Caroline Polachek

Desire, I Want To Turn Into You

2023 (Perpetual Novice)
art-pop, elettronica

Disporre di personalità e curiosità in abbondanza può essere un'arma a doppio taglio. Se da un lato riesci a riempire la stanza col tuo solo esserci, dall'altro riuscire a tenere alta la concentrazione può risultare più difficile del previsto: volare da un fiore a un altro è un attimo. Non che Caroline Polachek sia stata così salterella in passato, in fondo la sua abilità di compositrice pop era già chiara nei Chairlift e con "Pang" ha saputo mostrare una discreta solidità espressiva. Riuscire però a conciliare le mire da popstar sofisticata con un passato da interprete barocca, le frequentazioni hyperpop e astrazioni pastorali da Arcadia contemporanea è tutta un'altra questione. È quindi a suo modo quasi un paradosso che tutte queste anime non soltanto non vengano attenuate, ma nel loro operare in aperta conflittualità finiscano con l'aver elaborato il progetto più compiuto dell'artista newyorkese. Esplosivo concept-album sul desiderio e la sua violenta capacità di evasione, "Desire, I Want To Turn Into You" è un disco dal baricentro in costante movimento, opera pop che onora la sua natura irregolare e vagabonda, inseguendo brano dopo brano la forza dell'istinto. Tra i mille modi di annullarsi dietro a un sogno, i miraggi qui presentati sono tra i più convincenti.

 

Con sguardo rapito, con la stessa brama immortalata sin dalla copertina, Polachek affronta il concept con le più disparate prospettive, focalizzandosi volta per volta su un aspetto determinante. Ne consegue una produzione immaginifica (gestita salvo rare eccezioni assieme al solo Danny L Harle), legata a scelte di arrangiamento che spesso sposano acustico ed elettronico con tutta la disinvoltura dei migliori interpreti folktronici.
Con un acuto che rompe qualsiasi indugio, "Welcome To My Island" alza il sipario sull'intera avventura, freestyle altezza Exposé/Miami Sound Machine che si inarca sui profondi saliscendi vocali della musicista, ripensandone le strutture sintetiche tra accorti contributi in fascia pc-music e curiosi inserti rap.
Colta nella ferma volontà di cavalcare il desiderio, Polachek vuole tramutarsi in esso, evadere dalla corporeità e dal senso di necessità che questo necessariamente comporta. Lo è a tal punto che pure la consapevolezza di rimanere schiacciata, di risultare inadeguata a farne parte, non la frena dall'intento. In un omaggio ai Frou Frou e alla loro persistente influenza in materia di electropop e dintorni, "Pretty In Possible" ne delinea le eleganti strutture downtempo/indietroniche in un viaggio tra pad orchestrali e ripartenze bristoliane, appena venate di richiami electro.

L'influenza della creatura di Heap e Sigsworth non finisce qui: certo non fa capolino nei ben più sparsi fraseggi arty di "Bunny Is A Rider" (tutto un gorgogliare di bassi r&b e zompettanti strutture tropicali) o nel passo flamencato di "Sunset", il più martellante giro melodico di inizio anno. Basta però procedere oltre, imbattersi nelle sottili strie garage di "I Believe", dedicata alla compianta SOPHIE, o precipitare nel gorgo simil-trance di "Fly To You" (dove si fa accompagnare dalle voci di Grimes e Dido, fin troppo dimesse nel complesso), così lucido ed etereo da apparire fatto di vetro, per riconoscere l'impronta di un duo che ha individuato un approccio sincretico alla materia pop.
Non che Polachek non ci metta del suo, d'altronde ha tutta la cognizione del caso per evitare banali didascalismi. Si prenda "Blood And Butter", la perfetta rappresentazione di un innamoramento senza riserve, electro notturna e selvatica, capace di stravolgersi in un secondo e intercettare un abbrivio di cornamusa tra la Kate Bush di "The Sensual World" e la Milla Jovovich di "The Divine Comedy". Che dire poi di una romanza sull'immortalità, ispirata al classico di Natalie Babbitt, capace di farsi confessione ambient-pop appena tirata a lucido da distorsioni elettroacustiche?

Elusiva eppure sempre presente, capace di farsi fumo e riacquisire di colpo la sua corporeità, Caroline Polachek è materia in perenne flusso, il tormento di una volontà che si tramuta in profonda inquietudine, in una mancanza mai pienamente soddisfatta. A chiusura di un disco finemente oliato, "Billions" riassume le varie facce del desiderio rifuggendo una facile chiarificazione, integrando piuttosto immagini a ruota libera con il sentimento di una vicinanza che si fa euforica, trepidante. Piena del mistero dell'incertezza, facendo bella mostra di un'estensione vocale che esplora anche i suoi lati più cupi, la canzone è la sintesi più compiuta di uno stile che sa incastrare le più disparate suggestioni (madrigale barocco, spoken word e coralità infantile, gli influssi new age della tabla e i bizzarri spunti glitch soprastanti) in un insieme mai lineare, eppure sempre appetitoso, capace di non saziare mai le aspettative. Sicuri di voler diventare tutt'uno col desiderio?

21/02/2023

Tracklist

  1. Welcome To My Island
  2. Pretty In Possible
  3. Bunny Is A Rider
  4. Sunset
  5. Crude Drawing Of An Angel
  6. I Believe
  7. Fly To You (ft. Grimes and Dido)
  8. Blood And Butter
  9. Hopedrunk Everasking
  10. Butterfly Net
  11. Smoke
  12. Billions






Caroline Polachek sul web