Visto il percorso tanto travagliato, specie per le vicissitudini che hanno riguardato il cantante Zachary Cole Smith, la longevità oramai ultradecennale dei DIIV giunge tanto benvenuta quanto inattesa. Qualche anno fa in pochi avrebbero scommesso sulle reali possibilità del quartetto americano di raggiungere il traguardo del quarto album e, tanto per non annoiarsi, anche questa volta i lavori sono risultati tutt'altro che agevoli, non tanto per la pandemia, che pure ha rappresentato un ostacolo non di poco conto, quanto per i contrasti interni riguardanti la direzione estetico-stilistica da perseguire. Contrasti risolti in questi ultimi cinque anni non senza aspre discussioni, cinque anni durante i quali le uniche pubblicazioni del gruppo hanno riguardato materiale di repertorio: un live acustico risalente al 2017 e un box-set contenente i loro primi tre singoli, diffuso nel 2022 per celebrare il decennale di "Oshin". Perdere ora i DIIV sarebbe stato un peccato mortale, proprio nel momento in cui sui social network, specie TikTok, il suono shoegaze ha assunto un ruolo di conforto per la Generazione Z, perennemente afflitta dal senso di isolamento e di solitudine, sentimenti ben riflessi - secondo chi segue, analizza e giustifica i trend - dalle dissonanze, da quel senso di caduta nel vuoto, di annegamento, ben descritti attraverso il mood prodotto dai musicisti che amano suonare "fissandosi le scarpe".
Lo stato d'animo di chi si trova oggi intorno ai trent'anni trova quindi identificazione nello stesso suono del 1991 (tutto cambia per non cambiare mai...) e non sono poche le band emergenti - fra quelle con la fissa per le chitarre - che si ispirano dichiaratamente agli shoegazer. Ma i DIIV, per rendere contemporanea la propria scrittura, nei testi di "Frog In Boiling Water" lanciano aperti messaggi socio-economici di grande attualità, affrontando il tema del lento, inesorabile collasso della società moderna, ridotta in macerie dal capitalismo imperante e dallo sfrenato consumismo che ne è conseguito, al quale si aggiunge l'evidente fallimento del ruolo della politica.
Abitiamo un mondo in grande difficoltà, e la rana immersa nell'acqua che bolle, citata nel titolo, ci consente di visualizzare la situazione come meglio non si potrebbe. Zachary di recente è diventato papà, ed ecco che questa nuova configurazione familiare ispira barlumi di speranza nei confronti del futuro, barlumi che di tanto in tanto emergono fra le pieghe del disco. Ne esce un album che registra la consueta alternanza fra brani moderatamente energici ("In Amber" subito in apertura mostra tutto l'armamentario di chitarre distorte a disposizione) e decisamente atmosferici ("Everyone Out"), tutto reso in maniera sempre molto avvolgente ("Raining On Your Pillow", "Reflected").
Shoegaze e dream-pop restano i fari guida: i DIIV riescono nuovamente a far propria la lezione dei maestri, Slowdive e My Bloody Valentine in primis, accostando alla perfezione calligrafica della loro proposta la consueta attitudine indie (la title track si presenta paradigmatica in tal senso). Basti ascoltare i due brani che più significativamente si muovono lungo queste coordinate: in "Brown Paper Bag" non è affatto complicato scorgere sul finale l'evidente citazione di "I Only Said", superclassico contenuto nell'indispensabile "Loveless"; "Soul-net" (ma anche la conclusiva "Fender On The Freeway") è invece chiaramente uno Slowdive apocrifo.
Dieci tracce in tutto, che rendono giustizia a un genere più adorato oggi che nella prima metà degli anni Novanta. Fosse stato pubblicato all'epoca, "Frog In Boiling Water" sarebbe stato con ogni probabilità bistrattato dalla critica, tre decenni più tardi viene invece salutato come un'altra prova egregia, realizzata da un gruppo che ha saputo andare oltre l'hype da bellocci degli esordi (e a una serie interminabile di contrattempi) per imporsi - grazie alla qualità della propria scrittura - fra le band guida di una modalità di fare rock che pone nell'introversione e nella gestione del parco effetti il proprio inscalfibile credo.
28/05/2024