14/04/2007

John Foxx

Transilvania, Milano


Se si esclude un’estemporanea esibizione romana datata 1987, a corredo del progetto ambient "Cathedral Oceans" (completato nel primo dei tre capitoli nel 1995, e licenziato su cd due anni dopo), occorre tornare al 1983 per ritrovare John Foxx dalle nostre parti. Il tour fu quello di "The Golden Section", in una fase in cui il nostro sembrava essersi allontanato dalle algide istanze di "Metamatic", per inseguire le glorie di quel neo-romanticismo rock-wave che pure aveva contribuito a inventare come frontman degli Ultravox. A quei tempi si presentò a Milano con una formazione classica, dove la componente elettronica fungeva da supporto, con un repertorio che, assieme all’album oggetto del live, dava fondo al materiale di "The Garden" e di "Systems Of Romance", saltando a piè pari "Metamatic". Non crediamo che il concerto dell’altra sera avesse l’intenzione di risarcire i fan robotici rimasti allora digiuni, anche se ci piace pensarlo.

Sia pur sbagliando, non daremmo dritte fuorvianti, giacché il canuto ed elegante Foxx si presenta al cospetto della tiepida primavera meneghina munito di soli aggeggi elettronici, e con al seguito il fedelissimo pard Louis Gordon, anch’egli digitalmente armato fino ai denti. Per chi non s’accontentasse della descrizione, il rimando è alla recente uscita "Live In A Room (As Big As The City)" o, per gli sfortunati che non dovessero reperirne una delle mille copie in circolazione, al più diffuso "Omnidelic Exotour" ristampato quattro anni or sono: entrambi testimoniano piuttosto fedelmente l’orientamento preso dagli show dell’asciutto signore inglese.

Per farla breve, c’e’ una sola chiave di lettura per l’odierno John Foxx: il pop sintetico, insomma l’elettropop d’autore, con buona pace per i tanti smanettoni che lo imitano, spesso dimenticando di citarlo per il caposcuola che è. Techno-pop non stop: non solo Kraftwerk è l’appunto da annotare per non scordarsi.
E la scaletta, entusiasmando, qualche volta persino spiazza: nel cibernetico travisamento dell’ultravoxiana "The Man Who Dies Everyday" o nelle squadrate ma non meno suggestive rivisitazioni di "Hiroshima Mon Amour" e di "My Sex", ad esempio. Il resto è un florilegio di glorie metamatiche o alla peggio di alcune azzeccate, ma ben più terrene, creature recenti. Si può pensare a qualcosa di più emozionante di un poker, con voce in gran spolvero, se i quattro assi hanno i nomi di "He’s A Liquid", "Metal Beat", "Plaza" e "Underpass"? Certo che no, poiché queste da sole sono valse il prezzo del biglietto.
Se poi aggiungiamo altre due gemme del periodo, l’iniziale "20th Century" e "No One Driving" ai classiconi degli Ultravox ("Slow Motion" e "Just For A Moment", oltre ai tre citati più sopra), si può intuire da dove arrivi la nostra indulgenza per qualche lungaggine di troppo occorsa nella rilettura del canzoniere recente che, per inciso, non è affatto da buttare.

E dire che quest’appuntamento fu revocato nel dicembre scorso e restò a lungo in forse, causa problemi sorti per via di una locandina galeotta che sottilmente spacciava il duo come un’attempata cover band degli Ultravox ("A night with Ultravox", recitava maldestramente il manifesto). Per questo motivo, un risentito John fece saltare le due date italiane ventiquattr’ore prima della performance. Contrarietà a parte, col senno di poi ne abbiamo compreso i motivi: tra l’evocato nostalgismo e questo show c’e di mezzo il talento di un grande artista, qui ed ora. Click click drone, applausi, e così sia.

Setlist

  1. 20th Century
  2. The One That Walks Through You
  3. A Million Cars
  4. He’s A Liquid
  5. Metal Beat
  6. Plaza
  7. Underpass
  8. Ultraviolet/Infrared
  9. Crash And Burn
  10. The Man Who Dies Everyday
  11. Slow Motion
  12. From Trash
  13. Hiroshima Mon Amour
  14. Just For A Moment
  15. No One Driving
  16. My Sex

 

Encore:

Endlessly

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