Autori: Filippo Annunziata - Andrea Conso
Titolo: NFT in musica
Editore: Le Lucerne
Pagine: 170
Prezzo: Euro 16,00
Codici binari, parallelepipedi multimediali, rifrazioni luminose: lo scorso mese di dicembre, a Milano, è stata presentata “la prima installazione al mondo di Music NFT”. Il progetto, battezzato “Refracted Sound. A music NFT experience”, è nato dalla collaborazione tra la startup Brots e l’etichetta indipendente milanese Asian Fake. Musica, video, architettura e – ovviamente – tecnologia, unite in un connubio atmosferico e immersivo. Un segno eloquente di come anche nel mondo musicale, come già in quello dell’arte, gli NFT siano ormai una realtà.
A tracciare una prima mappa di questo territorio – per molti ancora un po’ esoterico – sono due cartografi d’eccezione: Filippo Annunziata, professore associato di Diritto dei mercati finanziari alla Bocconi, e Andrea Conso, esperto di regolamentazione dei mercati finanziari e delle nuove tecnologie. Il loro “NFT in musica” (realizzato con la collaborazione di Mariano Carozzi, Antonio Di Giorgio, Stefania Lionetti e Leonardo Maria Seri) è un manuale agile nel taglio ma denso nei contenuti, che permette di avventurarsi nel viaggio anche a chi è digiuno di blockchain, criptovalute e dintorni.
Non avranno di certo cambiato la storia della musica, i Kings Of Leon. Ma il loro ultimo “When You See Yourself” almeno un primato ce l’ha: è il primo caso di registrazione regolare dell’NFT di un album inedito. Il 5 marzo 2021, il gruppo del Tennessee ha messo all’asta tre differenti tipologie di NFT legate all’album: un pacchetto comprendente download digitale, vinile in edizione limitata e contenuti esclusivi, una serie di condizioni speciali per la partecipazione ai concerti della band e una versione con supporto audiovisivo originale.
A questo punto, però, bisogna fare un passo indietro. Bisogna chiedersi che cosa sia davvero un NFT musicale. I capitoli centrali di “NFT in musica” consentono per l’appunto di inquadrare con chiarezza (anche grazie a un prezioso glossario) i termini essenziali di una materia tutt’altro che semplice, partendo dalle nozioni di tecnologia a registro distribuito e di blockchain, per arrivare a quelle di smart contract e non-fungible token.
Il punto cruciale è il tratto che contraddistingue gli NFT nell’ambito della categoria generale dei token (gli insiemi di informazioni digitali all’interno di una blockchain): il loro carattere di infungibilità, vale a dire la loro non sostituibilità con altri token (a differenza, ad esempio, delle criptovalute). Come osservano Annunziata e Conso, gli NFT hanno introdotto il “carattere della “scarsità” nel mondo digitale, ponendo indirettamente un argine alla possibilità di replicare infinite volte il medesimo contenuto”.
Se quindi il carattere di infungibilità fa degli NFT una sorta di terzo genere tra l’opera incorporata in un supporto fisico e l’opera digitale pura, nel campo musicale si può affermare che “tutto ciò che è musica o che da essa deriva e dipende può diventare NFT: un file audio, un file video, versioni riarrangiate del brano originale, uno spartito autografo, un biglietto per un concerto, la copertina di un album, copertine animate, gadget e merce firmata, un incontro con l’artista, il finanziamento di nuove creazioni, amministrazione di licenze, comproprietà dei diritti”. Tutto incorporato all’interno di quello che si potrebbe definire sinteticamente come un certificato digitale.
Dal punto di vista della fruizione, questo significa che l’opera musicale, attraverso gli NFT, può diventare “molto più simile a un’opera d’arte figurativa o a un collectible”. La tecnologia, in altri termini, finisce per restituire in qualche misura all’ascoltatore quell’esperienza di possesso diretto che l’era dell’accesso, con la dematerializzazione dei supporti fisici, sembrava avere reso definitivamente obsoleta. Dopo la rinascita del vinile, ora le collezioni di dischi verranno sostituite da collezioni di NFT musicali? “NFT in musica” offre una dettagliata panoramica delle tendenze in corso, dalla “WarNymph Collection” di Grimes (una collezione di dieci NFT di opere d’arte digitale, alcuni dei quali inclusivi anche di brani musicali) a “Premessa della Premessa” di Morgan (presentato come “il primo pezzo in Italia a essere venduto in NFT”), passando per gli NFT lanciati a febbraio dello scorso anno dal Coachella Festival, che comprendono la possibilità di accesso a vita alla manifestazione e una serie di altri vantaggi esclusivi legati all’evento.
Annunziata e Conso non si lanciano però in profezie più o meno azzardate sul destino degli NFT (bolla speculativa oppure no? La domanda resta inevitabilmente aperta), ma preferiscono tracciare alcune possibili linee evolutive del mercato discografico prossimo venturo. Del resto, nella storia della popular music il formato dei supporti ha sempre influenzato l’evoluzione del mercato (oltre che la forma stessa della musica).
Da un lato, “il fenomeno NFT sembra aprire la strada a una nuova rivoluzione del mercato discografico, creando nuovi spazi per l’autoproduzione e l’autopromozione – anche grazie alla possibilità di coltivare un rapporto più diretto con la propria fanbase”. Non a caso, Pitchfork ha tracciato un paragone tra gli NFT e il modello Bandcamp proprio dal punto di vista della relazione che si può creare tra artisti e comunità dei fan. Inoltre, gli NFT potrebbero favorire “una più diretta ed equa gestione delle opere e dei relativi diritti da parte dell’autore, in ottica di decentralizzazione e di gestione diretta e automatizzata della circolazione di diritti e proventi dallo sfruttamento dell’opera musicale”.
Dall’altro lato, però, le major discografiche e le piattaforme di streaming non sono rimaste certo alla finestra: la Warner ha lanciato una partnership proprio in materia di NFT con la startup Blockparty, la Universal ha presentato una band (i Kingship) formata da quattro scimmie della collezione NFT “Bored Ape Yacht Club”, Spotify sta lavorando a un progetto per la vendita di NFT musicali con la partecipazione di Wombats e Steve Aoki…
Insomma, non è detto che le nuove opportunità offerte dalla tokenized economy si risolvano effettivamente in un maggiore spazio per gli artisti indipendenti e in una possibilità di affrancamento dalle logiche dei servizi di streaming: non sarebbe la prima volta che i grandi player del mercato discografico finiscono per riassorbire innovazioni apparentemente rivoluzionarie, visto anche che “le vendite di NFT sono spesso sostenute da forti operazioni di marketing, fuori dalla portata dell’artista poco conosciuto, che anzi spesso viene escluso dalle piattaforme”.
Per quanto riguarda poi la parte più propriamente giuridica del libro, fondamentale è anzitutto la ricostruzione del quadro normativo – ancora frammentario – di una materia dai confini così labili. Di grande attualità, in particolare, è il dibattito intorno alla bozza di regolamento sui crypto-asset (c.d. MiCa) elaborata nell’ambito della Digital Financial Strategy della Commissione Europea, che ha portato per il momento a escludere gli NFT dall’ambito applicativo della nuova normativa.
In secondo luogo, vengono analizzate più in dettaglio le questioni poste dagli NFT in materia di diritto d’autore. Due profili in particolare meritano di essere segnalati: il primo è legato al fatto che gli NFT certificano l’autenticità del prodotto in sé, ma non assicurano all’origine la legittimità della sua creazione. C’è quindi il rischio di acquistare prodotti che in realtà non sono stati autorizzati dagli aventi diritto, come avvenuto nel caso della piattaforma Hitpiece (chiusa all’inizio del 2022 proprio perché vendeva NFT di artisti come i Beatles o Bob Dylan senza alcuna autorizzazione). Il secondo aspetto riguarda il fatto che, con la vendita di un NFT, viene trasferito il bene oggetto di cessione, ma di norma non i relativi diritti d’autore. Per trasferire uno o più diritti di utilizzazione economica dell’opera, sarà necessaria quindi un’espressa pattuizione in tal senso.
Proprio alla luce di questi due elementi, Annunziata e Conso concludono con un’importante avvertenza per chi voglia affacciarsi al mercato degli NFT musicali: “Sarà opportuno per l’acquirente mettere in campo particolare prudenza, sia sotto il profilo della verifica della provenienza dell’opera e della sua autenticità, sia in relazione alle prerogative esercitabili dall’acquirente in dipendenza dei diritti di cui dovesse acquistare la titolarità e/o degli oneri collegati”.
In ogni caso, per gli autori la battuta d’arresto segnata dal mercato degli NFT nel corso del 2022 non significa necessariamente l’inizio di un tramonto. Il campo delle opportunità resta aperto, nonostante le incertezze sulle esperienze che potranno svilupparsi in concreto e nonostante i dubbi interpretativi cresciuti nel vuoto normativo. Viene da pensare alle parole di Valeria Portale, responsabile dell’Osservatorio sulla blockchain del Politecnico di Milano: “Il mercato è esploso prima che si arrivasse a capire a che cosa servissero effettivamente gli NFT”. Ecco, libri come questo sono un buon modo per cominciare a mettere al primo posto la comprensione, anziché gli imperativi della speculazione.