John Carpenter

Lost Themes

2015 (Sacred Bones)
electronic, horror-soundtrack

“Posso suonare qualunque tipo di tastiera, ma non sono in grado di leggere o scrivere una nota”.
È il 1978. John Carpenter ammette candidamente la sua inattitudine tecnica durante una delle interviste di rito su “Halloween – La notte delle streghe”, pellicola da lui scritta, diretta e sonorizzata che lo consacra a gonfaloniere del cinema slasher, sottogenere indipendente dell'horror.
Quattro anni prima, il fantascientifico “Dark Star” (con indiscussi sentori di “2001: Odissea nello spazio”) segna il suo esordio nel mondo dei lungometraggi, dopo una serie nutrita di corti realizzati tra il 1962 e il 1969. Da “Distretto 13 – Le brigate della morte” (1976) a “Il reparto” (2010), firma col succo di pomodoro intere pagine di storia del cinema dell'orrore a basso costo, tra vette di inimitabile visionarietà distopica (“1997: Fuga da New York”, 1981) e godibilissimi sconfinamenti nel trash (“Vampires”, 1998).

Ma Carpenter non è solo questo: il Nostro è anche un non-musicista che, dopo aver partorito la quasi totalità delle colonne sonore dei suoi film, a 67 anni ritiene sia giunto il momento di pubblicare il suo album d'esordio. A corteggiare il baffuto cineasta di Carthage è la smaliziata Sacred Bones di Brooklyn, già da qualche tempo in amore con il creatore della “Loggia nera” e altre creature bislacche come Pharmakon, Amen Dunes, Factums, Moon Duo e Pop. 1280
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, “Lost Themes” non è affatto un accrocco di vetuste incisioni impolverate che tornano inspiegabilmente in vita come zombie dalle bocche fumanti. Si tratta di nove tracce fresche di composizione via Logic Pro (tanto per rimanere in tema di low budget) che il regista ha sapientemente plasmato grazie anche all'aiuto di suo figlio Cody, e che potrebbero fare da colonna sonora a un film mai - o non ancora - realizzato.

I titoli di testa sono affidati alla dance lugubre e martoriata di “Vortex”, intramezzata da un riff di piano che rivendica minaccioso la propria genitura. L'intro à-la Goblin di “Obsidian”, invece, svela scenari apocalittici descritti da organo e chitarra elettrica, avviluppati dalle fiamme di un incubo in salsa post-progressiva. Gli intrecci ambient e downtempo della prima sezione di “Fallen” rimandano alle cupe dimensioni oniriche degli Air di “The Virgin Suicide”, salvo poi evolversi in un crescendo di tensione liquida, strutturata su trame smaccatamente rock.
Il sincretismo stilistico di cui “Lost Themes” è pregno non impedisce certo all'anima barbaramente epica del papà di Michael Myers di venir fuori: ecco allora accontentati i fan delle sonorità più becere di Carpenter (a dire il vero, quasi tutti) con “Domain”, un lungo e truculento piano sequenza in cui dei Daft Punk incarogniti si divertono a torturare i redivivi Emerson, Lake & Palmer degli anni 90.

Si torna ad atmosfere di impronta simonettiana in “Mystery”, mentre il cromosoma sci-fi che alberga nell'estro di John riesce a imporsi nei flussi sintetici di “Abyss”. Sul finire, echi kraut dei Tangerine Dream più spaziali pervadono il sonno tormentato di “Wraith”, rimbombano nella dark-ambient di “Purgatory” e soffocano con dolcezza lo spleen techno di “Night”.
Il Maestro ha ancora molto da insegnare ai suoi inconsapevoli e acclamati cloni sparsi in giro per il mondo… Titoli di coda.

10/02/2015