Carcass

Surgical Steel

2013 (Nuclear Blast)
death metal

Un filo spezzato e poi ripreso. Un'altra epoca, forse un altro mondo, la stessa visione della realtà. I Carcass sono tornati da un amaro oblio durato ben diciassette anni, sancito da un coma improvviso e immeritato, un’evanescenza temporale qui e ora infranta dall’orgoglio, dalla passione, dalla consapevolezza di sé. Tornare indietro per vivere in avanti. Ancora una volta.

Le reazioni che tale reincarnazione può suscitare sono molteplici, grossolanamente riducibili a due differenti moti d’animo: la partecipazione acritica all’evento calato dall’alto e lo snobismo artefatto che rifiuta a priori di occuparsene. La terza opzione, quella che ci interessa, riguarda una visione più lucida e semplice: l’unico dato che incida è che i nostri siano tornati a lasciare un’impronta, seppur minima, all’interno di uno scenario estremo boccheggiante, zeppo di gregari taglialegna e povero di fuoriclasse di pregio. E, soprattutto, quale sia questa impronta.

Si ricomincia. Non da “Swansong”, appunto il canto del cigno che stroncò sul nascere le velleità settantiane di Bill Steer (e della major Columbia) e, con esse, la storia stessa del gruppo. Ma dalla fase precedente, quando in quel di Liverpool qualcuno già nel 1994 perfezionò, con il monumentale “Heartwork”, l’alchimia melo-death che di lì a breve avrebbe contagiato per anni l’intero underground.
La formazione comprende i redivivi Jeff Walker e Bill Steer, coadiuvati dal carneade Ben Ash e da Daniel Wilding (già con Heaven Shall Burn e Aborted) nel ruolo che fu dello sventurato Ken Owen. E se Walker sembra lo stesso di sempre, la presenza impalpabile di Michael Amott si staglia sulla chitarra di Steer, memore della lezione dell’axeman svedese ai tempi d’oro della band britannica, fondendo potenza, melodia e tecnica in pari misura. Una prestazione maiuscola, dispensando sequenze di riff chirurgici e ariosi che ne rimarcano la classe cristallina e che fanno davvero la differenza rispetto alla media, dando pieno valore a vocaboli quali “classico” e “archetipo”.

L’avvio è innescato da un’intro (“1985”, la fondazione) dal gusto ovviamente classic metal, 1:15 per riprendersi ciò che era e non è più stato. Una dichiarazione di intenti a marchiare il presente in nome di un passato pesante, in tutti i sensi. Incrollabili inflessioni maideniane pervadono ogni composizione, tutto pare un compendio di assolo heavy metal ottantiani, cambi di tempo repentini, cavalcate vorticose addolcite da frangenti armoniosi, come nelle graffianti “The Master Butcher's Apron” e “Captive Bolt Pistol”, testimonianze tangibili del livello attuale toccato.

Andy Sneap è una garanzia, ma la produzione troppo patinata e ordinata non lancia come dovrebbe le canzoni, che avrebbero giovato maggiormente di un suono scuro e ruvido. Per semplificare: alla Colin Richardson.
Va precisato che nessun pezzo raggiunge le vette – ormai inarrivabili – di “This Mortal Coil” o “No Love Lost”, né svetta sugli altri in forma risoluta. Mentre i titoli imbevuti del solito delirio patologico-medicale che li ha resi unici (“Cadaver Pouch Conveyor System”, “A Congealed Clot Of Blood”, “The Granulating Dark Satanic Mills”) denotano quello che, con ogni probabilità, è il limite principale dell’opera: la propria natura autoreferenziale, i tanti, forse troppi, riferimenti ai bei tempi andati (in questo caso a “Necroticism – Descanting The Insalubrious”). Nonostante questa netta aderenza ai propri trascorsi, il difetto è perdonabile, in quanto i Carcass sono annoverabili tra i pochi autori – dotati di fosforo e stile in abbondanza – a potersi permettere una replica simile senza il rischio di passare per manieristi d’accatto o imitatori senz’anima.

“Surgical Steel” si potrebbe definire come un auto-tributo disincantato alla propria fondamentale esistenza, generato dalla voglia sincera di dimostrare ancora chi essi siano nell’anno 2013, senza esitazioni, senza spocchia, senza timore dei giudizi esterni. Un disco guidato dal mestiere che permette di mantenere, pur lungo un binario già battuto, come ribadito, un’armonia e un buon gusto innegabili.
Esattamente il tipo di platter – solido, qualitativo, prevedibile ma non banale, onesto, efficacemente costruito, in definitiva valido e realmente significativo – che avrebbero potuto pubblicare ora senza cadere in fallo, travolti dall’ingombro che un nome come il loro comporta. A prescindere dall’inevitabile fardello di ricordi, sensazioni, eventi, e al netto di ogni rischio apologetico, lo apprezziamo proprio per queste evidenti ragioni.
Bentornati, maestri.

09/09/2013

Tracklist

  1. 1985
  2. Thrasher's Abattoir
  3. Cadaver Pouch Conveyor System
  4. A Congealed Clot Of Blood
  5. The Master Butcher's Apron
  6. Noncompliance To ASTM F899-12 Standard
  7. The Granulating Dark Satanic Mills
  8. Unfit For Human Consumption
  9. 316L Grade Surgical Steel
  10. Captive Bolt Pistol
  11. Mount Of Execution

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