Un giorno scoprii un piacere nuovo e, proprio mentre lo sperimentavo, un angelo e un diavolo si incontrarono alla mia porta e subito si diedero battaglia; l’uno asserendo che il mio piacere di nuovo conio era un vizio e l’altro una virtù… e ancora combattono".
(Seneca)
Chissà se Justin Vernon ha letto mai questa frase del filosofo, drammaturgo e politico romano. Certo è che lo spirito pioneristico del musicista americano non potrebbe essere riassunto in maniera più lucida. Quanti vizi e quante virtù ha condiviso
Justin Vernon, spinto da un’insana voglia di sperimentare e giocare con l’altrui saggezza:
Gayngs,
Volcano Choir,
Kanye West,
St Vincent, DeYarmond Edison,
Anaïs Mitchell, Jason Feathers, eccetera, anche se è il personale marchio
Bon Iver quello che ne identifica al meglio la complessità artistica.
Correva l’anno 2009 quando Vernon, insieme ad Aaron Dessner dei
National, abbracciò la causa della lotta all’Aids, registrando un brano scritto a quattro mani dal titolo “Big Red Machine”, oggi denominazione dietro la quale si ripropongono al pubblico per un progetto ricco di sfaccettature
art-rock.
In questa nuova arca dell’alleanza ci sono molte anime coinvolte: tra gli altri
Lisa Hannigan, Jan St Werner dei
Mouse On Mars,
Phoebe Bridgers,
This Is the Kit, membri degli
Arcade Fire e degli
Staves: c’è infatti del sacro e del profano in questo traboccante insieme di spunti dallo spirito ecumenico e pragmatico.
E’ senza dubbio la scoperta delle infinite possibilità che offre l’elettronica il punto di partenza per “Big Red Machine”; d’altronde sia
Dessner che Vernon negli ultimi tempi hanno venduto l’anima alla contaminazione, fantasticando con
loop, suoni campionati e sintetizzatori portatili. Il
soundscape creato dal chitarrista e tastierista dei National è una materia organica malleabile, prestigiosa ma mai ostica, perfetta per accogliere evoluzioni liriche e vocali fortemente ispirate, ma soprattutto per rendere vivide le molteplici sfumature offerte dai vari ospiti del progetto.
Difficile infatti immaginare l’energica epicità di “Gratitude” senza la voce di Richard Reed Parry degli
Arcade Fire, o l’angelica ballata di "Hymnostic" senza le due sorelle Staveley-Taylor (
Staves) e Lisa Hannigan, ed è altresì stimolante scoprire in Dessner una vena soul-funky alterata da poliritmia e
afro-beat nella eccellente “Lyla”.
L’unico rischio per i due musicisti era quello di restare schiacciati dall’enorme mole di idee, ma già dalle note dell’introduttiva “Deep Green” s’intuisce quale sia la cifra stilistica di questo imprevedibile
art-rock targato Vernon-Dessner: tastiere e
glitch interagiscono con gli strumenti tradizionali creando un’atmosfera imponente ma dalla struttura armonica essenziale e ipnotica, la stessa che anima l’ancor più crepuscolare e spirituale “People Lullaby”: una ballata pianistica accarezzata da un tenue arrangiamento orchestrale.
Ed è strano e ammaliante il tragitto creativo che all’interno dell’album vede avvicendarsi le leggerezze elettroniche di “Air Stryp”, le ambiziose sinergie tra
drum machine e violini di “OMDB”, e quel piccolo capolavoro di cantautorato, strappato dalle grinfie delle tenebre e portato alla luce con una leggerezza disarmante, intitolato “I Won't Run From It”.
Ed è proprio in questa capacità di incorporare infinite varianti all’interno di una struttura solida che va cercata la chiave di lettura di un album, che a prima vista appare come un vezzoso ed estemporaneo progetto di due personalità annoiate dalla routine, e che invece si rivela il miglior antidoto alla lieve alterigia delle loro più recenti esternazioni.
Senza dubbio Vernon e Dessner non potevano trovare un modo migliore per inaugurare il progetto People: un collettivo di musicisti che attraverso un portale
online e una serie di eventi
live, mira a creare una sinergia tra anime diverse. Infatti le canzoni di “Big Red Machine” sono il frutto di uno scambio di idee, tra ben 40 musicisti e amici, che ha avuto luogo su una pagina dropbox dove erano state condivise le canzoni.
Forse la musica sta trovando nel web e nella tecnologia la chiave di volta per una nuova stagione creativa? L’inizio è molto rassicurante.
10/09/2018