Affascinante e impossibile, disorientato e alieno, Richard Hell è il primo (e il migliore!) nome tra i miti del punk rock. I suoi tratti introspettivi nelle band che ha fondato, alcuni dei gruppi più significativi sulla scena di New York City, così come al Cbgb, quel magico locale sulla Bowery, sono impregnati di poesia, amore, sesso. Il romanticismo insito nell’andare via, fuggire verso il mistero di quella distanza ascoltata tra i solchi chiassosi di un disco sporco. E ogni volta è sempre così, un prendere o lasciare
(Thurston Moore)
Capitolo uno: Fuggire, lontano
Lexington, una città degli Stati Uniti d’America, unico e solo comune della Contea di Fayette, nello stato del Kentucky. Si estende per oltre 700 chilometri quadrati a un’altitudine di circa 300 metri sopra il livello del mare. È stata fondata nel 1775 come stazione lungo la frontiera, nulla di più affascinante per un bambino dai corti capelli scuri che macina puntate della sua serie televisiva preferita, “Hopalong Cassidy”. Con il suo cappello sgualcito da cowboy, il piccolo Richard Lester sta per iniziare le scuole elementari alla Maxwell, ma i suoi primi sogni sono diversi. Il viaggio, la frontiera, scappare via. I suoi genitori sono arrivati a Lexington nel 1948, dopo essersi conosciuti alla Columbia University perché entrambi studiosi e appassionati di psicologia. Ernest Meyers ha da poco trovato lavoro all’Università del Kentucky, conosciuta principalmente per la sua squadra di basket, i Wildcats. Quando viene alla luce il piccolo Richard Lester Meyers, mamma Carolyn decide di sospendere la sua carriera universitaria per dedicarsi alla famiglia, che circa un anno e mezzo dopo vede arrivare anche una femmina, Babette. Mentre il ramo materno è di origini metodiste, quello di Ernest è di religione ebraica. Radici subito confuse per il giovanissimo Richard, che non passa molto tempo con la famiglia, piuttosto con la sua serie western preferita che lo fa sognare ad occhi aperti. Fuggire, il più lontano possibile.
A sei anni, il piccolissimo Richard Meyers non ha molto da fare a Lexington. A volte ci sono lunghe maratone di cartoni animati al cinema locale, sicuramente meglio che passare il tempo con il padre Ernest impegnato a studiare il comportamento psicologico degli animali. A volte si va tutti a Joyland, dove si fanno le montagne russe o quel gioco dove bisogna colpire forte un roditore che esce dalla tana. Nell’inverno del 1956 la famiglia Meyers si trasferisce nel quartiere periferico di Gardenside, in una di quelle case che potrebbero essere disegnate da un bambino della stessa età di Richard. Lontano dal centro di Lexington, il piccolo è più solo, sperduto nei sobborghi insieme al suo unico amico Roy, continuando a fantasticare: scappare via, lontano. Ecco perché solo il cinema e la tv possono dare quel sollievo, dai western di John Ford a “Flash Gordon”.
Poi arriva la prima fuga, meglio il primo tentativo. Richard ha otto anni nel 1957 quando tenta di raggiungere i suoi migliori amici a mezzanotte, verso una caverna nei sobborghi di Gardenside. Il padre lo scopre, ma decide di accompagnarlo con la macchina, alla ricerca degli amici che non ci sono, o forse sono già andati via. Senza nemmeno saperlo, Richard vive uno degli ultimi momenti insieme al padre, che in estate muore improvvisamente nel sonno, d’infarto. Senza nemmeno un funerale, Ernest sparisce di scena, lasciando Richard nel prosieguo della sua infanzia, mentre diventa sempre più allergico al sistema scolastico.
Fino ai dieci, undici anni, il ragazzino coi capelli neri prende voti sempre più brutti, non riesce a dormire per l’ansia degli esami, così decide di fare una promessa al se stesso adulto: non sarà mai schiavo delle regole, non vivrà secondo i dettami di un mondo che non gli appartiene, che categorizza le persone in base a un voto.
I primi anni passano insolitamente veloci. All’alba dei quindici, nel 1964, arrivano le prime esperienze sessuali, le prime sospensioni a scuola per esperimenti troppo arditi nel laboratorio di chimica. Nonostante il caldo temperamento, il giovane Richard ottiene dal nulla una borsa di studio presso la scuola privata locale Sayre, frequentata principalmente da giovani ricchi. Ci mette poco a mettersi nuovamente nei guai, prendendo a prestito macchine altrui per fuggire via, braccato dalla polizia. Viene temporaneamente espulso dalla Sayre, obbligato dalla madre a dipingere la staccionata di casa. Unica e sola concessione, poter ascoltare nel frattempo i soli tre dischi in suo possesso, Rolling Stones, Bob Dylan e The Kinks. Nel 1965, mentre ascolta ossessivamente “Bringing It All Back Home”, Richard Meyers riflette sul fatto che non ha alcuna intenzione di imparare a suonare uno strumento, ma che quella musica è carica di speranza, poesia, furia.
È il 1965. Carolyn, dopo aver abbandonato gli studi per crescere la famiglia, riprende e completa il suo PhD. Trova subito un lavoro, per insegnare letteratura americana all’Old Dominion, un college statale a Norfolk, Virginia. Richard prepara le sue cose ed è costretto a trasferirsi nel quartiere residenziale di Larchmont. La public high school non è una opzione, così viene iscritto alla Sanford Preparatory School, dove gli accessi sono segregati in base al sesso e si portano le uniformi. I voti in matematica e lingue sono sempre bassi, tra battute, intemperanze e fuge illecite. Al dormitorio della Sanford c’è chi ascolta il nuovo disco dei Rolling Stones, “Aftermath”, uscito negli States il 1° luglio. La ventata psichedelica che soffia dal Regno Unito è feroce, così come le prime sperimentazioni con le droghe allucinogene. Dopo l’ennesima sospensione, Richard ha ormai deciso: la scuola non è più interessante, non è la strada giusta. Arrivato a diciassette anni, ha come suo nuovo miglior amico Tom Miller, iscritto anche lui alla Sanford ma soprattutto un compagno di vedute sulla realtà: anti-convenzionale, ironico, amante della musica e delle parole scritte. Tom è finalmente la persona giusta con cui mettere in pratica il grande sogno: fuggire, lontano, facendo l’autostop se servirà. Verso sud, come i grandi poeti beat.
Capitolo due: Sulla strada
I due nuovi amici partono per la Florida, attratti dal caldo, dalla frutta esotica e dalle ragazze abbronzate. Saranno visti come i grandi scrittori della Beat Generation, affascinanti perché finalmente liberi dalle vecchie identità, dalle relazioni, dal passato. Si fermano a Lexington, ospitati dagli amici, alla ricerca di cibo. Proseguono fino ai confini dell’Alabama, dove vengono catturati dalla polizia dopo aver causato un incendio accidentale. Sono “ricercati” dai propri genitori, così il viaggio si interrompe, in cella. Quando tornano a casa, la Sanford non perdona più: Richard e Tom vengono espulsi definitivamente. Mentre l’amico decide di continuare gli studi in una scuola pubblica, Richard non può proprio tornare indietro, non ora. Vuole trasferirsi a New York City, ma la madre è contraria, perché non ha nemmeno compiuto diciotto anni. Minaccia di chiamare la polizia in caso di nuova fuga, così il ragazzo sceglie la via diplomatica, proponendo un accordo. Troverà un lavoro dopo la scuola, per guadagnare i soldi necessari ad auto-sostenersi. Alla metà del 1966 inizia la sua personale raccolta fondi in una edicola specializzata in riviste pornografiche. Mentre studia (male) e lavora (tanto), Richard si appassiona agli scritti di Dylan Thomas e del poeta e medico statunitense William Carlos Williams.
Natale 1966. I soldi ci sono, si può partire, finalmente. Richard sale su un bus diretto a New York City, la prima grande fuga. Arrivato nella Grande Mela, divide con alcuni suoi amici della Sanford una camera d’albergo vicino Washington Square Park, fumando erba e bevendo birra chiara. Poi gli amici se ne vanno, il ragazzo resta solo, nemmeno maggiorenne. Si rimbocca le maniche e trova un lavoro come magazziniere da Macy’s, facendo amicizia con un collega portoricano che lo invita a dividersi l’affitto del suo piccolo appartamento sulla quattordicesima. Il suo nuovo compagno di letto beve tanto, la vita insieme non è sostenibile. Quando riesce a mettere da parte abbastanza denaro, si sposta in un nuovo appartamento, finché non riesce più a pagare l’affitto. Ogni volta così, come un ciclo infinito: un lavoro temporaneo, un nuovo appartamento, un nuovo licenziamento e poi un nuovo sfratto. Venditore di riviste porta a porta; addetto scaffali alla New York Public Library; scaricatore di frutta e verdura. Il suo schema è geniale. Farsi assumere e lavorare sodo per qualche settimana, forse un mese, dimostrando di essere una valida risorsa. Poi lamentare problemi di natura personale e tirare la corda fino almeno a cinque mesi, condizione fondamentale per ricevere l’assegno di disoccupazione.
Richard non è arrivato a New York per lavorare, ma per sostenere le sue velleità di poeta e scrittore sulla scia di Dylan Thomas. Si iscrive a un workshop notturno di poesia alla New School, tenuto da uno sconosciuto poeta filippino. Uno degli studenti del corso, David Giannini, attira la sua attenzione per la sua ossessione verso la poesia. I due fanno amicizia e danno alle stampe sei numeri della rivista amatoriale Genesis: Grasp, editata con una macchina Ibm ma più simile a una rivista liceale che a una vera e propria collezione di poesie mature. Un primo fugace momento di gloria arriva poco dopo, quando Richard invia alcuni suoi scritti a James Laughlin, editore della New Directions Books, cresciuta dagli anni 30 e fiera distributrice di autori come lo stesso Dylan Thomas, Nabokov, Rimbaud. A Laughlin piace la roba di Richard, così decide di pubblicare alcune sue poesie nella raccolta Annuals. C’è margine, il ragazzo ha talento evidentemente.
Primavera 1967. Alla fine di marzo, migliaia di ragazzi si riuniscono a Central Park per il primo raduno “Human Be-In” che celebra la filosofia hippie tra pace, amore e sigarette di marijuana. Siamo alle porte dell’arcinota Summer of Love, qualche mese prima dell’uscita negli States del capolavoro psichedelico dei Beatles. Richard non si lascia impressionare, a parte uno dei suoi riusciti tentativi di rimorchiare belle ragazze. Il centro dei suoi interessi è il nuovo lavoro alla Gotham Book Mart, libreria aperta fin dagli anni 20. L’anziana proprietaria ha da poco deciso di vendere tutto, affidandogli il delicato e delizioso compito di selezionare vecchie riviste di poesia. Il nuovo proprietario della Gotham gli suggerisce un giorno di provare a trasferirsi a Santa Fe, nel Nuovo Messico, per far decollare la rivista Genesis insieme a David Giannini. Richard pensa: perché no? Così si trasferisce per qualche mese, lasciando l’amata New York. L’esperimento dura pochissimo, la rivista non attira le attenzioni, ma soprattutto la vita a Santa Fe è decisamente deprimente. Torna nel giro di qualche mese, in autostop fino al cuore della East Coast, il suo posto nel mondo che non lascerà mai più.
Capitolo tre: Tom e io
È il 1968. Raggiunta la maturità anagrafica, la prospettiva di Richard non sembra cambiare. I lavori si susseguono senza alcuna stabilità d’impiego, ora impacchetta libri alla libreria Strand Book Store. Il sesso è sempre occasionale, la rivista Genesis non decolla. Infuriano però i venti della guerra a stelle e strisce nel Vietnam: il ragazzo viene convocato per l’arruolamento nel Selective Service. Richard si presenta ai test scritti, annoiato a morte dalla banalità delle domande. Così, senza pensare troppo, si alza dalla sedia ed esce dalla stanza, fermato subito da un militare che gli chiede se ha bisogno di uno psichiatra. Per l’esercito non c’è alternativa per una persona che ha appena dichiarato di essere annoiato dalla stupidità di certe domande.
In una vita parallela, il vecchio amico Thomas Miller è riuscito a completare gli studi liceali a Wilmington, passando a quelli universitari in North Carolina. Richard e Tom sono rimasti in contatto dopo il trasferimento a New York, scrivendosi sporadicamente lettere di aggiornamento. Il ricongiungimento avviene alla fine del 1968, quando Thomas lascia il suo ateneo per una nuova vita nell’East Village. I due tornano a essere inseparabili, dividono diversi appartamenti e – quando non sono in dolce compagnia – passano il tempo a leggere, girare per la città e ubriacarsi nei bar di tendenza, tra cui quello del Max’s Kansas City o del St. Adrian. Durante una delle scorribande alcoliche, Richard conosce Patty, ragazza di origini polacche e musa dell’artista pop Claes Oldenburg. Patty è una bella donna bionda di trentasette anni, in rotta con il marito da diverso tempo. Una donna della working class di Milwaukee, che ha però tantissime conoscenze nel panorama artistico newyorkese, da De Kooning a Rauschenberg. La storia con Richard è intensa, dura un anno e mezzo circa.
All’alba del 1969, nulla nella vita di Richard Meyers sembra stabile. Dalla vita con Patty a quella con Anni, assistente dello scultore Marisol. Trasferitisi nei pressi di Little Italy, i due si danno al consumo frequente di droghe, dalla semplice marijuana ai funghetti allucinogeni. Tra una scopata e un bad trip, Richard si interessa alla politica nazionale, all’assurda guerra in Vietnam e alla gestione del presidente Nixon. Non si concede però all’attivismo, preso dalla prossima uscita degli ultimi due numeri della rivista Genesis, a cui lavora nel nuovo appartamento in Elizabeth Street dove si è rintanato dopo l’ennesima rottura sentimentale.
L’amico della vita, Tom Miller, sta lavorando in un forno nel West Village. Il loro tempo è intriso di pizza scadente, alcolici, droghe e soprattutto libri di poesia. Mentre i mesi corrono verso l’inizio del nuovo decennio, Richard capisce che il percorso della rivista Genesis è ormai compiuto. Sta pensando alla prossima avventura, un’altra rivista chiamata The Philosophical Review, ma un’onda altissima sta per travolgerlo. Un’onda fatta di suono e sudore sugli strumenti musicali.
È il 1971. Tom si trasferisce in un nuovo appartamento nell’East Village, di fatto una seconda casa per Richard. Iniziano i preparativi per un nuovo libro di poesie, “Wanna Go Out?”, ma soprattutto vengono scritte le prime canzoni. In una libreria specializzata in cinema, Cinemabilia, il lavoro saltuario è destinato a sparire, la musica li attende. Mentre Tom lavora ai primi brani con la sua Gibson acustica, Richard passa nottate intere a lavorare alla sua nuova raccolta, che racconta la vita immaginaria di un travestito di padre ebreo e madre portoricana, Theresa Stern. Nato a Hoboken, New Jersey, Theresa vive con i volti di Tom e Richard poco sapientemente truccati, finendo in una serie di pamphlet che lo stesso Meyers pubblicherà due anni dopo con il titolo “Dot Books”.
Capitolo quattro: Ragazzi Neon
Mentre continua le sue scorribande poetiche – l’ultimo centro di gravità è la Telegraph Books fondata da Andrew Wylie – Richard Meyers si avvicina sempre di più alla musica. Nel 1971 sente per la prima volta un nome, Patti Smith, che ha scritto un insieme di testi con il titolo di “Merde”, molto accattivante. Accompagnata dal suo chitarrista Lenny Kaye, Patti si concede al pubblico newyorkese con una intensità lirica fuori dal comune, ovviamente abbinata a una ferocia sessuale nel suo rock’n’roll d’autore. Il primo tassello del mosaico che si incastra nella mente di Richard e Tom: si può fare musica partendo da testi impegnati. Il secondo è invece portato dal fragore delle chitarre delle New York Dolls, assimilati live a un paio di concerti al Mercer Arts Center. La scena musicale della Grande Mela sta cambiando radicalmente all’inizio dei Seventies e Richard ne vuole fare parte. Unico problema, non sa assolutamente come suonare alcuno strumento tipico del rock, così Tom gli suggerisce di provare con il basso, perché molto più semplice da usare nel tipo di musica che ha in mente.
Dopo aver scelto il suo nome d’arte, un omaggio al poeta francese Paul Verlaine, Tom ha iniziato a bazzicare la scena folk, armato di chitarra acustica e primi testi alla Dylan. Richard, deciso a prendersi una rivincita nei confronti degli elitari poeti newyorkesi, crede che la direzione giusta sia sull’elettrificazione del sound. I due fanno squadra e iniziano a scrivere canzoni, principalmente Verlaine si concentra sulla musica, mentre Richard lavora ai testi facendo pratica con il suo nuovo basso Danelectro da 50 dollari. Il nome ufficiale del duo è Neon Boys. Innamorati entrambi dei riff più rumorosi emersi grazie a band come i primi Stones, Kingsmen, poi seguiti da Iggy Pop, T-Rex e New York Dolls, Richard e Tom vogliono però un sound diverso per i Neon Boys. Non certo quell’impostazione teatrale e glitterata che imperversa agli inizi dei 70 con il glam, qualcosa che si allontani radicalmente dal boogie di Bolan. In particolare, è Verlaine che vuole distaccarsi dal glam, atterrito dagli atteggiamenti sboccati delle Dolls, più vicino all’approccio intellettuale dei Modern Lovers di Jonathan Richmond.
La prolificità dei due è buona, fin dall’inizio c’è sintonia nonostante due caratteri decisamente diversi. “Love Comes in Spurts” è la perfetta sintesi tra l’amore per il riff di Richard e le sperimentazioni cacofoniche di Verlaine in stile Velvet Underground e Stooges. Se “That’s All I Know (Right Now)” scompone il tipico ritmo rollingstoniano, la prima composizione di Meyers – “High Heel Wheels” – è maggiormente influenzata dal sound di Bolan. Registrate le prime canzoni, i Neon Boys assoldano un vecchio amico di Tom, Billy Ficca, alla batteria. Per esibirsi dal vivo manca però un secondo chitarrista, così decidono di mettere un annuncio sul Village Voice che recita: “Cercasi chitarrista ritmico narcisista – va bene anche minimo talento”. Ai provini si presentano un certo Doug Colvin, meglio noto successivamente come Dee Dee Ramone, e Chris Stein, un capellone molto hippie che avrà maggiore fortuna come chitarrista nei Blondie. Nessuno dei due convince Richard e Tom, che restano in formazione rimaneggiata per i successivi mesi del 1972, finendo per lasciar andare anche Ficca.
Con ancora poche canzoni registrate, i Neon Boys si danno allo shopping per cambiare radicalmente look. Stivali e giubbini di pelle presi a prestito dalle divise della polizia, grandi occhiali scuri Ivy League, capelli rasati, jeans strappati neri e spille da balia. Non è affatto un caso che Richard Hell passerà agli annali musicali come un punk rocker ante litteram, ma soprattutto uno di quegli artisti che capiscono il valore dello stile personale all’interno dell’estetica rock’n’roll, come il ciuffo di Elvis Presley e il caschetto dei primi Beatles. Richard Meyers è dunque pronto per diventare Richard Hell, uno pseudonimo pensato di getto, perfetto nel suo evocare qualcosa di negativo e perentorio. Tutto perfetto, tutto pronto. Peccato manchi ancora un secondo chitarrista per esibirsi live. I Neon Boys si devono fermare, alla metà del 1973.
Nell’appartamento della sua nuova fidanzata Jennifer, Richard riprende la sua macchina da scrivere Olivetti per una nuova raccolta di scritti dal titolo “The Voidoid”, dall’abitudine scherzosa di aggiungere il suffisso -oid a qualsiasi parola. Mentre scrive, torna a lavorare dai suoi amici di Cinemabilia, gestito ora da un esperto di cinema europeo, il rubicondo e barbuto Terry Ork. Amante dell’arte contemporanea e di Godard, William Terry (vero nome) ha uno strano passato, pare aver organizzato insieme al modello e attore Gerard Malanga una rivendita non autorizzata di opere di Andy Warhol. Ma Ork è un tipo intraprendente e simpatico, così procura ai Neon Boys nuove attrezzature per suonare, diventandone il manager. Hell e Verlaine sono pronti a ripartire, ma con un nuovo nome: Television.
Capitolo cinque: Television
Alla fine del 1973, Richard e Tom organizzano un meeting con il nuovo manager Terry Ork per valutare una serie di nuovi nomi in sostituzione del vetusto e poco fortunato Neon Boys. Sulla lista di Hell c’è Television, il preferito di Tom Verlaine. I due iniziano a registrare a casa di Ork, nel quartiere di Chinatown, finalmente con una band completa grazie al ritorno di Ficca alla batteria e all’inserimento del secondo chitarrista Richard Lloyd. Dopo tanti intoppi, i due amici sono pronti a ripartire (questa volta) alla grande, cavalcando furiosamente lo stile di vita rock. Fin dagli inizi il peso di Tom, che suona la chitarra da nove anni, è gravoso sulle spalle di Richard, che pratica il basso da pochi mesi e vuole dedicarsi principalmente alla scrittura di nuovi brani. Lloyd segue Verlaine come un’ombra, mentre Terry Ork lavora all’organizzazione della prima data dal vivo della nuova band.
È il 2 marzo 1974. Al Townhouse Theater si attende solo l’ingresso sul palco dei Television di Richard Hell e Tom Verlaine, con circa duecento spettatori per lo più invitati. I quattro sono nervosi, bevono per smorzare la tensione. È la prima esibizione e non si può sbagliare. Alla fine di un set furioso, Richard è soddisfatto: la prima dei Television è andata più che bene. Ma Tom Verlaine non è affatto d’accordo, il suono è stato sfilacciato, di armonia tra i quattro manco a parlarne. Hell serra la mascella, non dice nulla, ma fiuta il marcio. Bagnato l’esordio, la band punta un nuovo locale sulla Bowery, con un nome strampalato: Country Blue Grass Blues o semplicemente Cbgb. Aperto ufficialmente il 10 dicembre 1973, il club è di proprietà del newyorkese di origini russe Hillel (o Hilly) Kristal, già proprietario del Hilly's on the Bowery e ora pronto a una nuova avventura nel mondo della sua musica preferita. Quando bussano alla sua porta, Richard e Tom vogliono che i Television suonino lì ogni fine settimana, prendendo soltanto gli incassi delle entrate e lasciando a Hilly i proventi dalle bevute. In quegli anni New York – e soprattutto la Bowery – è un ambiente pericoloso, zeppo di ubriachi, malviventi, drogati senza soldi. La città è in fermento culturale, ma non è sicura, così come il Cbgb è un locale buio e poco raccomandabile. Perfetto per personaggi come Richard Hell.
Quando i Television salgono sul palco per la prima delle domeniche live programmate sulla Bowery è il 31 marzo 1974. Hell ha lavorato a una locandina con un testo dei suoi, collaborando con Verlaine alla prima biografia ufficiale della band. “La musica dei Television soddisfa il desiderio adolescenziale di scopare la ragazza che non hai mai conosciuto perché sei appena stato investito da un’auto. Canzoni da tre minuti fatte di passione ed eseguite da quattro ragazzi che fanno sembrare James Dean come Little Nemo”. Due set da 45 minuti l’uno, riprendendo alcune delle canzoni già scritte per i Neon Boys a cui si aggiunge la psichedelia distorta di “Hard On Love” e il rock da strada di “Foxhole”, già molto distante dalla furia iconoclasta dei brani di Hell, su tutti “Love Comes In Spurts”. Le esibizioni dei Television attirano l’attenzione di New York e la quantità di spettatori aumenta esponenzialmente, perché quei brani sembrano preludere a un nuovo corso della musica in città. Nel pubblico, una sera, c’è anche Patti Smith insieme al suo chitarrista Lenny Kaye. Già famosa nell’underground newyorkese, Patti rimane folgorata dalla musica dei Television, ma soprattutto dalle movenze di Verlaine che diventa il suo nuovo fidanzato pochi mesi dopo. La stessa Smith pubblica una recensione del live sul magazine locale SoHo News, contribuendo ad accrescere la notorietà della band resident al Cbgb ogni domenica sera.
La nuova coppia Verlaine-Smith mette ancora più in crisi il rapporto di Tom con Richard, dal momento che Patti apprezza il suo modo di comporre che è già radicalmente diverso da quello di Hell. A supportare Richard ci sono i personaggi più vicini alla rivoluzione imminente del punk, come ad esempio l’artista inglese Malcolm McLaren, arrivato a New York nel 1974 per lavorare con le Dolls. Alla metà degli anni 70, il rock’n’roll di band come New York Dolls sta per cedere definitivamente il passo a un sound più alienato e disgustato. McLaren promette a Richard aiuto in caso di fuoriuscita dai Television, rendendosi subito conto di una spaccatura destinata a diventare insanabile. Mentre al Cbgb la scena musicale della Grande Mela esplode con le prime esibizioni di Ramones, Stilettos – prima incarnazione dei Blondie di Debbie Harry – Talking Heads e Patti Smith Group, i Television restano uno dei gruppi più apprezzati al locale sulla Bowery, fino alla primavera del 1975 quando tutto cade a pezzi.
Capitolo sei: Spezzacuori
Tra la metà del 1974 e tutto il 1975, la presenza di Hell in locali come il Cbgb e il Max’s Kansas City aleggia come uno spettro in jeans scuri e giubbotto di pelle. La nuova scena musicale che sta emergendo al locale notturno di Kristal viene vista dai media come un semplice fenomeno di alienazione underground. Persino Lisa Robinson, voce autorevole in città sulle riviste Rock Scene e Hit Parader, vede il neonato punk come una moda della decadente vita notturna di New York. Come racconterà lo stesso Hell decenni dopo, “era un mondo fatto di rock’n’roll e poesia, di rabbia e rivalità, ubriachezza e sesso, ma tutto molto specifico. Ha portato la vita reale, in opposizione alla convenzionalità delle canzoni pop, indietro al vero rock’n’roll, ma a partire dalla realtà dell’esistenza di uno specifico tempo e spazio. Le caratteristiche e i segni distinitivi di quello che verrà chiamato punk sono le nuove modalità con cui abbiamo tirato fuori quello che era dentro di noi”.
Mentre i Television macinano concerti e nuovi seguaci al Cbgb, Tom Verlaine esclude dalle setlist tutti i brani scritti da Hell, chiedendogli di non avvicinarsi troppo alla sua postazione quando è sul palco. L’ultima goccia arriva quando la Virgin Records chiede alla band di registrare un demo di cinque brani prodotti da Brian Eno: Verlaine sceglie solo canzoni sue. L’ultima esibizione live con il bassista è datata 9 marzo 1975, in apertura agli ultimi concerti newyorkesi delle New York Dolls. Nemmeno un mese dopo, Johnny Thunders chiama Richard annunciandogli che, insieme al batterista Jerry Nolan, vuole formare una nuova band chiamata Heartbreakers.
Richard non conosce molto bene Johnny, si sono incontrati sporadicamente per bere qualcosa. Tra i chitarristi più quotati sulla scena newyorkese, Thunders ha scelto il nome Heartbreakers per la sua nuova avventura sonica dopo l’addio alle Dolls e ha scelto proprio Hell per suonare il basso. A Richard non piace il nome, ma evita di iniziare con il piede sbagliato, dopo i dissidi con Verlaine. Prima ancora di cominciare a suonare, il nuovo trio si dirige verso l’Hudson River per un set fotografico, che testimonia la sua apparente improbabilità. Jerry Nolan, alla batteria, con uno stile che sembra uscito da un film di gangster italo-irlandesi; Johnny Thunders con lunghi capelli scuri e una posa da futuro eroe dell’heavy-metal; Richard Hell in occhiali scuri in perfetta estetica Velvet Underground. Solo Malcolm McLaren sembra poco entusiasta del nuovo futuro di Hell, troppo distante dal sound delle ex-Dolls, preoccupato per l’abuso di droghe che probabilmente ha sancito la fuoriuscita dei due nuovi compari.
Gli Heartbreakers iniziano a provare in un loft adattato a studio di registrazione nel quartiere di SoHo, tra dosi abbondanti di speed e schitarrate viscerali. Hell non è mai stato meglio, lontano dalle ipocondrie egocentriche di Verlaine, pronto a cantare le sue canzoni che sono paradossalmente più morbide di quelle di Thunders. Uno scenario fantastico: prove, esibizioni live al fulmicotone, sesso e droga, senza capi e senza alcuna pressione. Imbottiti di droga, i tre Heartbreakers esordiscono dal vivo alla fine di maggio in un locale nel Queens, prima di assoldare un secondo chitarrista, Walter Lure, e passare in formazione a quattro.
La prima serata al Cbgb è all’inizio di un torrido luglio nel 1975, quando le chitarre attaccano una versione più glam di “Love Comes In Spurts”. Hell e Thunders si dividono il palco da buoni compagni di band: Johnny firma il rock’n’roll sboccato “Pirate Love”, mentre Hell lavora su ritmi più punk e distorti, “New Pleasure” e una versione diabolicamente bluesy della “Blank Generation” già scritta per i Television.
Immortalata in un disco che non vedrà la luce prima del 1991 con il titolo Live At Mother’s, la potenza grezza dei primi Heartbreakers raggiunge il suo culmine con il bubblegum-punk supersonico “Chinese Rocks”, scritto da Hell e Thunders con l’amico Dee Dee Ramone.
L’armonia tra i due leader ha una durata limitata, quasi effimera. Richard vuole più controllo sull’impulso creativo della band, così lancia un ultimatum a Thunders: la maggior parte delle canzoni sul palco sarà roba sua. Johnny non ci sta e decide di abbandonarlo, portandosi dietro sia Nolan che Lure che gli voltano le spalle. Dopo un ultimo concerto a Boston nella primavera del 1976, gli Heartbreakers continuano con il bassista Billy Rath, lasciando Hell al suo destino di musica alienata, violenta e senza speranza.
Capitolo sette: Nuovo piacere
Il primo incontro tra Richard Hell e Robert Quine avviene al negozio Cinemabilia nel 1975. Nato il 30 dicembre 1942, Bob non ha maturato alcuna reputazione come musicista, fermo ad alcune esperienze in band collegiali di rock’n’roll. Personalità complessa, tendente alla depressione, Quine è un divoratore seriale di musica, appassionato di roba anni 60 e primo ammiratore dei Television. Quando Richard inizia a frequentare il suo appartamento, nota pile e pile di dischi di ogni genere, da Fats Domino ai Velvet Underground. Robert odia soltanto pochi generi, tra cui il reggae e il punk. Calvo e arrabbiato con il mondo, Quine suona la chitarra sugli assoli di Jimi Hendrix e J.J. Cale. Quando Hell gli confida di essere stufo degli Heartbreakers, nel 1976, fiuta l’occasione della vita.
Primavera 1976. Subito dopo la rottura con Thunders, Richard viene approcciato dal manager Marty Thau, già in combutta con i primi New York Dolls prima dell’estremo tentativo di salvataggio di Malcolm McLaren. Thau ha da poco siglato una partnership con Richard Gottehrer per avviare la Instant Records, con l’obiettivo di assoldare almeno due o tre nuove band. Gottehrer di mestiere fa il produttore discografico, già membro del gruppo punk-garage The Strangeloves (sì, quelli del beat bodiddleyiano “I Want Candy”) e co-fondatore della Sire Records con Seymour Stein. Di fatto, è la prima volta che Richard si ritrova a immaginarsi un vero futuro da rockstar con tanto di contratto discografico, a tre anni di distanza dalle sue prime canzoni e dalle prime esperienze da palco con Television e Heartbreakers. La Instant Records gli offre un accordo di finanziamento per la realizzazione del primo demo tape della nuova band con Robert Quine, oltre a un pagamento di 100 dollari settimanali. Una volta finita la demo, l’etichetta si impegna a trovargli un contratto in quattro mesi per un primo album. In cambio, Gottehrer prenderà il 50% delle royalties dai brani incisi su disco, promettendo un ambito ingaggio con la Sire che ha già assoldato band come Ramones e Talking Heads.
Tutto sembra pronto, ai nastri di partenza. Con la promessa di una vera etichetta discografica, Richard e Robert Quine mettono gli occhi sul batterista Marc Bell, già in tour con Wayne County. Dopo aver affittato uno studio di registrazione, Hell lascia a Bob il compito di scegliersi il partner alla seconda chitarra. Viene scelto il giovanissimo Ivan Julian – vero nome Ivan Parker – che ha già un curriculum di tutto rispetto dopo l’esperienza con The Foundations in giro per l’Europa. La nuova formazione, chiamata Richard Hell and the Voidoids, inizia a registrare il demotape promesso alla Instant, formato da sole tre canzoni. La prima è la rivisitazione dell’inno “Blank Generation”, il punk’n’roll distorto impreziosito dalle nuove svisate distorte di Quine e dai cori in falsetto guidati da Hell. La seconda è la bolaniana “You Gotta Lose”, seguita dalla nuova composizione “Another World”, che sperimenta ritmi chitarristici in stile Talking Heads abbinati a vocalizzi dal sapore sixties.
Mentre l’Ep Another World viene dato alle stampe con la collaborazione della Instant sull’etichetta di Terry Ork, dal Regno Unito arriva l’eco di una nuova band promossa da Malcolm McLaren, i Sex Pistols. Vestiti proprio come Richard, i Pistols sono pronti a sconquassare la regale scena londinese. In terra d’Albione, diverse riviste musicali – su tutte Nme, Sounds e Melody Maker – sono particolarmente attente ai fenomeni underground, offrendo a Rotten e soci una grande visibilità. L’esatto opposto di quello che invece succede negli States, dove il conservatore Rolling Stone ignora i primi vagiti di Ramones, Blondie e appunto Voidoids.
Richard è affascinato dalla figura di Johnny Rotten, che vuole distruggere il rock’n’roll con l’approccio più nichilista possibile. Ecco perché lo stile musicale della sua nuova band diventa sempre più aggressivo, come a rimarcare una sorta di precedenza non violenta nei confronti dei nuovi punk rocker britannici. La generazione vuota contro l’anarchia, che – per stessa ammissione di Hell – è decisamente più attraente sia come presa sul pubblico che a livello commerciale.
I Voidoids debuttano dal vivo al Cbgb nel novembre 1976, siglando due mesi dopo il primo contratto con la Sire Records per iniziare subito a registrare l’album di debutto. Pubblicato nel settembre 1977 con il produttore Richard Gottehrer, Blank Generation “aiuta a definire il movimento punk”, come scrive subito dopo il critico del New York Times. Fin dalle primissime note distorte dell’iniziale “Love Comes In Spurts”, il manifesto di Hell e soci è cristallino: rivestire il primitivo furore punk con un maggiore intellettualismo, impreziosendolo con le complesse tessiture della chitarra guidata da Quine. Dalle ululanti isterie rock’n’roll di “Liars Beware” e “New Pleasure”, il canto ringhioso di Hell trasporta l’ascoltatore in un magma di nichilismo anti-sociale.
Non mancano numeri più morbidi come “Betrayal Takes Two”, accompagnata dalla dolcezza di Quine che si concede il primo assolo ricordando la sua passione per certi sapori anni 60. È solo una brevissima pausa, perché il disco riprende la sua corsa furiosa con “Down At The Rock And Roll Club” che mette in mostra il ritmo perfetto di Bell alla batteria. Così come la sghemba “Who Says?” mette un piede nella new wave con le geometrie oblique di Quine e la scrittura libera di Hell, che può associarlo più a Captain Beefheart che a Rotten.
Se l’intro dell’inno “Blank Generation” può vagamente ricordare il riff di “The Seeker”, lo sviluppo del brano nella versione Voidoids è degno del miglior Dylan calato nella realtà senza speranza del punk statunitense. L’inferno di Richard vira poi sulla marziale “Walking On The Water”, rivisitazione stravolta del catalogo dei Creedence Clearwater Revival. Mentre “The Plan” concede un nuovo momento di relax con una partitura di chitarra insolitamente scintillante, la lunga e disagiata ballad “Another World” chiude il cerchio di un disco seminale per la fervente scena underground a stelle e strisce.
Capitolo otto: Nel tunnel
Quando Hell sigla l’accordo tra i Voidoids e la Sire Records, il suo consumo abituale di droghe pesanti si intensifica. Nel 1977 Richard arriva ad assumere fino a due bustine di eroina al giorno, procurandosi successivamente dosi massicce di metadone da un vicino di casa di origini portoricane. La nuova etichetta discografica pianifica per la band un tour europeo in supporto ai Clash, un totale di ventuno concerti in venti città, in poco più di tre settimane. È la prima volta che Richard esce dagli Stati Uniti, in vista dell’esordio dei Voidoids al di fuori delle mura newyorkesi. L’impatto con il Regno Unito non è dei migliori: Richard si sente fuori posto, odia l’atmosfera inglese e continua con le droghe. Durante i concerti è sfinito, non dorme, accusa pesanti attacchi di vomito e diarrea. Solo l’assunzione di tracce di codeina all’interno dello sciroppo per la tosse riesce a farlo stare in piedi per esibirsi sul palco. Hell è infuriato con la Sire che non ha nemmeno fatto uscire l’album in tempo sul mercato d’Albione, garantendo alla band una piccola minicar per gli spostamenti tra una città e l’altra. Non esattamente la vita da rockstar che aveva sognato prima di firmare il contratto.
La breve esperienza in tour con i Clash serve a Richard per capire davvero tutto quello che non vuole nella sua vita professionale. Strummer e soci sono brave persone, la loro musica è rivolta ma tarata verso un target giovanile. Hell è come l’oscuro signore dell’underground, non vuole piacere a nessuno e punta a un rock intellettuale e dilaniato. All’inizio di un set nella data di Manchester, davanti a circa tremila persone, i microfoni saltano provocando la furia del leader che spacca lo strumento colpendo alla schiena un addetto alla sicurezza. Richard odia il pubblico inglese che lo fischia, così come alcuni giornalisti musicali che demoliscono la musica dei Voidoids. Hell si sente sempre più a disagio durante il tour, partorendo nella sua mente l’idea di abbandonare tutto, dopo un solo album pubblicato. “Un drogato alienato e fatalista” non può continuare sulla strada del rock’n’roll.
Tornati a Londra, i Voidoids si esibiscono come headliner alla sala da ballo Music Machine, insieme a Siouxsie and the Banshees. Tra il pubblico spiccano Johnny Rotten, Sid Vicious e Mick Jones. Infuriato con il mondo intero, Hell decide di mettere in scena un live al fulmicotone, con canzoni praticamente vomitate sui circa 500 presenti. Rotten decide di salire sul palco a fine concerto per istigare la platea in attesa di un bis che vede una cover degli Stones, una delle band definite come “vecchie scorregge” dagli stessi Sex Pistols.
Alla fine del 1977 Richard viene approcciato dal giovane attore e regista tedesco Ulli Lommel, già al lavoro con il maestro Rainer Werner Fassbinder. Lommel vuole Hell nel suo prossimo film, “Blank Generation”, da girare a New York per raccontare la scena del Cbgb insieme all’attrice francese Carole Bouquet. Il suo ruolo nel film non è l’unico fattore che mette essenzialmente in stand-by il progetto Voidoids. Abuso continuo di droga, mancanza di intenti, depressione dopo il tour inglese. Sono tante le cause che al momento allontanano Richard Hell dal mondo della musica, oltre al contratto capestro firmato con la Sire Records, che tra l’altro richiede un secondo album. L’idea è di sfruttare il film per fare uscire una colonna sonora, ma la band si rende subito conto che non ci sono nuove canzoni pronte. Il problema vero è che Richard non vuole assolutamente pubblicare ancora con la Sire, così trova una insperata violazione nei termini del contratto a seguito dell’inclusione non autorizzata del brano “You Gotta Loose” all’interno di una compilation.
Febbraio 1978. Iniziano le riprese del film “Blank Generation”, un nuovo incubo per Richard Hell. Il rapporto con Lommel si fa sempre più teso, così come quello con gli altri protagonisti del film. Hell scopre che la sua visione artistica è lontana anni luce da quella di Fassbinder, trovando insopportabile il modo di raccontare la scena underground newyorkese. Nonostante i dissapori, i Voidoids suonano al loro meglio di ritorno al Cbgb, registrati in presa diretta come a un concerto vero e proprio. In fondo, esibirsi tra le mura domestiche è sicuramente più confortevole, abbracciati dall’odore acre di sudore.
Definito sulla rivista Time “il Mick Jagger del punk”, Richard Hell non avrebbe alcuna difficoltà nel continuare a suonare in patria, dove i Voidoids sono richiesti anche al di fuori della Grande Mela. Le offerte arrivano dai promoter, così come le occasioni per alzare più di qualche spicciolo. Indispettito e povero in canna, il batterista Marc Bell decide di abbandonare il gruppo per andare in tour con i molto più redditizi Ramones. Mentre Richard riesce a campare con i guadagni dalle royalties per le sue composizioni originali, gli altri membri dei Voidoids non sembrano più attirati dalla sua visione nichilista della vita artistica.
Capitolo nove: La strada del destino
Abbandonato Marc Bell, Richard Hell decide che è arrivato il momento di lasciare andare anche il suo strumento principale, il basso. Non affatto dotato tecnicamente, Hell vuole sperimentare con la voce, trovando la ritmica del basso troppo limitante. La decisione non trova d’accordo Robert Quine, che invece vorrebbe continuare nella stessa formazione strumentale sostituendo Bell alle pelli. Trovato il cavillo per annullare il contratto con la Sire Records, Richard viene approcciato da diverse etichette interessate, come la Rolling Stones Records e la Private Stock, prima casa discografica dei Blondie. L’unico che però stuzzica la fantasia di Hell è Jake Riviera, un aspirante pugile professionista cresciuto in strada che ha ottenuto un grande successo con la Stiff Records, specializzata in band punk e pub-rock. Alla metà del 1978, Riviera propone a Richard il seguente accordo: la pubblicazione di almeno un singolo nell’anno corrente con la produzione di Nick Lowe e un tour di tre settimane in Inghilterra a fine anno, come opening act di Elvis Costello. Il secondo album dei Voidoids uscirà sulla sua nuova etichetta, la Radar.
La proposta viene accettata in autunno, mentre la band introduce Jerry Antonius al basso e Frank Mauro alla batteria. La nuova formazione dei Voidoids si esibisce di nuovo al Cbgb alla fine di ottobre, un evento benefico per raccogliere fondi in favore della St. Mark’s Church distrutta da un incendio. Il concerto viene trasmesso in diretta dalla radio WPIX e ospita sul palco Elvis Costello per un paio di brani. Tra i brani in scaletta, spicca il nuovo numero rock’n’roll “The Kid With The Replaceable Head”, almeno una sua versione primigenia dove Hell si limita a ripetere i versi iniziali in stile Joey Ramone. Il brano, dal ritmo insolitamente pop, viene pubblicato come singolo alla fine dell’anno, prodotto da Nick Lowe su etichetta Radar. Sul secondo lato viene scelta “I’m Your Man”, beat quasi marziale dal sapore sixties con un paio di grandi assoli di Quine.
Il 15 dicembre 1978 i Voidoids salgono nuovamente su un aereo direzione Londra, per due show natalizi prima di imbarcarsi in un vero e proprio tour di tre settimane con Elvis Costello. La seconda esperienza inglese di Hell non è migliore della prima: Riviera decide di affittare una casa galleggiante sul fiume Tamigi per ospitare la band, ma lo spazio è piccolo e l’umidità è tanta. Richard è alle prese con la scimmia dell’astinenza da eroina ed è intrattabile; Quine sbotta per la prima volta perché non è d’accordo sulla presenza del nuovo bassista.
Nel 1979, al ritorno in patria, Richard continua a drogarsi pesantemente, tra eroina, speed e cocaina. Jack Riviera vuole il suo album, ma si rende presto conto che dovrà attendere. Tra una dose e l’altra, Hell si dedica alla sua nuova colonna “Slum Journal” nel nuovo mensile East Village Eye. I mesi passano velocemente, Quine è lontano. Nessuna intenzione di tornare in studio o sul palco. L’anno successivo può essere ricordato solo per un viaggio schizoide a bordo di una Cadillac del 1959, dalla costa Est a quella Ovest. Nel 1981 ottiene una parte nel film di Susan Seidelman, “Smithereens”, che parla di una ragazza senza particolare talento che cerca di fare carriera sulla scena new wave di New York. Al ritorno come attore segue quello come musicista, finalmente al lavoro sul secondo album mai ottenuto da Riviera. Hell torna in contatto con Marty Thau e la sua etichetta Red Star Records, trovando un altro accordo discutibile per solo il 50% delle royalties.
Il primo da contattare per le registrazioni dei nuovi brani è ovviamente Robert Quine che, nonostante gli ultimi dissapori, accetta. Richard è a caccia di un nuovo sound per la seconda chitarra, così assolda Juan Maciel (detto Naux) insieme al batterista Fred Maher, da poco uscito dalla band sperimentale Massacre. Vengono così prenotati gli studi 171A per tre settimane di prove, mentre Richard entra in bagno ogni venti minuti per la sua dose di cocaina. Agli altri membri della nuova band viene detto, semplicemente, che sta assumendo troppi caffè.
La vera e propria sessione di registrazione avviene agli Intergalactic Studio nel quartiere Upper East Side, ma Richard è sempre più drogato e non riesce a finire diverse nuove canzoni, sentendosi inadeguato e in colpa nei confronti degli altri. Prodotto da Alan Betrock, founder della rivista musicale New York Rocker, Destiny Street esce a nome Richard Hell & The Voidoids nel 1982, ritenuto dallo stesso Hell addirittura “migliore” di Blank Generation. Il disco è aperto dal già noto singolo “The Kid With The Replaceable Head”, meno grezzo e furioso con il suo approccio bubblegum-pop. Nel rock’n’roll velocissimo di “You Gotta Move”, la band riprende il catalogo di Ray Davies (The Kinks), prima di cambiare completamente registro rallentando con la versione ubriaca di “Going Going Gone” (Bob Dylan). I due minuti e passa della successiva “Lowest Common Dominator” fanno invece tornare alla mente i primi Voidoids, quelli originali, che prendono a cazzotti il punk con la chitarra abrasiva di Quine in grande spolvero.
Se in “Downtown At Dawn” si avverte una nemmeno troppo velata presa in giro dei ritmi da discoteca – con la linea di basso in primo piano nonostante le difficoltà di Richard con la droga – nella splendida “Time” sembra così lampante il motivo per cui il critico del New York Times definirà Hell un “Bob Dylan contemporaneo”.
Il disco prosegue senza sosta con la cover marziale dei Them, “I Can Only Give You Everything”, e il riff hard di “Ignore That Door”, che sancisce (come se ce ne fosse ancora bisogno) l’importanza di Robert Quine nell’intera impalcatura creata dal songwriting di Hell.
Destiny Street è così un disco più spensierato e spontaneo di Blank Generation. Nonostante lo stato di forma psicofisica, Hell sembra maturato come frontman e autore, così come i fraseggi di Quine (ad esempio, nella ballad “Staring In Her Eyes”) sono tra i migliori ascoltabili all’inizio degli anni 80.
Capitolo dieci: Nuova fine, nuovi inizi
Subito dopo l’uscita, Destiny Street viene inserito dal New York Times nella classifica dei dieci migliori album dell’anno, addirittura incensato da sua maestà Lester Bangs che non aveva rivolto grandi elogi verso l’album di debutto dei Voidoids. Il nuovo lavoro è però destinato all’oblio commerciale, scarsamente spinto a livello di distribuzione dalla Red Star. Hell e soci si esibiscono poco dal vivo, dal momento che lo stesso Richard a stento è riuscito a finire il disco. Una situazione ormai completamente fuori controllo, affrontata con decisione da Hell solo alla metà del 1983, quando sceglie di ripulirsi e di partire per la Francia insieme all’amica e amante Lizzy Mercier Descloux. Quando lei parte per il Sudafrica, a caccia di nuove sonorità per i suoi brani originali, Richard resta solo a Parigi, nel suo appartamento. Tra donne e innumerevoli bottiglie di vino, non è la condizione ideale per smettere di drogarsi. L’estasi per una nuova vita finisce presto, così Richard torna a New York per partecipare seriamente a un ciclo di sedute di rehab.
Mentre fervono gli anni 80, i Voidoids di Richard Hell sono ormai un lontano ricordo. Uscire dal tunnel della droga significa uscire anche da quello della musica, dando fine a un rapporto breve e tormentato. Nel 1985, Richard sposa Patricia Smyth, cantante e songwriter del gruppo pop-rock Scandal. Continuano le sue fugaci apparizioni al cinema, ad esempio un ruolo cameo nel film con Madonna “Desperately Seeking Susan”. L’obiettivo principale di Hell è però riprendere il suo primo talento di poeta, dando alle stampe la raccolta “I Was A Spiral On The Floor” (1988) e “Across The Years” (1992). A seguire “Artifact: Notebooks From Hell 1974-1980”, una raccolta dei suoi journals in piena era punk, pubblicata nel 1990.
Il suo ritorno nel mondo della musica avviene agli inizi degli anni 90, quando entra a far parte del supergruppo Dim Stars insieme a una costola dei Sonic Youth, il chitarrista Thurston Moore e il batterista Steve Shelley, e con il secondo chitarrista Don Fleming, tra i fondatori dei Gumball. Alle prime sessioni di registrazione viene aggiunto anche Robert Quine, in vista della pubblicazione di un primo Ep per l’etichetta Ecstatic Peace!. L’embrione viene sganciato a nome Dim Stars nel 1991 e contiene una versione chilometrica sperimentale della vecchia “You Gotta Lose”, divisa addirittura in 4 parti tra derive noise e furore punk in stile The Stooges.
A Manhattan, l’attesa per un primo album (e un conseguente tour) è spasmodica: Dim Stars esce l’anno successivo, questa volta come album intero per la Paperhouse.
A partire dal brano d’esordio, “She Wants To Die”, l’intento del gruppo è di sperimentare una coesione difficile, graffiando con le chitarre distorte e pesanti di Moore e Quine per lasciare alla voce di Hell il compito di improvvisare i suoi testi apocalittici. Questo stream di coscienza malata sembra sempre a suo agio, come nel rock’n’roll “All My Witches Come True” o sulle più melliflue note di “Monkey” che virano verso un certo gusto alternative a stelle e strisce. Il disco non riesce sempre a centrare il punto, soprattutto quando prende eccessivamente la tangente della sperimentazione (“Natchez Burning”) o si lascia andare a ritmi più mainstream (“Stop Breakin’ Down”).
A parte una serata di beneficenza al The Ritz di New York, la band non andrà mai in tour, praticamente sciogliendosi come neve al sole nel giro di nemmeno due anni. Tra eccessi, testi vomitati e uno spirito punk più intellettuale, la grande fuga di Richard Inferno è pronta a continuare.
HEARTBREAKERS | ||
Live At Mother’s (Fan Club, 1991) | ||
What Goes Around…Live (BOMP! 1991) | ||
Yonkers Demo 1976 (Cleopatra, 2019) | ||
RICHARD HELL AND THE VOIDOIDS | ||
Another World Ep (Ork Records, 1976) | ||
Blank Generation (Sire Records, 1977) | 8,5 | |
Destiny Street (Red Star Records, 1982) | 7,5 | |
DIM STARS | ||
Dim Stars Ep (Ecstatic Peace!, 1991) | ||
Dim Stars (Paperhouse Records, 1992) | 6 | |
RICHARD HELL | ||
R.I.P. (ROIR, 1984) | ||
Across The Years Box Set (Soyo Records, 1991) | ||
Time (Matador Records, 2002) | ||
Spurts: The Richard Hell Story (Sire Records/Rhino Records, 2005) |
Sito ufficiale | |
Testi |