Estremi, violenti, inquietanti, gli Swans sono una delle leggende dell'alternative rock. Partiti da un rock dissonante al rumor bianco, sono approdati negli anni a una forma di ambientazione gotica e spettrale, fondata su esplosioni di chitarre e melodie ammalianti, percussioni "industriali" e atmosfere rarefatte, oltre che sul contrasto tra la voce da zombie del chitarrista Michael Gira (sorta di Bowie dell'oltretomba) e quella da sirena della cantante Jane Jarboe. Le loro storie sono ritratti crudi e desolati, manifesti musicali sulla violenza metropolitana delle grandi città statunitensi, sul degrado, sull'alienazione. Visioni allucinanti di una vita vissuta all'estremo, proprio come quella di Michael Gira: cresciuto a Los Angeles quasi senza famiglia, fu detenuto a lungo in istituti di correzione per atti di vandalismo, furti e aggressioni. Drogato fin da bambino, a dodici anni era già completamente dipendente dall'Lsd. A tredici anni scappò di casa e si stabilì a Los Angeles, dove cominciò a suonare. Un'infanzia segnata, che resterà la chiave psicologica della sua opera.
Gli Swans nascono a New York nei primi anni '80, dalle ceneri dei Circus Mort, su iniziativa di Gira (autore anche di un Ep omonimo, sorta di combinazione "industrial" con il nascente dark europeo) e di Johnatan Kane. Il disco d'esordio, Filth (1983), vede anche la partecipazione di Roli Mosimann, Norman Westberg e Harry Crosby. E' un'agghiacciante rappresentazione della violenza di una megalopoli come New York. Accordi laceranti si combinano con dissonanze e cacofonie industriali in un caos sonoro che non lascia scampo. Un'ambientazione resa ancor più angosciante da brani quali "Stay Here", che fonde le allucinazioni dei Chrome e le orge chitarristiche dei Sonic Youth, "Blackout", sostenuto da una batteria ossessiva, "Power For Power", voodoobilly al ralenty, fino al crollo finale di "Gang", dove una cantilena sgangherata sembra quasi mimare l'ultimo spasimo di un moribondo.
Il sound brutale degli Swans ottiene i primi consensi nel giro "alternative" e viene ribattezzato "boom music" per una sua caratteristica peculiare: quel ripetere assordanti "bum" strumentali sui vocalizzi del leader. Come nel caso dei Pere Ubu, la loro "danza moderna" non è che l'epitaffio della società industriale, ridotta a brandelli e incapace di offrire scampo a un'umanità alla deriva. Già in occasione del secondo album Cop (1984), Gira rimane l'unico membro originario della band, che non muta il suo canovaccio sonoro: clangori industriali si fondono con un ritmo macabro, con le sciabolate delle chitarre e la voce da zombie del cantante. Il calvario di Gira si snoda attraverso pannelli surreali come "Half Life", "Clay Man", "Your Property" o "Job", che affondano in voragini di desolazione, raccontando di un'umanità meccanizzata e agonizzante.
Il 1985 è un anno-chiave. Dopo l'Ep Crawled (in cui spicca la lisergica "I Crawled", che riecheggia "The End" dei Doors), è la volta di Greed, album fondamentale per storia degli Swans, perché segna l'ingresso nella band di Jane Jarboe, compagna fin da allora di Gira, che suona al piano e lo accompagna al canto. Una presenza femminile che servirà a redimere lo spirito dannato di Gira, rendendo le sonorità del gruppo meno dure anche se sempre tragicamente gotiche. Con questa formula, gli Swans si trasformano in una band più matura. Il loro nuovo sound è sospeso fra furore noise e malinconia folk, creato bilanciando pieni (le esplosioni di chitarra, le percussioni industriali) e vuoti (le melodie ammalianti, le atmosfere rarefatte), e alternando la voce cavernosa di Gira e quella suadente di Jarboe (discepola della scuola di Lydia Lunch, Diamanda Galás, Exene Cervenka). "Sono sempre stata un'anticonformista, una outsider, uno spirito-libero, un'iconoclasta – racconta la cantante di Atlanta -. Ho conosciuto Michael in modo curioso: stavo cuocendo al forno dei biscotti nella cucina di mia madre nel 1983, quando ‘Power for Power' dall'album 'Filth' degli Swans fu trasmessa alla radio del college locale. Ho chiamato la radio e ho domandato chi erano e dove avrei potuto ottenere l'album. Ho suonato quell'album all'infinito. Scrissi all'indirizzo sul retro copertina, ed entrai in contatto con Michael Gira, che m'invitò a New York per ascoltare le prove degli Swans. M'innamorai di lui e mi trasferii a New York".
Greed è un'opera meno apocalittica delle precedenti, ma ugualmente inquietante, con rintocchi di piano in stile horror e la voce ammaliante di Jarboe a declamare storie di perdizione e morte, come "Nobody", "Fool" e "Stupid Child". Un discorso ripreso un anno dopo con Holy Money , dedicato al tema del potere e del denaro, in cui le atmosfere funeree si abbinano a una singolare predilezione per un rock da camera più atmosferico ("Another You", "A Hanging", "Fool"). Gli Stooges del capolavoro "I Will Fall" si trasformano, nelle piece di Gira, in vampiri di un mondo efferato e senza pace.
Dopo la parentesi degli Skins (progetto parallelo del duo, nel segno di una musica mistica vicina ai Popol Vuh), Gira e Jarboe tornano con gli Swans, per firmare il loro capolavoro: Children Of God (1987). A suonare è ora un ensemble allargato, costruito sull'asse Gira (canto e tastiere) - Westberg (chitarra) - Jarboe (canto, pianoforte e chitarra acustica). Il tema-cardine del disco è il binomio peccato/redenzione: la sottomissione alla divinità è vissuta attraverso una religiosità morbosa e opprimente. Non è mai Dio a parlare (salvo l'eccezione di "Trust Me"), bensì i suoi fedeli ("children"), protagonisti di un calvario che si snoda attraverso pannelli surreali, sospesi tra il più cupo espressionismo e le atmosfere ancestrali di una fiaba senza tempo.
Clangori ossessivi di batteria introducono la declamazione baritonale di Gira nell'iniziale "New Mind", che suona subito come una profezia senza scampo: "The sex in your soul will damn you to hell". Ma a dissipare gli spettri della dannazione provvede subito l'angelica Jarboe, che intona la litania onirica di "In My Garden" sullo sfondo di un delicatissimo accompagnamento di piano. "Our Love Lies" è un altro saggio del canto delirante di Gira, quasi un orco moribondo, che blatera parole sconnesse in un registro profondo e monocorde.
Sullo stesso schema, ma con l'aggiunta di un coro mortifero finale, è costruita anche "Sex, God, Sex", in cui la devozione a Dio si fa addirittura abnegazione sessuale. E se il sesso era la via alla dannazione di Gira in "New Mind", per Jarboe diventa invece una irrefrenabile tentazione in "Blood And Honey" ("We'll lie down in the warm green grass/ And the sun will shine on our pale shape/ Our blood will flow black in the dirt/ And a black rose will grow where we laid"). Carne e sangue si uniscono in un rituale nero, in cui il canto gregoriano di Jarboe è accompagnato da una melodia dal sapore mediorientale e dalle sonorità thrilling dell'oboe. Ma la devozione a Dio può trasformarsi anche in una overdose di estasi religiosa, come ammonisce Gira in "Like A Drug", un'altra delle sue allucinazioni, affollata di effetti horror alla Siouxsie e scandita su ritmi meccanicamente "metallici", con il coro finale ("Sha-La-La-La") che trasforma un innocuo versetto nel più agghiacciante degli incubi.
Gira cerca allora un po' di requie nella ninnananna di "You're Not Real", con arpeggi di chitarra a far da compagnia al suo baritono, sempre più sconsolato. E' solo un attimo, prima che la tempesta della dannazione torni a tuonare sulle note di "Beautiful Child" ("I will kill the child/ The beautiful child/ This is my life/ This is my choice/ This is my damnation"), in un crescendo grandguignolesco. E quando la tensione è arrivata ormai allo spasimo, ecco apparire la sacerdotessa Jarboe a chiuderci gli occhi ("Close your eyes/ And close in around me/ Say you'll do anything for me") e ad avvolgerci nella melodia tenerissima di "Blackmail", in un'oasi di quiete eterna. E' Dio a parlare nella successiva "Trust Me", esortando i suoi fedeli a un atto di fede e d'amore. Ed è un amore "reale" ("Real Love", con Gira a supplicare Dio di porre fine al suo calvario: "Take me down/ Into the cold dead earth"). Ed è un amore "cieco" ("Blind Love", con Gira a interpretare Cristo, "cold dead man" che vince la morte e risorge dalla tomba). A fugare definitivamente gli spettri di cui è affollato il disco provvede l'invocazione solenne della title track, in cui il coro ripete ossessivamente il suo inno di salvezza: "We are special/ We are perfect/ We were born in the sight of god/ Our suffering bodies will suffer no more/ We are children/ Children of God". Ma dietro la redenzione degli Swans si cela sempre l'ombra della morte.
Children Of God è un album tragicamente gotico, improntato a un pessimismo "cosmico" in cui solo a tratti si infiltrano purissimi i raggi di sole dispensati dalla vestale Jarboe, discepola della scuola oscura di Siouxsie, Lydia Lunch, Diamanda Galás ed Exene Cervenka, ma dotata di un soprano che suona insieme arcano ed emozionante, soffice e solenne. E' il disco che segna la svolta degli Swans: dal brutale nichilismo degli esordi a sequenze sonore compiute, che mantengono tuttavia intatta la loro originalità. Ne è conferma anche 12" "Love Will Tear Us Apart", cover in due versioni del classico dei Joy Division.
I dischi successivi confermano il nuovo corso più folk e "medievaleggiante" degli Swans. Per Burning World (1989) la formazione si arricchisce del basso di Bill Laswell, della chitarra di Nicky Skopelitis, del violoncello di Garo Yellin, del sitar di Ravi Shankar e di percussionisti orientali. Il tema è sempre quello della perdizione dell'uomo, preda dei suoi peccati e della sua sfrenata voluttà (sesso, denaro, potere). Un repertorio che caratterizza anche Ten Songs For Another World (1990) di The World Of Skin, il "side project" del duo.
Il ritorno degli Swans, con il doppio White Light From The Mouth Of Infinity (1991), segna un ulteriore passo avanti nella direzione di un folk pastorale e onirico. Con alcuni passaggi magistrali, come il medievale "Better Than You", l'ipnotica "Power And Sacrifice" e la dolente "When She Breathes", interpretata da Jarboe con un pathos degno della miglior Sinead O'Connor. L'anima più lugubre degli Swans rivive, invece, in tracce come "You Know Nothing" o "Why Are We Alive", con Gira nei panni di un predicatore folle alla Nick Cave, sospeso tra dannazione e redenzione.
Love Of Life (1992) può contare su un brano come "Her", sorta di ballata in tre parti, la prima con il vocione di Gira supportato da un arpeggio di chitarra, la seconda con una chitarra ossessiva e la cadenza marziale della batteria, la terza con la voce di Jane Jarboe quattordicenne, incisa un'estate di tanti anni prima. E il disco prosegue sospeso tra fiabe ipnotiche ("The Sound Of Freedom") e rituali più oscuri ("In The Eyes Of Nature"), in una sorta di dolente percorso di autocoscienza.
Ambizioso, ma forse meno riuscito, Soundtracks For The Blind (1996) si avvale di nuovi musicisti, come Larry Mullins alle percussioni e al vibrafono (session-man per Iggy Pop), Vudi (degli American Music Club) alle chitarre e Joe Goldring (dei Toiling Midgets). L'elettronica d'avanguardia alla Klaus Schulze si combina con i suoni lunghi e dilatati della chitarra; suoni che sono a tratti ambientali, in altri momenti più rumorosi e distorti. L'apice dell'album sono i sedici minuti del requiem di "Helpless Child", che conferma Gira nei panni di profeta nero di un'era glaciale prossima ventura.
Escono poi The Great Annihilator (con William Rieflin dei Ministry alla batteria), che riecheggia atmosfere care ai concittadini Sonic Youth, e Omniscience. Poi la fine. Swans Are Dead, come recita il loro ultimo album. Terminata l'avventura musicale, Gira e Jarboe pongono fine anche alla loro storia sentimentale. "Michael e i suoi manager si erano accorti che la band era diventata passiva — ha spiegato Jarboe -. Michael voleva fare qualcosa al di fuori degli Swans, la band era diventata uno sforzo troppo grande". Le nuove produzioni firmate Gira (i dischi registrati come The Angels of Light, ma anche quelli prodotti per Ulan Bator e US Maple) e Jarboe (o meglio, The Living Jarboe) si riveleranno ancora valide. E l'influenza degli Swans si spiegherà con evidenza su un nugolo di musicisti votati a miscelare suoni elettro-industriali, metal e noise, come Scorn, Skin Chamber, Godflesh, ma anche Nine Inch Nails e Ministry.
Tutti ricchi debitori di un gruppo che invece, nel 1999, celebrerà con ironia i propri fallimenti commerciali, nella raccolta Various Failures.
Dopo la parentesi degli Angels Of Light, quasi asorpresa Gira torna a rispolverare gli Swans. E My Father Will Guide Me Up A Rope To The Sky riassume tutto il Gira degli ultimi anni di iato della sua creatura prediletta: le sue varie dimensioni di ideatore, bandleader, talent-scout, produttore e compositore confluiscono in questo lavoro, riuscendo a suonare ancora una volta veramente terrificanti e a far emergere l’uomo-Gira in composizioni dirette.
Forte del fedelissimo Norman Westerberg, dell’infaticabile Bill Rieflin alla batteria, ma anche di una piccola delegazione degli Angels Of Light (Phil Puleo, Thor Harris), degli efficaci featuring del multistrumentista newyorkese Brian Carpenter, e persino dei cameo di Grasshopper dei Mercury Rev (al mandolino) e dell’ex-figlioccio Devendra Banhart (in “You Fucking People Make Me Sick”), è la creatura più meditata, contraddittoria, auto-indulgente di Gira, e non solo degli Swans. Tra reunion e disco di un ensemble piramidale, una prova di adorazione, di auto-totemismo. Vi confluiscono spunti che provengono da ogni quando e ogni dove, ultimi per cronologia quelli di “I Am Not Insane”, una compilation di demo registrate dal solo Gira e fatte uscire in edizione limita per l’ovvia Young God (quivi gli scheletri delle presenti, tutte tranne “You Fucking People Make Me Sick”, che appartiene più a Angels Of Light e Akron/Family che ai veri Swans). Non ha una grande profondità, né particolari volontà di redenzione o dannazione, ma una semplice espansione di un suono-anima.
Due anni dopo, The Seer, sancisce con una certa ufficialità l'entrata nella quarta era della band. Presentato con una certa pompa come il culmine degli Swans, la cui lavorazione è durata trent'anni e il cui materiale non è ancora finito, è di fatto il loro quarto doppio album, un po' il nuovo Soundtracks for the Blind. Qui però compaiono anzitutto grandi, intomorenti brani fiume, come la toccata e fuga di 32 minuti della title track (il suo record), la pura soundscape di "Piece of the Sky" (19 minuti), gli epici 21 minuti di "The Apostate".
Il ritorno alle origini è sancito da brani come "Mother of the World", in testi ridotti a formule, nelle ripetizioni maniacali e negli effetti elettronici sfasanti, e da momenti irrazionali come "93 Ave. Blues". Due ore zeppe di visioni, iperboli, tsunami sonici, e anche di contrasti in termini di durate, stili e orchestrazioni, la cui aura mitica è sancita da uno stuolo di ospiti e collaboratori, e da una reunion di lusso con la compagna di avvenure Jarboe. Il loro punto terminale astratto.
Nel 2014 è la volta di To Be Kind, nuovo disco-mostro che prosegue la saga del progetto con i medesimi ingredienti del predecessore, e la seconda massiccia ricapitolazione di carriera in due anni. Stavolta però la voglia di stupire il ritrovato pubblico di vecchi e nuovi fan sembra prevalere sull’ispirazione: in ben due ore distribuite in due Cd di brani estesi, Gira riesce solo a riproporre - pur impeccabilmente - stilemi ormai meccanici, dal talking-blues alle litanie gotiche al massimalismo alla Glenn Branca, agli ospiti di lusso. A suon di ripetersi imitando il gran burattinaio demonico che fu capitola in un ascolto placido senza direzione e necessità.
La quarta vita della sigla-leggenda Swans si chiude con ancora un altro doppio album, The Glowing Man (2016), un'opera che definisce nel bene e nel male questa fase ripetendo per filo e per segno le caratteristiche dei diretti, pachidermici, predecessori. Ne emerge via via un improbabile Michael Gira superstar sempre più distante dall'intento originario del progetto, con nuovi brani monstre che, però, sono perlopiù sovrapponibili e oltremodo gonfiati: "Cloud Of Forgetting" e "Cloud Of Unknowing", il finto doppio brano "The World Looks Red/The World Looks Black", fino ad arrivare alla mezzora della traccia eponima, in cui si mostra l'ego sporpositato del Gira cantante e del Gira direttore d'orchestra. In realtà il migliore specifico di questi brani si ha quanto più si riesce a visualizzare l'oliato, imponente ensemble che li esegue. E in un'ideale antologia di questa fase Swans finirebbero piuttosto le minori: "When Will I Return?” (con la moglie Jennifer) e il coro di “Finally Peace”.
Come anticipo sulla successiva incarnazione Swans, il deus ex machina Michael Gira dà alle stampe una sorta di demo session atta a raccogliere fondi per l'album in studio a venire, il quale sarà basato sugli stessi brani. Ma la parentesi per sola chitarra e voce di What Is This? non è soltanto una pubblicazione interlocutoria per pochi fedelissimi: le dieci bozze qui raccolte potere di evocare l’umano e il sovrumano, il miserevole e il divino al tempo stesso, in certi casi anche più delle annichilenti suite partorite negli anni passati.
Tra idee riesumate dai cassetti della memoria e nuove infuocate trance, il canzoniere allo stato grezzo di Gira è attraversato da lampi d’ispirazione quantomai vividi e sfolgoranti, prosieguo di un moto d’animo perenne e sovrabbondante, un flusso inarrestabile di trascendenza umana e artistica.
Leaving Meaning (2019) si preannunciava ricco di collaborazioni (da Ben Frost, Anna von Hausswolff, il trio di jazz sperimentale The Necks), che davano subito l’idea di una svolta. E’ un Gira che gioca travestendosi ora da cantautore maledetto (“Cathedrals Of Heaven”), ora da poeta tormentato à-la Nick Cave (“Annaline”) fino a piccole sperimentazioni ambientali (“Hums”). Aleggia infatti sul disco lo spirito da folk-tale gotico di un album come "Murder Ballads" di Cave con i Bad Seeds, così come la figura di Leonard Cohen - dai cantati di Gira ai cori - quest'ultima presente più in un tentativo di uscire dalle tenebre che di aspirare all'eternità. Quando Gira ritorna al suo consueto ruolo di sciamano, lo fa con inconsueta pacatezza, ma pur sempre con lo stile che ha contraddistinto l’ultima fase Swans.
L'album ha momenti elegiaci, in stile Esmerine, su cui si abbattono improvvisamente le ripetizioni e le ritmiche industriali tipiche del suono degli Swans. "The Hanging Man" e "Sunfucker" sono i due brani che nei “vecchi” Swans sarebbero stati definiti monster. Il primo ricalca la ripetitività di “The Glowing Man” mentre il secondo è certamente figlio di “Bring The Sun” dell’album “To Be Kind”. Ben Frost cerca di incidere tra le parole di sottomissione di Gira (“Surrender, Surrender!”) su riti pagani e sacrifici umani, il suo ruolo è proprio quello di tramite, il cui ausilio è amplificare gli aspetti più estremi e roboanti del disco. Proprio in “Sunfucker”, ispirata alla cultura azteca e in particolare a un disegno che Gira aveva visto in un libro, il leader degli Swans si immedesima in un sacerdote che, nella parte superiore di una piramide, strappa il cuore dal petto di una vittima sacrificale per dirigerlo verso il sole.
Sciamano, guru e filosofo, Gira ragiona su come la mente umana possa, sotto l'influsso di qualsiasi religione, credere fermamente in atti di inaudita violenza. Non mancano i riferimenti alla società americana contemporanea, i più forti sono presenti nella lenta ballata dark “Amnesia” (“la bocca del Presidente è una puttana, quando c'è un omicidio il pubblico ruggisce”), cupa e pessimista riguardo ogni azione umana (a metà tra Leonard Cohen e Roger Waters) figlia di una società dove solo la violenza, l’urlo sguaiato e la menzogna spudorata sembra eccitare le folle anestetizzate.
Il rammarico maggiore riguarda l'apporto troppo contenuto di Frost, che al posto di essere un cassa di risonanza delle inquietudini di Gira, sarebbe potuto diventare vero e proprio medium di quell'universo narrativo, portando l'ascoltatore in uno spazio ancora più remoto con le sonorità scure e compresse caratteristiche dell'elettronica del musicista australiano.
Il tour di Leaving Meaning con Ben Frost e Anna von Hausswolff si preannunciava come evento impedibile, ma purtroppo la pandemia fa saltare tutto. Gira entra in una fase di depressione e nel 2022 annuncia con un post la pubblicazione di The Beggar. Un annuncio stanco e per certi versi preoccupante, di un Gira provato dalla stanchezza e dalla delusione di due anni di assenza forzata dal palco che "sentiva" che quello sarebbe stato il suo ultimo album.
Sono tanti i presentimenti, da “Michael Is Done” ("Michael è finito") - quasi un addio a tutto (“quando Michael se ne sarà andato, ne verrà un altro”) - a “Unforming” (“presto scomparirò, chi se ne frega e chissà dove sono stato o andrò”), alla tristissima ballata folk di “No More Of This”, clamorosamente melodica per essere un brano degli Swans. E’ il testamento finale di Gira che saluta tutto e tutti, dai suoi figli alla vita stessa, e che affronta la morte come “assenza di rabbia e di paura” (“Non ci sarà un nuovo giorno luminoso e splendente, nessun domani, nessuna strada aperta, ora è il momento di andarsene finalmente”). E immaginando di non esserci più, spera nell'esistenza di un dio ("Prego il cielo che tu esista in una nuvola di nebbia curativa che permea il tuo essere più profondo"). Forse il momento più toccante di tutta la sua carriera insieme a “The Helpless Child”.
Il parassita di “The Parasite” è la vecchiaia che pervade il corpo di ogni uomo e si impadronisce di lui passo dopo passo, lasciando come unica possibilità la resa totale. L’imponenza sempre presente nonostante l’assenza dei vecchi muri di suono diventa ipnotica e malinconica. Il finale di “Ebbing” con basso, tastiere e chitarra acustica evoca scenari kraut tra Popol Vuh e Neu!, mentre “Los Angeles: City Of Death” (appena tre minuti) è una nuova riflessione sulla morte e sulla malattia (“Crescendo in un polmone, eccola che arriva, eccola che arriva”).
Ma il brano più atteso è “The Beggar Lover (Three)” capace di superare in durata tutti i brani degli Swans, anche quelli battezzati nel corso degli anni come monster, che impallidiscono di fronte ai suoi quarantatre minuti. Inizio di synth solenne, che dal vivo raggiunge i consueti volumi altissimi, parlato di Jennifer Gira (figlia di Michael), percussioni e poi una lunghissima composizione che potrebbe definirsi come una suite dark che va dalle citazioni di “The Seer” a l’ipnotica parentesi strumentale dal minuto 12 al minuto 24 che accelera sempre più verso il finale, per chiudersi al minuto 22 con un coro femminile ripetitivo. Improvvisamente suoni industrial con vocalizzi senza apparente significato anticipano la voce di Saoirse Gira (seconda figlia di Michael) per dare il via a un nuovo strumentale dal minuto 27 al 35. Le percussioni diventano imperiose e aprono al canto di Gira che arriva solo negli otto minuti finali. Ormai la voce di Gira si fa sempre più eterea, come il suo corpo non ha più consistenza fisica ma è spirito che vaga (“posso vederlo ma non vederlo, posso sentirlo ma non trattenerlo, posso toccarlo ma non trattenerlo”), in un ultimo straziante addio.
Una chiusura del cerchio, forse la chiusura di una carriera unica. Ovviamente la speranza è che tutto ciò non avvenga, ma se così fosse, la musica di Michael Gira di certo non abbandonerebbe le nostre vite.
Contributi di Michele Saran ("My Father Will Guide Me Up A Rope To The Sky", "The Seer", "To Be Kind", "The Glowing Man"), Michele Palozzo ("What Is This?"), Valerio D'Onofrio e Maria Teresa Soldani ("Leaving Meaning"), Valerio D'Onofrio ("The Beggar")
Filth (Young God, 1983) | 7,5 | |
Cop (K 422, 1984) | 6,5 | |
Greed (PVC, 1986) | 6,5 | |
Holy Money (PVC, 1986) | 6,5 | |
Children Of God (Caroline, 1987) | 9 | |
Feel Good Now (Product Inc, 1988) | 6,5 | |
The Burning World (UNI, 1989) | 7 | |
White Light From The Mouth Of Infinity (Young God, 1991) | 8,5 | |
Love Of Life (Young God, 1992) | 6,5 | |
The Great Annihilator (Young God, 1994) | 6 | |
Kill The Child (live, Atavistic, 1996) | ||
Die Tur Ist Zu (Rough Trade, 1996) | ||
Soundtracks For The Blind (Atavistic, 1997) | 7,5 | |
Swans Are Dead (Atavistic, 1998) | ||
Various Failures (anthology, Young God, 1999) | ||
My Father Will Guide Me Up A Rope To The Sky (Young God, 2010) | 6 | |
The Seer (Young God, 2012) | 7 | |
To Be Kind (Young God/Mute, 2014) | ||
The Glowing Man (Young God, 2016) | ||
What Is This? (Young God, 2019) | ||
Leaving Meaning (Young God, 2019) | 7,5 | |
The Beggar (Young God, 2023) | 8,5 |
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