Dopo cinque anni di riflessioni e di collaborazioni (Sufjan Stevens, John Legend, Big Thief) per Hannah Cohen è giunto il momento di capitalizzare una nuova visione sonora che abbraccia a 360 gradi un urban-folk diretto discendente delle alchimie dei Fleetwood Mac (era “Tusk”) e una sensibilità naif che rievoca i primi vagiti psych-folk. Il titolo dell’album è fortemente allegorico: gli earthstar sono funghi che crescono in alcune zone dell’America inclusa la zona dei monti Catskill, luogo dove Hannah e Sam hanno trasformato un fienile in studio di registrazione, immerso in una realtà contemplativa e rilassante dove i due musicisti vivono in una dimensione che ha molte affinità con le vecchie comunità hippy.
“Earthstar Mountain” è un disco che dialoga continuamente con le possibilità offerte dalla malleabilità pop. L’equipe di musicisti a supporto è quanto di meglio si possa immaginare per un’escursione sognante e soave nei meandri della musica folk-pop: Sufjan Stevens, Clairo, Liam Kazar, Oliver Hill (maestro d’armi per le orchestrazioni di dischi dei Dirty Projectors e Pavo Pavo), Sima Cunningham (Ohmme) e Sean Mullins (percussionista già alla corte di Will Stratton e Kate Bollinger).
L’accattivante ed estroversa “Draggin’” è il primo manifesto di questa dolce rivoluzione, dove l’estetica ingegnosa di Sam Evian (musicista e compagno di Hannah Cohen) e le raffinate e voluttuose citazioni sixties intercettano un funky sbilenco e svogliato, per una canzone dilettevole come poche, “Draggin”, centro emotivo di un'opera dalle mille sfaccettature.
Folk, country, dream-pop e la psichedelia dei primi anni 70 restano fondamentali nella stesura degli arrangiamenti; le composizioni brillano di luce propria grazie a una serie di intuizioni vincenti, che vanno dall’elegante citazione dei Fleetwood Mac in “Mountain” all’etereo dialogo tra archi e flauti di “Dusty”, fino all’atipico valzer dell’ultima traccia “Dog Years”, dove gorgheggi, note strappate e archi in modalità Ennio Morricone creano un insolito e brumoso mood.
“Earthstar Mountain” è un album raggiante e grazioso anche quando si adagia in lande malinconiche (“Rag”, “Earthstar”), è carezzevole come la brezza d’estate (l’ennesima citazione di Morricone di “Una spiaggia” e l’assolata “Summer Sweat”), ma è soprattutto onesto, autentico e affascinante come un vecchio libro o disco conservato con cura nel cassetto della memoria.
25/04/2025