Dopo quasi quindici anni sulla scena musicale, pioniere del britpop, Brett Anderson torna per la prima volta da solista. OndaRock ha tentato di fare con il punto della situazione con la star londinese.
Pronto, Magda?
Buon pomeriggio, Brett. Come stai?
Sto molto bene, ti ringrazio. Sai, qui a Londra la giornata è splendida e me la sono goduta tutta facendo un lungo giro in macchina.
Anche a Milano è una bella giornata?
In realtà posso dirti che sono un paio di giorni che non piove: diluvia! Ma erano mesi che non cadeva una goccia d’acqua, quindi ne siamo tutti contenti.
Senti, Brett, questi ultimi anni sono stati molto impegnativi per te: prima lo scioglimento dei Suede, poi i Tears con Bernard Buttler ed ora il tuo disco solista.
...Non penso che siano stati anni particolarmente intensi: questo è semplicemente quello che succede quando incidi dei dischi. Non si tratta proprio di cambiamenti, ma di cercare di fare qualcosa sempre diverso e sempre nel modo migliore.
Ho terminato l’esperienza con i Suede perché non mi sentivo particolarmente ispirato ed era un sentimento di cui avevo bisogno, quindi sono nati i Tears. Poi avevo bisogno di qualcosa di molto personale e ho inciso il disco da solista. Semplicemente.
Del tuo nuovo disco mi sembra di capire che vai molto fiero del primo singolo. "Love Is Dead" è un titolo molto negativo...
Parla della tristezza dell’esistenza, che ti porta a vedere tutto nero e chiederti il perché di qualsiasi cosa accada nel mondo. Ci sono molte cose tristi al mondo e volevo esprimere questa tristezza con una canzone.
Pensi che rappresenti bene il disco?
Sì, penso che lo rappresenti molto bene.
Mi sembra anche di aver capito che l’hai accostata a "Trash" degli Suede, ma trovo le due canzoni così diverse…
In realtà non ho mai accostato "Trash" e "Love Is Dead" musicalmente. In realtà non ho mai accostato "Trash" e "Love Is Dead" affatto.
Quello che avevo detto era che circa ogni decennio si riesce a scrivere una canzone che descrive perfettamente i propri sentimenti nei confronti del mondo e "Trash" è stata l’ultima canzone, prima di "Love Is Dead", che possa dire essere perfetta in questo senso.
Hai anche girato un video-clip per questo singolo.
Per "Love Is Dead", sì. All’inizio non ero molto convinto: l’idea non mi piaceva molto e pensavo non ne venisse fuori nulla di buono, ma è venuto bene.
La tua immagine è cambiata moltissimo: dal sex-symbol androgino all’immagine attuale, molto pacata, che non ha assolutamente nulla di ambiguo. Possiamo considerare questa evoluzione semplicemente come una crescita naturale o ci sono altre ragioni dal significato più profondo?
...Non saprei proprio... Che orribile parola è “crescita”! Preferisco “cambiare” che “crescere”, evolvermi come persona e penso che la musica che faccio abbia molto peso in quello che sono.
Ti spiace se ti pongo qualche domanda sui Suede?
Assolutamente no, prego.
C’è stato un periodo in cui i Suede erano tremendamente popolari. Come vivevi tutto questo successo e com’è cambiato l’approccio con il tuo lavoro da allora?
Penso che nessuno realizzi veramente il successo che ha in un determinato periodo. Realizzi solo dieci anni più tardi che la tua vita è cambiata drasticamente, ma non cambierei assolutamente nulla: sono felice di aver far parte del gruppo, è stato un periodo assolutamente entusiasmante per me, ma non mi sentivo di andare avanti quando non avevo alcun tipo di ispirazione.
Ora sono molto soddisfatto della musica che compongo e del controllo che ho sul mio lavoro. Scrivere per un gruppo e scrivere per se stessi sono due esperienze totalmente differenti.
Negli anni 90 la stampa inglese si divertiva a mettere in competizione gruppi che a volte non c’entravano nulla gli uni con gli altri: Suede, Pulp, Oasis, Blur, Radiohead. Avevi, all’epoca, dei rapporti con questi gruppi?
Assolutamente no, nessun rapporto con nessuno di questi gruppi.
Non ti dava fastidio che tutta la stampa non avesse niente di meglio da fare che inventarsi competizioni un po’ campate in aria?
La stampa inglese ha bisogno di vendere giornali e l’unico modo per vendere giornali è creare dei pettegolezzi e l’unico modo per creare dei pettegolezzi è inventarsi delle storie.
Funziona così, è molto semplice.
Passiamo a parlare dei Tears. Per molti è stata una sorpresa che tu e Bernard Butler ricominciaste a suonare insieme.
Cosa intendi?
Oh be’, le voci che circolavano non vi davano in ottimi rapporti...
Nessuno sa la verità su quali fossero i veri rapporti in cui eravamo io e Bernard. Tutto quello che hai letto sulle riviste erano solo pettegolezzi, tutte storie inventate.
Mi hai dato una risposta splendida, ti ringrazio. E com’è stato tornare a lavorare con lui?
Mi sono divertito a lavorare su quel disco e penso che si sia fatto un buon lavoro.
Possiamo considerare i Tears come un capitolo chiuso o possiamo aspettarci qualcos’altro?
Ancora non lo so... Forse farò un altro disco solista prima, ma ancora non lo so.
Tra qualche giorno sarai in tour.
Sì, ormai ci siamo.
In Italia, però, non ci sono ancora delle date fissate. Il calendario è ancora aperto? Possiamo sperarci?
Mi piacerebbe moltissimo suonare in Italia: mi sono sempre trovato molto bene. Lo spero molto.
Cosa ascolta Brett Anderson in questo periodo?
In realtà non mi piace molto la musica: penso che sia assolutamente sopravvalutata.
L’unica cosa che ascolto in questi giorni è il canto degli uccellini fuori dalla mia finestra.
(27 marzo 2007)