Ammirevole è il fervore che anima quell'entità di nome Michael Gira. Il suo biglietto da visita parla chiaro: la carriera monstre con gli eccellenti Swans e una discografia pregevole a nome The Angels Of Light. Non abbastanza per indurlo a gettare la spugna, anzi. Il penultimo disco, "The Angels of Light Sing Other People", si muoveva verso direzioni differenti, inglobando a supporto gli Akron/Family, cercando di evitare il solito numero di folk swansiano. Di fatto, un disco così così.
E' bastato non perdersi d'animo. Il nuovo "We Are Him" apporta i doverosi correttivi, ripesca certi tagli troppo affrettati e al tempo stesso allarga lo spettro. Ovviamente sciamanico, eppure corale, figlio di viaggi in carovana, i brani che tornano ad allungarsi, pur rifuggendo il fine a sé stesso.
La declamazione di "Not Here, Not Now", scossa da un carosello giostraio e passata a voce femminile e coro, nel finale; la dolente "Sometimes I Dream I'm Hurting You", rinvigorita da scossoni d'organo doorsiano; la pensosa "Joseph's Song", consacrata in fanfara di fiati. Non i brani migliori, ma il simbolo dell'obiettivo degli Angels of Light. Muoversi, rianimarsi, riscoprirsi.
Le poche cadute nella pura maniera (l'epilessi "My Brother's Man", la litania "Promise of Water") sono bilanciate dai numeri più imprevedibili (l'indie-pop "Sunflower's Here to Stay", l'improbabile country impazzito "Good Bye Mary Lou").
Il quadro è quello di un lavoro, seppur non brillante, più consapevole e maturo, e a fuoco negli spostamenti. A elevarlo qualitativamente ci pensano la title track, una clamorosa girandola catchy intrisa di umori gospel, la pianistica e caveiana "The Man We Left Behind" e le due ballate fataliste di chiusura ("The Visitor", "Star Chaser").
A cinquant'anni suonati, e con alle spalle una decina di lavori significativi, Gira è riuscito ancora una volta ad imboccare una strada espressiva consona (e attuale) in cui veicolare la sua forte personalità.
25/09/2007