We are becoming cyborgs, so let's at least find some essential truths and inner peace so we can make wise decisions.
(Maxwell Hallett, aka Betamax)
Shabaka Hutchings e il suo sassofono saltellano con invidiabile nonchalance da un progetto all'altro nell'arco di pochi mesi. Se il 2018 recava infatti l'impronta dell'ingombrante “Your Queen Is A Reptile”, acclamata conferma dei Sons Of Kemet, il 2019 ci consegna una cartolina satellitare, virata aesthetic, della Terra vista dalla Cometa, che torna a solcare i cieli della via Lattea con un messaggio al contempo distensivo e inquietante: “Trust In The Lifeforce Of The Deep Mystery”.
Qui, la carnalità dell'esordio “Channel The Spirits” trascende in un misticismo astrale che accosta l'infinità dell'Universo a quella del Sé. Ne è un assaggio l'apertura “Because The End Is Really The Beginning”, in cui la psichedelica solennità dei Tangerine Dream di “Alpha Centauri” viaggia in sintonia con le suggestioni fiatistiche di Pharoah Sanders. Lentamente, sopraggiunge la danza ancestrale afro-dub-beat “Birth Of Creation”, con clarino ottenebrante che ci spedisce in orbita e incandescenti conati sintetici a firma Danalogue.
“Summon The Fire” è una cavalcata siderale sulle sponde di un electro-funk convulso, ritmata da un Betamax in fiamme e troncata dalla furia hip-hop di “Blood Of The Past”: un velenoso spoken word con cui l'ospite Kate Tempest vomita requisitorie che culminano nel finale “Unable to listen, we keep speaking/ Moted by blood, unable to notice ourselves/ Unable to stop and unwilling to learn”. Il tutto su un tappeto di fiati febbrili, piatti indemoniati e tastiere minacciose che rievocano gli episodi più cruenti degli Anguish di Matts Gustafsson e MC Dälek.
“Super Zodiac” è una distesa di synth che si allunga fino a lambire i fasti di “Channel The Spirits”, smossa da pelli hard-funk e da un Hutchings avvolto nelle scintillanti tuniche di Sun Ra, mentre “Astral Flying” e “Timewave Zero” si dividono tra avanguardismi jazz à-la Don Cherry e ammiccamenti a una lounge-music affetta da nevrosi. Un po' kosmische e un po' easy-listening sono invece gli effluvi rilasciati dalle trame celestiali di “Unity”, un attimo prima della celebrazione conclusiva “The Universe Wakes Up”, che è, sì, inebriante epilogo free jazz ma anche - e soprattutto - estatico incipit.
01/04/2019