È decisamente un anno di eccellenti progetti discografici in casa Glitterbeat. Buzz' Ayaz, Landless, Gordan, Ana Lua Caiano, Aziza Brahim, YĪN YĪN, BaBa ZuLa, Lucidvox e Lenhart Tapes sono tra i protagonisti di una stagione d'oro per la musica etnica, che ricorda il fortunato periodo siglato dalla Real World di Peter Gabriel. Questa volta, però, la contaminazione della musica occidentale non assume rilievo: le pur percettibili contaminazioni sono frutto di un'evoluzione autoctona dei costumi e in molti casi sono funzionali all'età dei musicisti coinvolti, espressione di una gioventù che vuole preservare la tradizione con rinnovato spirito.
Trio yemenita trasferitosi a Jaffa, gli El Khat si sono attualmente stabiliti in Germania, ma il leader Eyal El Wahab ha già dichiarato che la vita nomade della band non ha trovato tregua. Forte di solidi studi di musica classica e di musica sacra ebraica, El Wahab ha intrapreso la carriera di musicista suonando il violoncello nella Andalusian Orchestra, per poi ampliare il proprio interesse verso forme sonore meno canoniche e poco esplorate della musica popolare.
Ormai abile polistrumentista, Eyal Eel Wahab ha trovato nel percussionista Lotan Yaish e nell'organista Yefet Hasan i perfetti complici per un progetto artistico che, partendo dalla natura errante degli ebrei arabi, auspica un futuro in cui pace e integrazione subentrino alla sopraffazione e all'annullamento delle tante identità culturali.
In questo processo di innovazione della tradizione, El Wahab ha creato strumenti artigianali riciclando scarti di materiali e un approccio antico e quasi tribale, con un'attenzione particolare a quelle imperfezioni e sbavature che appartengono al mondo reale, alla vita quotidiana.
"Mute" è un disco complesso, a tratti leggermente ostico per chi spera di trovarsi al cospetto di nuance etniche in stile neo-missionari di sinistra. Il terzo disco degli El Khat è un grido disperato, un album in cui l'oscurità vince sulla pur luminosa messa in scena sonora; una raccolta di voci e suoni stridenti, anche i rumori catturati dalla vita quotidiana - piatti e altri utensili da cucina, legni, metalli, plastiche e uno strumento chiamato brocca creato dallo stesso Eyal - sono aspri, taglienti, dolorosi. Le linee sonore più tradizionali sono volutamente disadorne, le forme quasi pop sono irregolari, il suono delle corde pizzicate e dei tamburi è greve anche quando agita melodie gioiose ("Tislami Tislami").
Metafore e celebrazione di sentimenti come amore, patria e famiglia sono al centro di danze vertiginose dove sbeffeggiare l'ignoranza dei politici ("La WaLa"), mentre l'elettronica rimette tutto in discussione con stuzzicanti riverberi che, nell'indicare ambizione e sperimentazione, mettono al centro della musica storie e persone ordinarie.
Le evoluzioni psichedeliche del brano strumentale "Almania" (Germania in arabo) e il tripudio di ritmi e sonorità arabe di "Intissar" sono ulteriore espressione di una volontà di confrontarsi nel rispetto della propria identità senza cedere all'oscuro fascino della conflittualità.
In questo vivido contrasto di antico e moderno, di lotta e antimilitarismo, di differenze culturali e universalità dei sentimenti, "Mute" si distingue per originalità e profondità. Un disco destinato a sopravvivere alla seduzione dei temi politici e sociali affrontati grazie a una qualità della proposta musicale ricca di inventiva e furore, di poesia e d'innovazione.
02/10/2024