A Bad Day

Flawed

2025 (autoprodotto)
avant-folk, fingerpicking

La prima volta che sentii nominare Sara Ardizzoni fu da Emidio Clementi, mentre nella sagrestia di un’antica chiesa di Cori - dove tenne uno dei suoi emozionanti reading - mi confessò di star ultimando la prove per il tour dei Massimo Volume con una nuova chitarrista dalla quale era rimasto particolarmente colpito. Erano le prove per il tour a supporto de “Il nuotatore”, e presto scoprimmo il talento e la presenza scenica di Sara, sul palco, mentre prendeva senza timori il posto che fu di Stefano Pilia, compito verosimilmente scomodo. Anche lei portava in dotazione un vasto campionario di effettistica, e durante le esecuzioni live di “Litio” imbracciava il basso di Mimì, lasciando come d'abitudine per qualche minuto tutte le parti di chitarra a Egle Sommacal, uno dei massimi eroi dei nostri anni post-universitari. Sara ha anche un progetto parallelo, Dagger Moth: con il mio amico Poker, ferrarese doc con l’abbonamento della Spal sempre nel portafogli, un paio di anni fa ci siamo sperticati per riuscire a vederla esibirsi due volte sui palchi del Primavera Sound di Barcellona.

Anche Egle, accanto al prezioso lavoro dentro i Massimo Volume, centellina dischi solisti sempre interessanti, nei quali alterna paziente fingerpicking e folk strumentale ad alto contenuto evocativo. Sara ed Egle, insieme, inaugurano ora una nuova avventura musicale, A Bad Day, e lo fanno per mezzo di un album autoprodotto, intimo, promosso a modo loro, in proprio, con grazia e discrezione, senza ricorrere a uffici stampa ed evitando di caricare le tracce sulle piattaforme streaming (in questa pagina potete trovare il link Bandcamp per l'ascolto e l'acquisto). Si sono dedicati meticolosamente a questo progetto per buona parte dell’ultimo anno, e ne è venuto fuori un prodotto difficilmente etichettabile, insolito, oserei dire inaspettato, per il quale hanno scelto come titolo “Flawed”, imperfetto, come a voler giocare con i propri limiti. Eppure una sensazione di perfezione sgorga da ogni singolo solco, in undici landscape costruiti sulle interpolazioni strumentali fra i due musicisti.

Undici paesaggi sonori multiformi (“My World Is Disappearing”), scenari onirici (“The Usual Dance”), funerei chiaroscuri (“Death Of A Drum”), lievi evoluzioni circolari (“What They Sing”) dai quali possono schiudersi in qualsiasi momento avvolgenti melodie (“Not In The Light, Not In The Darkness”) oppure svilupparsi clangori light industrial (la conclusiva “Little Plastics Idols”). Venti minacciosi scuotono memorie shoegaze (“Waves Become Clouds”), folk apocalittici assumono il sapore dell’avanguardismo (“Non sono di qui”, l’unico titolo espresso in italiano, ”Bend”), sperimentazioni che sanno sorprendere, come quando in “Underminer Of Conventional Truth” vengono sbloccati ricordi trip-hop.
Egle e Sara ci tengono a sottolineare di aver evitato l’utilizzo di loop, computer e sample elettronici, per non rendere artefatto il risultato finale e poterlo rendere con fedeltà durante le esecuzioni live: quello che ascoltiamo è il suono dei loro strumenti, la sovrapposizione di due linee di chitarra senza sovraincisioni o particolari artifici di produzione.

24/01/2025

Tracklist

  1. Not In The Light, Not In The Darkness
  2. What They Sing
  3. Underminer Of Conventional Truth
  4. My World Is Disappearing
  5. Death Of A Drum
  6. Waves Become Clouds
  7. The Usual Dance
  8. Timanfaya
  9. Non sono di qui
  10. Bend
  11. Little Plastic Idols

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