cui si aggiungono gli altri strumenti, in particolare i fiati, le percussioni o i timidi archi. Questi si impegnano in struggenti dialoghi tra loro a supporto del cantato. Non mancano tanto gli spunti celtici come i poliritmi, ad esempio in "Eu non quero ir a misa" ("Non voglio andare a messa", rivisitazione di un brano tradizionale) o in "Galska" ("gaelico" in lingua slovena). Ma l'apice dell'album è probabilmente "Eu chorei, chorei" ("Ho pianto, ho pianto", altro brano tradizionale), con i suoi rintocchi spettrali che poi si tramutano in una danza bucolica.
È una musica sì malinconica, ma anche scorrevole, financo accessibile, eccetto che per il possibile limite della lingua gallega - ma questo può essere anzi un incentivo per leggere delle traduzioni e assaporare una lingua romanza poco nota.
Il disco arriva dritto al cuore e colpisce con la sua poesia malinconica e le sue atmosfere pastorali. È come essere seduti accanto al fuoco in compagnia di un viandante, ad ascoltare la sua storia.
(16/05/2023)