Fanzine che passione

Lo strano caso di "Pigiama"

Ciclostile, fotocopia, digitale, profumo di inchiostro e di passione. Le care vecchie fanzine, giornaletti messi in piedi da fan duri e puri di un artista, di un movimento, di quello che vi pare, basta che in quelle pagine ci fosse tutta la voglia di scoprire, esaltare, criticare, sviscerare l'argomento a cui i fan (maga)zine erano dedicati. Personalmente ne ho amate tante del giro prog anni 80/primissimi 90 (Paperlate, Arlequins, Melodie & Dissonanze - che era una vera e propria rivista - Dusk – tutt'ora in circolazione). Quante delizie ho scoperto grazie  a queste testate carbonare. Ho saputo cose che non avrei trovato altrove grazie alla fanzine, ho comprato tonnellate di vinili, atteso impaziente fuori dai negozi di dischi che le vendevano e mi ci sono immerso per ore, erano il mio organo di informazione musicale prediletto.
Ogni volta che mi capita di imbattermi in uno di questi oggetti vengo preso dalla morsa della nostalgia. E dire che non sono un tipo che ama guardarsi spesso indietro, ci sono però cose che inevitabilmente mi riportano a quando l'arte era realmente sinonimo di passione. Tempi in cui procurarsi un disco, una rivista, vedere un certo film, era un'impresa che costava soldi e fatica. Ma il risultato ti premiava, era un qualcosa che realmente aiutava la tua crescita, il tuo spirito critico, la tua voglia di saperne sempre di più. Finivano le notizie nelle riviste “ufficiali” e cominciavano quelle nelle fanzine, lì c'era tutto quello che non potevi trovare da nessun'altra parte: approfondimenti, traduzioni di testi, album introvabili, foto spesso sgranate e oggettivamente brutte, riportate com'erano in quelle pagine unte di stampa, ma di una malia irresistibile.
Poi è arrivato internet, ha fatto piazza pulita, messo tutto a disposizione. Col tempo ce ne siamo fatti una ragione, anche la Rete ha milioni di lati positivi, alla fine la passione la devi avere dentro, se anche c'è tutto disponibile, il modo per cercare ed esaltarsi per le nuove scoperte lo si trova sempre. Quindi bando alla nostalgia e a gamba tesa verso il futuro.

PigiamaMa un giorno scorgo su Instagram una copertina, la foto di una giovane con i capelli scarmigliati dal vento, di un azzurro sbiadito, contornata di un colore più tenue, come se si trovasse immersa nella nebbia. Ci sono delle scritte, le più grandi dicono “Sirene” (in basso) e “(Pigiama)”, proprio tra parentesi, in alto. Ho una stretta al cuore, pare in tutto e per tutto una fanzine, di quelle vecchie e ammalianti. Non ne so nulla, non ho modo di sfogliarla, ma è come se mi comunicasse qualcosa, sento una musica senza sentirla: quella degli Slowdive, dei Cocteau Twins, dei This Mortal Coil, dei Beach House... di tanti gruppi shoegaze-wave-dreampop che amo alla follia. Musica fatta di voci angeliche che affogano nei riverberi, allucinazioni, sole, scaglie di mare, profumo di pioggia, malinconia.
Devo saperne di più. Trovo un sito, scopro che è veramente una fanzine, con un gustoso assetto grafico dream che si ripete nell'altra uscita (per ora sono due numeri), con un nuovo volto da sogno (all'inizio mi ricorda Rachel Goswell ma non è lei), qui c'è scritto “Fiorista”.
Di che cavolo tratta questa fanzine? È evidente, non è dedicata a un gruppo, a un musicista, a un genere o chissà cos'altro. Ma traspare un mood, quello riverberante descritto sopra. Entro in contatto con la redazione, con Federica Scandolo, direttrice e factotum. Molto giovane (27) e decisamente aliena (per l'età) al mondo storico delle pubblicazioni diy. Mi racconta di questa avventura, del blog che cura e poi del salto sulla carta. Mi spedisce i due numeri. Arrivano, li sfoglio, sento di nuovo il sogno riverberato, le voci indistinte, la narcolessia. Si parla di musica, si citano artisti che non conosco o che ho sentito solo nominare, mi prende un'irresistibile curiosità. Ho sempre amato farmi stupire da chi ne sa più di me e Federica ne sa un sacco di artisti underground, di viaggi, moda, erbe essenziali, stregoneria, biologia... Mi innamoro di quelle pagine che entrano in sintonia con il mio modo di vedere il mondo: sospeso, sfuocato, in equilibrio tra sogno e veglia. Adoro il realismo magico, qui c'è reale e magia.

Di cosa parla alla fine “Pigiama”? Non lo so, non lo voglio sapere, ed è giusto così. Forse parla del non parlare di cosa parla. Preferisco rimanga nell'indistinto, nel brumoso. Ciò però non mi ha impedito di fare qualche domanda a Federica, più che altro per fornire delle tracce a chi si imbatterà in questo articolo e aiutarla a divulgare la sua seducente creatura. Leggete e poi dimenticate, ma prima comprate: https://pigiamazine.com/

Se dovessi spiegare a chi non la conosce cosa è (o cosa non è) “Pigiama”, cosa diresti?
Pigiama Magazine è una rivista indipendente online e cartacea con base in Italia, ma con veduta internazionale su arte, musica e lifestyle. Il blog è una raccolta di interviste ad artisti emergenti del panorama underground, presentate come storie della buonanotte. Ogni edizione cartacea ruota attorno a un tema specifico, solitamente legato al mondo onirico e magico. Mi piace definirla una rivista a cadenza lunatica proprio perché manca di una frequenza di pubblicazione programmata e di un preciso piano editoriale. L'intento è quello di diffondere la cultura sotterranea attuale, creando una community di sognatori.

Quello che mi ha colpito di “Pigiama” è la sua natura evanescente, il non essere dedicata a un singolo artista (come spesso succede) ma a una sorta di atmosfera che io ho musicalmente collocato dalle parti del dreampop-shogaze, che dici?
Dico che l’interpretazione è corretta: non c'è un unico interesse preciso, ma appunto un’atmosfera notturna, magica e onirica che avvolge i contenuti. Il paragone musicale con generi come dream-pop e shoegaze, in questo senso, è più che azzeccato; aggiungerei al calderone solo un pizzico di goth, darkwave e psych per una pozione perfetta. Senz’altro è una fanzine di ispirazione post-punk come etica diy e ricerca sperimentale.
Il tono di voce è quello di una generazione in pigiama, dove lo “stare in pigiama” è sinonimo di introspezione e ricerca di se stessi, ma anche dove una certa angoscia esistenziale può prendere il sopravvento da un momento all'altro - un po’ come succede a Robert Smith nel videoclip di “Lullaby” per capirci.

La musica non manca (Be Forest, Giungla...), in base a cosa avvengono le tue scelte?
Le mie scelte si basano più che altro su un gusto personale; quando ascolto qualcosa che mi piace, cerco di parlarne nella rivista. Si tratta di un processo molto spontaneo. Preferisco collaborare direttamente con gli artisti, ma valuto anche le proposte delle press agency, soprattutto se straniere. Il mondo underground brulica di artisti talentuosi che meritano un approfondimento e questo fa sì che le collaborazioni musicali non manchino mai.

Data la tua giovane età, mi sembra scontato chiederti come ti sia venuto in mente di dedicarti a un medium così distante dalla tua generazione.
Mi sono sempre piaciute le riviste in generale e ciò mi ha avvicinato naturalmente a questo medium. Ho iniziato scrivendo nel blog, ma sapevo che prima o poi avrei voluto stampare qualcosa di fisico e così è stato. Ho scoperto relativamente tardi che la mia idea editoriale poteva essere definita fanzine e devo dire che il termine esprime bene l'approccio indipendente di Pigiama magazine.

Nella fanzine trovano spazio diversi argomenti, oltre alla musica, in una serie di tuoi scritti su viaggi, moda, erbe essenziali, stregoneria, addirittura biologia. Quale è il concept che lega tutte queste discipline?
Ho un rapporto abbastanza giornalistico con i contenuti, pertanto tendo a prendere in considerazione più punti di vista; per questo all'interno della rivista cartacea è possibile trovare dalla stregoneria alla scienza. Le rubriche aiutano a gestire concettualmente il tema specifico di ogni edizione, in modo da riuscire a includere più argomenti e discipline mantenendo una certa fluidità di lettura.

Vogliamo parlare della grafica? Tratto distintivo della fanzine, tanto essenziale quanto fascinosa.
Progettare graficamente una rivista richiede tempo e molta ricerca preliminare, non è un processo immediato; mi sono data il tempo di studiare l’estetica di molte fanzine e riviste vintage, ma anche di pubblicazioni indipendenti attuali e tendenze estetiche. Poi bisogna darsi il tempo di sperimentare, che è la parte più creativa e rilassante.
La grafica è molto importante per me, è l’elemento al quale dedico più tempo in assoluto, proprio perché voglio che la rivista comunichi la sua essenza ancora prima di leggerne i testi. E forse è proprio qui che il paragone musicale di cui parlavamo prima assume i suoi connotati più evocativi: parole sognanti si perdono nella texture sgranata della stampa risograph, come voci lontane immerse in una nebbia di riverbero.

Cosa ti aspetti da “Pigiama” e cosa ci aspetta per il futuro?
Per un imminente futuro ho in mente un’edizione cartacea molto più inclusiva, per questo bisognerà sacrificare un pochino l'impostazione grafica attuale. Sto lavorando a nuove creazioni per il merch, come toppe, t-shirt e pin. Per quanti riguarda il destino della rivista, invece, non so rispondere. Il futuro è sempre più incerto…