Eunuchs - Harbour Century

2024 (Harbour Century)
avant-prog, baroque-pop, post-hardcore

Il progressive-rock è da sempre uno dei generi musicali più affascinanti e controversi, grazie alle infinite sfaccettature che lo hanno contraddistinto e alla caratura dei protagonisti che hanno intrecciato trame musicali prive di schemi precostituiti, pur conservando un'omogeneità d'insieme a tratti paradossale.
Il prog - va detto - è, però, anche uno dei settori che si è tramandato peggio. Riproporre oggigiorno le medesime strutture gustate nel corso dei gloriosi anni 70 appare, in verità, piuttosto stucchevole. In questi casi, si può certamente capire chi sostiene che sia meglio ascoltare i capostipiti che hanno creato e sviluppato un'epoca, piuttosto che assoluti cloni che ripropongono le medesime idee, senza prevedere sprazzi di modernità.

La domanda che sorge a questo punto è questa: dove può puntare il progressive-rock al giorno d'oggi? Una risposta più o meno valida potrebbe chiamare in causa l'avant-prog e cioè quel filone che già alla fine degli anni 70 aveva iniziato a esplorare nuovi territori musicali, usando successioni di accordi non convenzionali, frequenti cambi di tempo, soluzioni armoniche all'avanguardia e citazioni dalla musica classica moderna. Una musica sperimentale che fonde generi diversi, contemplando anche una giusta dose d'improvvisazione. Ecco, oggidì ha forse più interesse cercare di addentrarsi in questi ambiti, piuttosto che nei già trattati e ritrattati modelli del canonico rock progressivo d'antan.
Questa lunga digressione mi favorisce nel presentare gli Eunuchs, un misterioso e giovanissimo (poco più che ventenni) connubio australiano originario di Sydney, che fa dell'avant-prog più spietato il proprio vessillo; una proposta che non palesa alcuna stantia anima del passato, anzi, trae da esso gli spunti più interessanti e li trasporta ai giorni nostri con uno spirito prorompente.

"Harbour Century" è il secondo album, ideale seguito di "The Castration Of Gods" che nel 2021 aveva lanciato un amo raccolto davvero da pochi intimi.
La formazione australiana è capitanata dai tre amici d'infanzia Enzo Legge, Linus Hilton e Kristo Langker, che si avvicendano senza remore tra chitarre, basso, batteria, tastiere, pianoforte, organo, vibrafono, metallofono (la lista sarebbe lunghissima). Se ciò non bastasse, si aggiungono loro almeno una quindicina di ulteriori musicisti impegnati tra sassofoni di vario tipo, trombe e tromboni, violini, arpa, corno francese. Insomma, mi sembra di aver reso bene l'idea di cosa bolla in pentola.
Tra i nove eccentrici brani in scaletta, per quasi un'ora di durata totale, si passano in rassegna pagine di prog-rock, ma anche di jazz, come di post-hardcore e proto-metal, per poi ritornare magicamente nell'art-rock, nel folk e anche nella musica classica. Il bello è che in un marasma totalizzante come quello proposto dai nostri s'intravvede limpido lo spirito d'unione d'intenti: non si avverte, o capita solo in sparuti casi, la classica entropia d'impedimento alla chiarezza e univocità del messaggio.

Se si vogliono proprio cercare dei riferimenti, dal passato possiamo mobilitare Frank Zappa e persino i Beach Boys (sembrerà strano, ma è così per lunghissimi tratti) e tra gli attuali, di sicuro, l'ansioso intellettualismo dei Black Country, New Road, l'ampiezza propositiva dei Black Midi, l'articolata spietatezza degli Sprain e la teatralità dei HMLTD. Gli Eunuchs portano all'estremo ognuna di queste caratteristiche, talvolta raggiungendo anche l'esagerazione.
Ogni canzone approfondisce vicende allegoriche alimentate da bugie, astuzie, truffe, trucchi e bizzarri incidenti in barca, ricavando ispirazione dalle interpretazioni che la band ha carpito tra i paesaggi, i personaggi e le esasperazioni della sua amata Sydney, il tutto poi ricondotto in un concept-album a tema nautico/marino, che utilizza alcune visionarie ambientazioni per codificare aspetti più ampi e tangibili della società che li circonda.

Non è semplice affondare gli artigli in episodi quali "Magic Death Sea Nemesis", la storia di un pescatore che getta in mare un ragazzo per soldi e gloria, "Siren", "Bird Angel Dynasty" o l'art-metal (inventiamo una nuova etichetta) di "Pat A Dragon": per fronteggiare questi frangenti è richiesta una certa preparazione fisica!
Vengono in soccorso passaggi più lineari (è vero, tra queste lande potrebbe apparire un eufemismo) quali "Estuary Of Dreams", con le sue armonie folk-sinfoniche, i divertenti tagli jazz di "Magnificent Stallion" e il post-punk jethrotulliano di "Gnome And Fortune", luogo dove il magico suono di arpe e flauti, è dilaniato dalla narrazione di creature vittime di avidità e di accidia, indirizzate esclusivamente all'arroganza e all'ingordigia.
La summa di tutta l'opera è però da individuare in "Heroin King", posta sagacemente in chiusura, che con i suoi diciassette minuti forma una vera e propria suite che coinvolge tutto il variopinto mondo Eunuchs. Il brano lascia da parte, per larghi tratti, le deviazioni più ansiose, tra atmosfere di sesso squallido, uso di droghe, urla e mormorii inghiottiti nel finale dai suoni di un mare nero come l'inchiostro, che gorgoglia e mulina al chiaro di luna tra pozze accerchiate da scogli acuminati e nel quale si drammatizza sui mali di un'economia basata su un mercato irragionevole, sulla rabbia che trascina fino allo scontro sociale: un triste promemoria delle sfortunate realtà che s'incontrano nel loro immaginario e immaginato porto, ma che sono rintracciabili ovunque, purtroppo.
Sembra, addirittura, che alcune parti cantate (e urlate) da Enzo Legge siano state registrate davvero sott'acqua, per mezzo di un idrofono e la cosa non sarebbe nemmeno una stranezza troppo sorprendente, vista la stravagante varietà proposta. Si devono fare i complimenti, perché deve essere stata davvero dura per Nick Hatzakos (ingegnere del suono) riuscire ad amalgamare in modo costruttivo tutta questa libertà d'espressione.

L'esponenziale singolarità di "Harbour Century" poteva rappresentare un'arma a doppio taglio in mano agli Eunuchs, che si spingono davvero al limite, attraverso una proposta che non possiede nulla di convenzionale, ma che ci azzardiamo a premiare per coraggio, originalità e qualità, in un territorio artistico dove fin troppe volte si preferisce il sicuro approdo. Attenzione, perché i nostri sembrano aver già in serbo la preparazione di un terzo album, questa volta non autoprodotto e realizzato con l'ausilio di una vera e propria orchestra: ne vedremo delle belle.

06/05/2024

Tracklist

  1. Magic Death Sea Nemesis
  2. Pat a Dragon
  3. Estuary of Dreams
  4. Siren
  5. Magnificent Stallion
  6. Gnome and Fortune
  7. Bird Angel Dynasty
  8. Hierophant
  9. Heroin King


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