Melike Şahin

Akkor

2024 (Gülbaba)
turkish pop, art pop

Fondata nel 2011, l'agenzia di management Gülbaba, di stanza a Istanbul, ha avviato nel 2020 anche una propria casa discografica. Si tratta di una realtà indipendente, votata a proposte di natura sperimentale spazianti dal rock al jazz, dalla musica tradizionale al pop elettronico. Poi nel 2017 è entrata in scuderia Melike Şahin, cantautrice in erba (discograficamente parlando, dato che aveva già ventotto anni) che si è inaspettatamente trasformata nel giro di poco tempo in un'attrazione mediatica degna di una major.
Dopo una manciata di singoli, ha debuttato su album nel 2021, con "Merhem". Presto è venuta in contatto con Mabel Matiz, il faro del pop turco contemporaneo: l'incontro è risultato naturale, essendo la proposta dei due musicisti piuttosto simile, improntata al cantautorato più raffinato, con influenze provenienti dai grandi maestri del pop turco (la diva Sezen Aksu su tutti), ma anche dalla musica classica locale e dalla gloriosa scuola del rock anatolico.
Nel 2023 Matiz l'ha chiamata a cantare in "Düldül" (dal suo album capolavoro, "Fatih") e ha scritto appositamente per lei "Diva Yorgun", uno dei più grandi successi turchi dell'anno.

Forte delle esperienze accumulate nel frattempo, Şahin pubblica ora il suo secondo album, "Akkor" (trad. incandescente, splendente), realizzato con un budget di alto livello e che la vede ormai in pieno possesso dei propri mezzi espressivi.
Il disco è stato registrato principalmente a Londra, con l'ausilio del produttore svedese Martin Terefe, che suona anche il basso in tutti i brani. Terefe è un professionista di lungo corso, sulle scene dalla metà degli anni Novanta, ma finora dedito al pop più corrivo (Jason Mraz, Craig David e Shawn Mendes fra i tanti che ha diretto): da questo punto di vista "Akkor" rappresenta per lui un notevole salto di qualità. Capita insomma che siano anche gli artisti a migliorare i produttori e non esclusivamente il contrario.

Si tratta del primo album registrato con Şahin e i musicisti insieme in studio, dato che il precedente "Merhem" era stato realizzato lavorando da remoto, a causa della pandemia del Covid-19. Şahin voleva portare l'intero suo gruppo di collaboratori della Gülbaba a registrare l'album a Londra, ma a parte lei e il percussionista İsmail Altunbaş, tutti gli altri si son visti negare il visto e sono dovuti rimanere in Turchia. L'artista è stata perciò costretta a lavorare con una squadra di musicisti organizzata da Terefe, ma quello che sembrava dapprima un ripiego si è poi rivelato, stanti le sue dichiarazioni, una nuova fonte di stimoli.
Le voci, gli archi (suonati dall'orchestra Istanbul Strings) e le eventuali aggiunte strumentali sono invece stati registrati a Istanbul, motivo per cui in ogni traccia, a quello di Terefe, è affiancato il nome di un produttore turco: Zafer Tunç Resuloğlu (cinque brani), Emre Malikler (tre brani), Elif Dikeç e Can Güngör (un brano a testa). Şahin firma comunque tutto il materiale (sei brani in proprio e quattro con l'ausilio dei collaboratori), mostrandosi in pieno controllo del progetto.

In un'intervista per il giornale Bant Mag, Şahin presenta l'album con le seguenti parole:

Il tema principale mentre scrivevo 'Akkor' era la sopravvivenza. […] Nella prima metà dell'album, sia il suono, sia i testi sono potenti e toccanti. La seconda metà inizia un viaggio nella calma e nei buchi neri. Osserviamo quali percorsi attraversa questa donna, che da lontano vediamo come molto forte, e quali emozioni affronta. Prende il volo affrontando la paura, la rabbia, la solitudine e le fredde notti dell'infanzia. Per me, 'Akkor' è una celebrazione della mia integrazione con me stessa, della mia capacità di raccogliere i pezzi sparsi e della mia capacità di splendere ancora.

Un altro aspetto affrontato è quello del cambio di prospettiva portato dal successo, che vanta risvolti positivi, ma anche contraccolpi come la parziale perdita della privacy.

I musicisti coinvolti sono Dave Okumu (fondatore di The Invisible, band indietronica accasata presso la Ninja Tune), alle chitarre in nove brani su dieci, Nikolaj Torp Larsen (turnista danese spesso all'opera nelle produzioni di Terefe e di Paul Epworth), alle tastiere in tutti i brani, Glen Scott (storico turnista della scena britannica, attivo da ormai più di trent'anni), alle tastiere in sei brani, Sterling Campbell (americano, già accompagnatore di David Bowie dal 1992 al 2004), alla batteria in sette brani, Dan See (turnista orbitante intorno alla scena elettronica britannica), alla batteria in tre brani, Raven Bush (compositore al confine fra classica contemporanea e sperimentazione elettronica), al violino in tre brani, e il già citato Altunbaş, alle percussioni in nove brani.
Per i motivi già spiegati, il grosso dei musicisti turchi ha invece partecipato in fase di post-produzione, apportando comunque qualche intervento strumentale negli studi di Istanbul (uno, massimo due brani a testa): Emre Malikler alla chitarra, Altuğ Öncü all'oud, Mert Kemancı al violino ed Elif Dikeç alle tastiere.

L'iniziale "Sağ Salim" è un'imponente lamentazione con orchestrazioni influenzate dalla musica classica turca, vicina per ambizione e colore alle cose più recenti di Mabel Matiz. La fine di una relazione rifugge gli schemi della canzone d'amore e viene semmai descritta con un tono da poema epico, paragonando la protagonista, simulacro di Şahin, a una fenice:

Come ha sopportato il mio cuore
di battere sull'orlo delle spine?
Le notti volano impazzite nella mia testa,
non posso dormire, né sognare.
Come ho fatto a crederti?
Non preoccuparti, so la risposta.
Una parte di me è un gelido enigma,
l'altra parte si infiamma quando sente il tuo nome,
forse consolarti ogni volta che cadi mi si addice,
forse ti ha addolorato vedermi sorgere dalle mie ceneri.
Le mie ferite sanguinano profondamente,
come le acque tramite cui ascendo,
sono affogata ma non sono morta, e non mi hai dato la mano,
sono uscita da quel buco nero sicura di me

L'altro paragone che viene in mente, come già accennato, è Sezen Aksu, nume tutelare della maggior parte delle cantautrici turche contemporanee, nonché di diverse controparti maschili (Matiz in primis): lo stile canoro di Şahin la ricorda, soprattutto per la capacità di bilanciare drammaticità, sensualità e raffinatezza, puntando su toni bassi ma senza rinunciare alla potenza, ricorrendo a svolazzi, decori e modulazioni, ma senza scadere in eccessi.
"Canın Beni Çekti" è un funk impeccabile che si inserisce nella storica scuola turca (i musicisti locali si sono confrontati con il genere ininterrottamente dagli anni Settanta, ai tempi del primo rock anatolico e di Barış Manço, a oggi, con band indie di grande successo come Yüzyüzeyken Konuşuruz e Madrigal).
Il midtempo di "Ortak" è guidato da chitarre ronzanti, riff di organo Hammond e una gran varietà di sintetizzatori, mentre "İfşa" si poggia su un broken beat colorato dal basso distorto e da un tappeto di percussioni: nella parte centrale un assolo di Hammond, inizialmente pensato per armonizzare in sottofondo, ma che la cantante ha poi espressamente voluto mixare in primo piano.
"Beni Ancak" è un trip hop in tempi dispari (9/8), che oltre all'andamento sorprendente sfoggia una densa stratificazione strumentale, con tanto di assolo di tromba digitalizzata, mentre la coda sfuma in un coro dal sapore folk. La tradizione turca si affaccia anche in "Kemancı", guidata da un motivo di oud e arricchita da un assolo di violino nella parte centrale, mentre la musica classica torna al centro in "Durma Yürüsene", dove gli Istanbul Strings guidano il tema che fa da refrain, su un ritmo in 10/8.
"Napıcam?" è un piccolo acquerello senza pulsazione ritmica, tutto basato sulla voce di Şahin (più angelica e acuta che in altri momenti), sui toni bassi di un piano elettrico Rhodes e sulle rifrazioni di chitarra elettrica, mentre la conclusiva "Burdayım" è un altro momento in punta dei piedi, con piano Wurlitzer, archi, sintetizzatore e glockenspiel. Nel testo la giusta conclusione della donna che all'inizio del viaggio è risorta dalle proprie ceneri e completa ora il percorso di accettazione, guardando sempre più indietro ai suoi traumi passati, fino a quando era bambina: le esperienze assorbite in quel periodo, del resto, compongono per ogni individuo una parte importante della propria personalità:

Il rumore dell'infanzia è assordante,
torna indietro, torna a te, a poco a poco,
piccolo era il cuore, grandi le speranze,
questo fardello è pesante, ti sopraffà, ti lascia in lacrime.
Pensando che la tristezza dell'infanzia sarebbe passata,
ho camminato per questi sentieri lentamente.
[…] Infanzia, sono qui, non fuggirò,
ripuliremo i frammenti, io sono qui,
guarda, le tue mattine grigie e fredde si sono riscaldate,
mia altra metà, non ti abbandonerò, siamo insieme

"Akkor" ha tutti i crismi del disco storico: l'ampio respiro temporale dato dall'incontro fra il passato e il presente della musica turca, quello geografico offerto dalla collaborazione fra musicisti occidentali e mediorientali, e più in generale la raffinatezza del canto, la complessità degli arrangiamenti, l'afflato poetico, ne fanno uno dei migliori esempi di pop d'autore che si possano rintracciare a livello mondiale in questo primo scorcio degli anni 2020. E come ciliegina sulla torta, anche il pubblico lo sta accogliendo con entusiasmo, con decine di milioni di streaming per tutti e tre i singoli di lancio ("Ortak", "Canın Beni Çekti" e "Durma Yürüsene").

06/12/2024

Tracklist

  1. Sağ Salim
  2. Ortak
  3. İfşa
  4. Korkmasam Ölürdüm
  5. Canın Beni Çekti
  6. Beni Ancak
  7. Ne Ettim Sana?
  8. Durma Yürüsene
  9. Napıcam?
  10. Burdayım






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