La witch house è al centro della nuova puntata di Rock in Onda, il programma condotto da Claudio Fabretti tutti i mercoledì dalle 12 alle 14 sulle web-frequenze di Radio Città Aperta (www.radiocittaperta.it).
Paesaggi sonori cupi e rumoristi, ricchi di riferimenti all'industrial, al gothic rock, all'ethereal wave e allo shoegaze: è la formula con cui una nuova generazione di musicisti a partire dai pionieri Salem ha innovato l'elettronica, in un vortice di sintetizzatori, drum machine, bordoni, vocalizzi filtrati e campionamenti sinistri.
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Witch house
Witch house: un genere, un microgenere, forse solo un contorto stato mentale. Dobbiamo prendere in considerazione tutte e tre le ipotesi e quindi nessuna delle tre, perché in un’epoca di manipolazioni e di contaminazioni elettroniche è facile coniare ogni giorno dei nuovi termini da abbinare a un determinato sound di complessa classificazione (la witch house si trova comunque in ottima compagnia, con la vaporwave, il cloud rap, l’horrorcore e via dicendo).
In realtà questa denominazione nasce per gioco nel lontano 2009, quando Travis Egedy dei Pictureplane (un eclettico progetto a cavallo tra synth-pop, house music e darkwave) prova a dare una definizione alla sua musica pregna di riferimenti all’occulto. Witch house è la risposta, un marchio che inizia a diffondersi rapidamente tramite alcune riviste di settore (lo stesso Egedy nelle interviste, quasi inconsapevolmente, ammette che di non essere l’unico a suonarla). Tra Pictureplane e la witch house si instaura un forte legame simbolico che comunque lambisce ma non affonda mai le unghie all’interno di quello che sarà il genere, lo testimonia il significativo “Dark Rift” del 2009: se vogliamo infatti ricercare il manifesto sonoro di tale multiforme creatura, dobbiamo far trascorrere qualche mese.
Dopo una serie di 7” di indubbio valore, il 2010 è l’anno di “King Night” dei Salem, con cui si sprofonda nelle tenebre già a partire dal nome del gruppo, capace di rievocare il luogo del celebre processo alle streghe del 1692. Lo scenario si fa cupo, opprimente e alienante, mentre la proposta musicale riesce a mettere insieme frammenti sparsi provenienti da galassie in apparenza lontane. Gelidi sintetizzatori, drum-machine, schegge di hip-hop incastonate dentro un tessuto gotico-esoterico (la portentosa “Sick”), “King Night” è questo e molto altro, la bomba che riesce a sdoganare lo straniamento delle nuove generazioni americane. Il lato weird della musica elettronica è servito.
Prima che sopraggiungano ulteriori contaminazioni (non ultime quelle con la trap), la witch house si cementa attraverso l’unione di tanti singoli ingredienti di varia estrazione: ambient, ethereal, darkwave, industrial, hip-hop, Uk garage, drone e non solo, con la differenza che ogni progetto utilizza queste diverse sfaccettature a suo piacimento. (...)
Un percorso che in questi dieci anni ha ben rappresentato le incertezze e le paure di una società in perenne trasformazione, anche a livello culturale e soprattutto nei contesti underground, dove ormai i punti di riferimento o vengono fagocitati dalle mode mainstream oppure finiscono per sparire nel giro di poco tempo. L’importante però, chiamando in causa un celebre film di Scorsese, è essere stati Re per una notte.
(da Witch house - Viaggio nel lato weird dell'elettronica di Paolo Chemnitz)
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