I’ll Be Your Mirror
Dopo il “New Normal”, lo stop forzato causa pandemia e la ripresa col doppio week-end dello scorso anno, l’edizione 2023 del Primavera Sound Festival sarà ricordata come quella del raddoppio della location. Il motto prescelto, “I’ll Be Your Mirror” (dal titolo della canzone compresa nel primo album dei Velvet Underground, con un giovane John Cale al basso, presente quest’anno in line-up), ha come significato proprio il lancio della sede gemella di Madrid, dove il Festival si ripeterà – quasi identico, un vero e proprio effetto specchio – una settimana più tardi, andandosi a sovrapporre all’ulteriore sede di Porto. Il suggello di una globalizzazione spinta che ha portato il management del Festival catalano a inaugurare qualche mese fa appuntamenti anche in Sudamerica (fra novembre e dicembre si replicherà a Buenos Aires, San Paolo, Bogotà e Asunciòn), riscuotendo sempre enorme successo e consentendo al marchio di diventare uno dei più noti nel settore dell’intrattenimento musicale a livello mondiale.
Difficile dare ragione a chi bollò la ventunesima edizione del Primavera Sound barcellonese come “inferiore”. Vorrei vederli ora, qui, a rincorrere gli inevitabili “clash” fra artisti, e attendere qualche anno per l’inevitabile rivalutazione di una line-up che ha confermato di meritare attenzione e rispetto. Una sottovalutazione del cartellone, abbastanza diffusa anche fra gli abituali frequentatori del Parc del Forum, che per una volta ha evitato il sold-out (a mio avviso la responsabilità è però da attribuire all’offerta crescente del prodotto Festival: ormai durante la bella stagione se ne svolgono ogni settimana in qualsiasi angolo d’Europa), rendendo così la situazione molto più fluida, vivibile e rilassata per chi ha scelto di esserci di nuovo.
The Main Names
Al di là delle appetitose portate servite nel programma del “Primavera a la Ciutat”, il Festival nel Festival che si svolge in numerose location urbane del centro sin dal lunedì, l’evento è tornato a inserirsi per quattro giorni (dal mercoledì al sabato, più la coda del brunch domenicale) nella cornice del Parc del Forum (lo scorso anno ci fu l’omaggio del mercoledì al Poble Espanyol, che fu la prima sede della rassegna), dove per ogni serata è stato inserito un nome di spicco in grado di catalizzare l’attenzione e porsi come assolutamente centrale. E così quella del mercoledì viene da tutti riconosciuta come “la giornata dei Pet Shop Boys”, il giovedì come quella del “ritorno dei Blur”, il venerdì avrà i Depeche Mode al centro dei desideri, il sabato sarà per (quasi) tutti il “Rosalía Day”. Quattro artisti capaci di trasformare a propria immagine e somiglianza ciascuna serata del Festival, e ognuno di loro si imporrà con performance assolutamente in linea con le aspettative dei rispettivi fan, con menzione speciale per Rosalía, l’eroina di casa, che torna a giocare fra le mura amiche dopo aver conquistato il mondo sulla scia della doppietta “El mal querer”/“Motomami”, divenendo in pochissimo tempo una delle artiste spagnole più popolari e influenti di sempre.
Rosalía non ha una band alle spalle, canta (e non certo in playback come qualcuno ha insinuato) su basi preregistrate, eccezion fatta per la commovente “Hentai” eseguita al piano, ma propone un set esteticamente impeccabile, allestito come un video instagrammabile (replicando ogni sera un preciso canovaccio), con un corpo di ballo e uno stuolo di telecamere che assecondano e seguono qualsiasi suo movimento. Estasi totale per il pubblico che abbraccia la popstar globale con smisurato affetto. Discutibile l’accoglienza del management, che per consentire a Rosalía di chiudere simbolicamente il Festival, alle 2 del mattino la lascia esibire a volumi ridimensionati e con un palco limitrofo che inonda il main stage di bordate techno percepite persino dall’artista sul palco. Non si tratta di un problema tecnico (come quello che costringe Kelela a interrompere lo show per diversi minuti o quello che rischia di mandare a fuoco l’allestimento di Skrillex) ma di un vero e proprio errore strategico, gravissimo, per uno show godibile appieno soltanto da chi è stato in grado di avvicinarsi al palco.
Beyond Expectations
Ma il sale del Primavera Sound non è mai nelle prime linee, fra le quali anche i vari New Order, Kendrick Lamar e Calvin Harris (ne cito uno per ogni giornata) non lasciano certo scontenti i propri fan, bensì nei nomi intermedi, quelli che alimentano il gusto della scoperta, il vero motivo che porta la maggior parte del pubblico a scegliere questo Festival piuttosto che altri concorrenti. Fra gli artisti immediatamente sotto gli headliner, scelgo di segnalarne quattro che si sono rivelati decisamente sopra le aspettative, di nuovo uno per ciascuna serata. Il mercoledì scopriamo l’energia dei Confidence Man, duo electro-pop australiano che nella dimensione live si impone grazie a un’immagine ben studiata. I due protagonisti, bellissimi e sexy, cantano e ballano circondati da turnisti mascherati. Il pubblico balla, divertito, in quella che si dimostra essere la perfetta anticamera prima di tuffarsi nella nostalgia synth-pop anni Ottanta degli infettivi Pet Shop Boys (la mattina seguente avremo in testa soltanto i ritornelli di “Being Boring” e “West End Girls”) e subito dopo aver apprezzato l’ottimo set del cantautore americano Jake Bugg. Il giovedì arriva l’uragano Turnstile, che si abbatte sull’arena principale quando ancora il sole non è tramontato. Ancor più efficaci rispetto alle prestazioni sul pur egregio "Glow On", tengono la scena in maniera avvincente, provocando un corto circuito che li lascia decodificare come una versione attualizzata dei Rage Against The Machine.
Il venerdì si tocca con mano la drammatica intensità che permea l’intero spettacolo condotto da Christine And The Queens, un set minimale con tre musicisti, durante il quale l’artista francese presenta in anteprima ben cinque brani che saranno contenuti nell’album di prossima uscita, ”Paranoia, Angels, True Love”, che, a giudicare dalle canzoni proposte, potrebbe imporsi come il suo disco definitivo. Un po’ chansonneuse française dai toni teatrali, un po’ Kae Tempest (specie negli intermezzi recitati durante i quali dialoga con il pubblico), Christine entra in scena calpestando un vestito da sposa (mentre canta ”Ma bien aimée Bye Bye”) e lascia tutti di stucco quando, dopo aver indossato un paio di ali, si congeda sulle note dell’emozionante “To Be Honest”.
Il sabato la prestazione più scintillante è messa a segno da una biondissima St. Vincent, che grazie al contributo di una super-band riarrangia con piglio rock alcuni dei momenti salienti della propria carriera. Una performer al contempo grintosa ed elegante, giunta all’apice della propria espressività: un highlight assoluto di questa edizione del Primavera Sound.
The Others
Come al solito c’è carne al fuoco per tutti i gusti. Formazioni rodatissime che confermano le rispettive peculiarità (Built To Spill, Bad Religion, Karate, Shellac, Unwound, Delgados, War On Drugs, Sparks, My Mornng Jacket), il “nuovo-ma-già-abbastanza-noto” nel circuito indie che avanza (Yard Act, Wednesday, bar italia, Alvvays, Nation Of Language, Jockstrap, i ben più navigati e rumorosi Gilla Band), l’ormai consolidato stuolo di donne, tutte mai meno che interessanti (Sudan Archives, Alison Goldfrapp, Pinkpantheress, Le Tigre, Japanese Breakfast, Arlo Parks, Sevdaliza, Caroline Polachek, Blondshell, la meno convincente Halsey). Oggettivamente difficile trovare esibizioni davvero deboli: se proprio dovessimo segnalarne una, il pollice verso sarebbe per NxWorries, l’inutile progetto di Anderson .Paak e Knxwledge.
Sempre molto alternativa la programmazione nel seminascosto palco Stone Island At The Warehouse, che ricorda molto gli oscuri club underground londinesi: è qui che le vere nicchie trovano le massima espressione, come nel caso dell’artista performativo Slauson Malone 1, che sarà fra i curatori del prossimo LGW Festival a Utrecht, e il fuoriclasse inglese della drill, Blackhaine, già apprezzato pochi mesi fa al Club 2 Club di Torino.
Un'altra schiera di musicisti viaggia lungo binari altrettanto personali, con una fanbase rigorosa e affezionata, come i Ghost per gli amanti del lato più glam dell’hard-rock (imperdibile il confessionale dentro il quale è possibile scattarsi delle fotografie), gli ormai veterani The Comet Is Coming e gli esordienti DOMi & JD BECK per chi si nutre di contaminazioni nu-jazz, i belgi Amenra per gli adoratori del versante goth-metal (chi preferisce i suoni più duri trova pane per i propri denti anche al cospetto dei Liturgy), l’incontenibile Yves Tumor per chi continua a sognare un’ipotesi di ibrido fra Prince e Lenny Kravitz.
Impossibile citare tutti, ma una menzione speciale va riservata per quel luogo magico che si chiama Auditori, che quest’anno ha ospitato nomi del calibro di Emeralds, Come, Boris, Beth Orton, Julia Holter, Swans, John Cale e Laurie Anderson. E ancora i tanti esponenti di area elettronica, sacrificati dalla scomparsa della zona Bits (sì, anche la spiaggetta quest’anno è stata dolorosamente depennata, a causa di diatribe con il Comune limitrofo) e catapultati sui palchi più grandi (Skrillex, Soft Pink Truth, Daphni, Charlotte De Witte, Overmono, anche qui impossibile nominare tutti).
Italians do it better?
Così come la comunità italiana si è imposta come la più rappresentata, ovviamente dopo quella spagnola, anche i musicisti di casa nostra continuano ad avere discreta visibilità. L’Italia piazza sempre almeno un nome nel cartellone principale, e quest’anno è toccato - manco a dirlo - ai Maneskin, che si difendono con le unghie pur non brillando come in occasione delle performance casalinghe. Altri nomi minori trovano posto nel cartellone del Primavera Pro, il Festival parallelo indirizzato ai professionisti del settore (oltre tremila presenti quest’anno, in rappresentanza di ben 65 nazioni) corredato da numerose conferenze e workshop. Quest’anno in rappresentanza dell’Italia sono stati scelti gli indie-pop Guatemala e Dagger Moth, il progetto solista di Sara Ardizzoni, chitarrista d’avanguardia, di recente entrata in pianta stabile nei Massimo Volume. Ci sono anche loro fra i 317 show dichiarati dall’organizzazione del Primavera Sound nella conferenza stampa conclusiva del sabato, durante la quale è stata certificata la presenza di 253.000 spettatori complessivi nell’intera settimana del Festival, di cui 193.000 concentrati nelle tre giornate principali.
Spazio ora al “mirror festival” di Madrid, alla sua prima assoluta, mentre la musica del Primavera Sound si conferma come una delle più grandi playlist al mondo, specchio della contemporaneità e ponte verso un futuro nel quale la “normalità” non sarà più di casa, sostituita dai concetti di inclusività e diversity. Uno degli eventi artistici più completi ed eterogenei al mondo, all’interno di una città meravigliosa, in riva al mare, con condizioni climatiche favorevolissime. Dai primi di luglio saranno in vendita gli “early bird” per l’edizione 2024, i biglietti venduti al buio a condizioni di prezzo ultra-favorevoli, edizione che si terrà l’ultima settimana di maggio, con serata finale fissata per sabato 1° giugno. In molti saranno di nuovo là, ci potete contare, a prescindere dai nomi che saranno annunciati fra qualche mese…
Foto in alto: Rosalía (courtesy Francesca Sara Cauli/SentireAscoltare)
Depeche Mode
My Cosmos Is Mine
Wagging Tongue
Walking In My Shoes
It’s No Good
In Your Room
Everything Counts
Precious
Home
Ghosts Again
I Feel You
A Pain That I’m Used To
World In My Eyes
Stripped
John The Revelator
Enjoy The Silence
Just Can’t Get Enough
Never Let Me Down Again
Personal Jesus
Blur
St. Charles Square
There’s No Other Way
Popsecene
Tracy Jacks
Beetlebum
Trimm Trabb
Villa Rosie
Coffee & TV
Luminous
End Of A Century
Country House
Parklife
To The End
Girls & Boys
Song 2
Intermission
This Is A Low
Tender
The Narcissist
The Universal
Rosalia
Saoko
Bizcochito
La Fama
De aquì no sales / Bulerìas
La noche de anoche
Linda
Diablo
Despechà
Hentai
Candy
Motomami
La combi Versace
Con Altura
Beso
Vampiros
Héroe
Malamente
Chicken Teriyaki
CUUUUuuuuuute
St. Vincent
Digital Witness
Down
Birth In Reverse
Daddy’s Home
New York
Los Ageless
Sugarboy
Fast Slow Disco
Pay Your Way In Pain
Cheerleader
Year Of The Tiger
Marrow
Fear The Future
Your Lips Are Red
The Melting Of The Sun
Christine And The Queens
Ma bien aimée bye bye
Saint Claude
People, I’ve Been Sad
La chanson du chevalier
Let Me Touch You Once
Tears Can Be So Soft
True Love
I Met An Angel
Je te vois enfin
Track 10
Lick The Light Out
To Be Honest
Turnstile
Mystery
T.L.C. (Turnstile Love Connection)
Endless
Underwater Boi
Don’t Play
Fly Again
New Heart Design
Real Thing + Drum Solo
Big Smile
Gravity
Drop
Humanoid / Shake It Up
Alien Love Call
Holiday
Blackout
Kendrick Lamar
N95
Element.
A.D.H.D.
King Kunta
Worldwide Steppers
Nosetalgia
Backseat Freestyle
Never Catch Me
m.A.A.d. City
Swimming Pools (Drank)
Loyalty.
Purple Hearts
DNA.
Rich Spirit
Humble.
Sidewalks
Count Me Out
Money Trees
Bitch, Don’t Kill My Vibe
Die Hard
Love.
Alright
Vent
Family Ties
Savior
Pet Shop Boys
Suburbia
Can You Forgive Her?
Opportunities (Let’s Make Lots Of Money)
Where The Streets Have No Name (I Can’t Take My Eyes Off You)
Rent
I Don’t Know What You Want But I Can’t Give It Any More
So Hard
Left To My Own Devices
Domino Dancing
Love Comes Quickly
Paninaro
Youe Were Always On My Mind
Dreamland
Heart
It’s Alright
Vocal
Go West
It’s A Sin
West End Girls
Being Boring