Il Festival del New Normal, il Festival dei 22 Palchi, 17 nella zona del Forum e 5 nel centro della città, il Festival delle donne che si appropriano della centralità del cartellone totalizzandone oltre il 50 %, il Festival del nuovo che avanza senza trascurare le radici “indie”, un Festival che ormai inizia il lunedì (questa volta con i Deerhunter) e prosegue fino all’alba del lunedì mattina successivo.
Quest’anno line-up paritaria, perché discriminare sul gender oggi non può più essere consentito: il messaggio della “nuova normalità” è transitato in maniera concreta attraverso l’abbattimento delle barriere fra generi (da intendere sia in senso “gender” che nel senso di "generi musicali"), senza pregiudizio alcuno. Al cospetto di radicali innovazioni, la narrazione degli eventi non può procedere in maniera cronologica, come di solito accade, bensì attraverso l’osservazione dei grandi temi caratterizzanti di questa edizione, per comprendere se davvero hanno funzionato.
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The New Normal: potere alle donne?
L’uomo oggi teme di perdere il predominio in campo musicale? Da anni uno degli argomenti principe nel settore delle sette note è la discriminazione delle donne nei cartelloni dei Festival. A Barcellona è stata impressa una svolta epocale. Ma la decisione di affidare oltre il 50% della line-up del Primavera Sound ad artiste di sesso femminile alla fine ha funzionato? Sì, decisamente, visto che già dopo la serata del giovedì non si faceva altro che parlare delle memorabili esibizioni di Fka Twigs (intensissima, alle tre del mattino, un sogno ad occhi aperti) e di Courtney Barnett (incoronata reginetta indie slacker di quest’anno, vera scarica adrenalinica con in scaletta tutte le sue canzoni più riuscite). Fra le migliori in assoluto vanno certamente annoverate non soltanto le attesissime Kate Tempest (pazzesco come riesca a tenere il pubblico in pugno praticamente da sola, declamando un inglese che soltanto i madrelingua e pochi altri eletti sono in grado di comprendere in ogni minima sfumatura), Janelle Monàe (la prossima Beyoncé?), Solange (dicono sia stata perfetta, ma noi abbiamo optato per la sublime Neneh Cherry, purtroppo perfettamente sovrapposta come orario) ed Erykah Badu (quanta classe), ma anche nomi molto meno noti, come le rappresentanti dell’estremo oriente Shoren Knife (staffilate di coloratissimo punk) e Hari Nemuri, che alterna numeri pop zuccherosi a frangenti orrorifici. Il Primavera Sound è il primo Festival al mondo a proporre una line-up così women oriented, e ha vinto a mani basse in un territorio ove nessuno aveva mai osato tanto.
The New Mainstream
"The New Normal" significa anche aprire in maniera forte il Festival indipendente più grande d’Europa ai grandi nomi del circuito mainstream: superstar iper-pop del calibro di Miley Cyrus e J Balvin si sono aggiudicate i palchi importanti, certificando un parziale passaggio di consegne, con trap e reggaeton promossi ufficialmente nella parte alta del cartellone. Il Primavera viene trasmutato così in una passerella che non è più soltanto un’oasi per indie e hipster, che storsero la bocca qualche mese fa, ma oggi un saltino a vedere un quarto d’ora dei nomi "grossi" lo fanno, appagando legittime curiosità. L’obiettivo di allargare la base ha però prodotto il risultato del mancato raggiungimento del sold-out anticipato, di solito agguantato senza problemi, segno che l’inedito mix ha spaesato parte del pubblico tradizionale, del resto attratto dal proliferare di altre piccole e grandi rassegne che ormai si tengono ovunque in giro per il mondo, a qualsiasi latitudine.
Tanto pop, da Robyn a Carly Rae Jepsen, e al contempo una rinnovata grande attenzione alla scena hip-hop, rappresentata dai vari NAS, Pusha T e Danny Brown (cito i più noti), elemento che ha contribuito ad abbassare l’età media dei presenti rispetto alle precedenti edizioni, e a rendere la platea ancor più multirazziale, altro risultato importante portato a casa. Etnicità sottolineata anche dalle prestazioni di Jungle e Daymé Arocena, che hanno contribuito a portare all'interno del Festival i suoni del mondo. L’eterogeneità del cartellone (oltre a quanto finora descritto, c'è un ventaglio di proposte che spazia dal metal scartavetrato dei Carcass alle avanguardie electro promosse nell’area Bits) e di conseguenza del pubblico hanno prodotto risultati contraddittori in termini di affluenza, rendendo questa edizione per alcuni versi interlocutoria, di traghettamento verso obiettivi che restano comunque molto chiari nella testa degli organizzatori. Qualche aspetto resta senz'altro da mettere a fuoco, per evitare di creare un minestrone che rischi di scontentare tutti.
Altre novitàCon molta probabilità mutuato dal Mad Cool, ha fatto la sua comparsa l’immenso prato sintetico nello spazio dei due palchi principali, quest’anno intitolati ai main sponsor Seat e Pull & Bear: si è così finalmente evitato lo spiacevole effetto-safari polveroso, con la possibilità di sedersi o sdraiarsi senza problemi al cospetto degli artisti più quotati. Dal Mad Cool arriva anche l’idea dei bicchieri di plastica riutilizzabili, con le line-up stampate sopra, uno dei tormentoni di quest’anno: si pagano 1 euro, nessuno li abbandona (con risparmi in termini di pulizie), sono belli, si collezionano. Ne sono stati diffusi venti esemplari diversi, uno per ogni edizione, compresa la prossima. Ne riparleremo più avanti.
Ci sono dei palchi nuovi, fra i quali spiccano il Lotus nell’area Bits, al di là del ponte, dove si può ballare techno per ore direttamente sulla spiaggia, e lo Your Heineken Stage, ricostruzione di un pub extra large al chiuso, con un palco però troppo basso per consentire a tutti una visione decente. Sarà il luogo dove (soprattutto) gli inglesi seguiranno la finale di Champions League fra Liverpool e Tottenham Hotspurs il sabato sera.
Poco graditi lo spostamento delle bancarelle di dischi e merchandising, tolte dalla zona dell’ingresso, la scomparsa del corner Rough Trade e la soppressione dell’Hidden Stage. Apprezzati, anche se poco frequentati, i piccoli palchi Ocb Sessions e Seat Village Stage, sul quale ogni mattina alle 3 ci sono stati dei dj-set condotti da veri e propri eroi della scena brit: Jarvis Cocker, Tim Burgess e Richard Colburn.
E il pubblico “tradizionale”?Tutto è sembrato più vivibile, probabilmente conseguenza dell’afflusso apparentemente ridotto: dico apparentemente, perché le cifre rilasciate dall’organizzazione parlano di edizione record in termini di presenze. Eppure è risultato molto più semplice quest’anno raggiungere la transenna o quanto meno le prime file in occasione di concerti molto gettonati, cosa che a noi riesce agilmente - ad esempio - nel caso di Courtney Barnett.
In mezzo a tanto New Normal, le soddisfazioni per il pubblico tradizionale non sono comunque mancate: magnifico il concerto dei Suede, che racchiude uno dei momenti topici di questa edizione, quando Brett Anderson dedica al figlio (presente) “Life Is Golden”, cantata andando a prendersi l’abbraccio dei fan, per non parlare dell’interpretazione strappalacrime di “The 2 Of Us”. Da Stephen Malkmus ai Guided By Voices, dai Built To Spill a Jarvis Cocker, da Liz Phair agli Stiff Little Fingers, dagli immancabili Shellac ai Messthetics, sbocciati da due quarti dei Fugazi, gli anni 90 sono stati degnamente rappresentati: momenti di malinconia assicurati per tutti gli over 40.
Il sabato sera per molti il Festival termina sulle note del travolgente e coloratissimo greatest hits show dei Primal Scream e su quelle che certificano il ritorno sulle scene degli Stereolab, per ballare tutti assieme prima del ritorno alla vita “normale”.
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La performance miglioreTutto dipende dai gusti personali, ma con ogni probabilità il set da ricordare del 2019 è quello dei Low, che oggettivamente confermano di essere di un altro pianeta. Ben oltre le attese si piazzano anche i Beak>, con il loro mix a cavallo fra colonne sonore Carpenter-style e psichedelia. Ottima prestazione per i June Of 44, così come i super ritmici Sons Of Kemet (sul palco con sax, tuba e ben quattro batterie) e i cugini The Comet Is Coming, penalizzati da una situazione troppo piccola. Tutte molto convincenti le rappresentanti del nuovo r&b, FKA Twigs, Janelle Monàe, Solange e le più recenti scoperte Lizzo e Cupcakke, mentre l’idolo di casa Rosalia si conferma lanciatissima verso il ruolo di star anche oltre i confini spagnoli.
Fra le delusioni più cocenti mi sento di dover citare quantomeno i Tame Impala, colpevoli di portare da troppo tempo in giro per il mondo lo stesso show, e i Big Red Machine, schiavi di quel vocoder che nessuno riesce a strappare dalle mani di Bon Iver: nonostante la presenza sul palco di entrambi i gemelli Dessner, il set non decolla. Poi ci sono quelli che non piacciono a molti ma piacciono da morire a tanti, come l’ultra-soporifero James Blake. Affondati nella normalità Mac De Marco, Interpol e Jawbreaker: compitino realizzato senza problemi né colpi di genio. Vanno citati anche i protagonisti della scena elettronica che sono riusciti a essere promossi sui palchi più importanti, fra questi Apparat ha stregato l’Auditori e i Modeselektor hanno trascinato il Ray Ban (che assieme al gemello Primavera resta il palco più bello) fino all’alba della domenica. Nella pattuglia degli italiani sottolineiamo l’applaudita prestazione di Caterina Barbieri in Auditori e ben due set dei Malihini.
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E adesso?
Dopo l’abbuffata musicale che si consuma come fosse un dispositivo medico salvavita, arriva il momento di ritornare verso l’aeroporto. Per chi resta, i giochi proseguono la domenica con Filthy Friends, Christina Rosenvinge e Cupcakke, fino al consueto dj-set di DJ Coco che chiude le danze alle 5 del mattino di lunedì. Ma il Primavera Sound è già proiettato oltre: nella giornata del sabato sono stati comunicati i primi headliner dell’edizione del ventennale, i Pavement. Ed è già febbre, alimentata dal giochino dei bicchieri con le line-up stampate, venti, uno per ogni edizione, compresa la prossima. Riuscire ad averli tutti (quello 2020 è stato distribuito in soli 300 esemplari) assicura al possessore l’abono per l’edizione 2020 che si svolgerà dal 4 al 6 giugno prossimi.
Ancora non termina un’edizione e già si pensa alla successiva: l’unico modo per sconfiggere l’effetto saudade è pensare che un presto ci sarà un altro Primavera, con le sue attese per l'annuncio della line-up e del time table, con i gruppi su Facebook e Whatsapp per scambiarsi foto e impressioni, con gli amici che si incontrano ogni anno, con i quali si consumano una serie di rituali che nessuno intende abbandonare, respirando quell’atmosfera unica, di festa, in riva al Mediterraneo. Annunciate anche nuove sedi nel mondo per il Primavera Sound: oltre alla già decollata versione portoghese, arriveranno presto le filiazioni previste in inverno a Benicassim e nel 2020 a Los Angeles. Ebbene sì, il Primavera sbarcherà anche negli States tentando di esportare il proprio format anche oltre oceano...