Camera 237

Vectorial Maze

2005 (Garage75 Records)
post-rock
5.5

Quartetto cosentino, i Camera 237 giungono quest'anno al loro esordio discografico sulla lunga distanza, forti della vittoria ad Arezzo Wave Calabria 2004 e della produzione di Fabio Magistrali. "Vectorial Maze", questo il titolo dell'album, in realtà presenta una band ancora molto acerba, nonostante, al tempo stesso, lasci intravedere potenzialità perlomeno buone. I Camera 237 si allineano pedissequamente al filone post-rock (da buoni italiani, con qualche annetto di ritardo), dimostrando di conoscere bene, molto bene, la materia trattata e di avere una buona padronanza degli strumenti (chitarre che vagano e si intrecciano, basso ben calcato, batteria a scandire e/o accompagnare). Il versante scelto è quello dei caposcuola Slint, nella versione che ne hanno dato i Mogwai: più o meno lunghi strumentali con fili che ruotano cercando sempre e comunque soluzioni armoniche, rallentamenti emozionali, deflagrazioni. Mancano i campanelli, questo sì.

I Camera 237, però, ci sanno fare. Ed è proprio quando riescono a essere scozzesi per un giorno che tirano fuori la gemma (seppur "grezza") di "Vectorial Maze": "Camera n.11" si apre con una chitarra avvolgente, su cui va a risuonare l'altra della coppia, che la contrappunta in modo ideale. Una culla. Prima che la tempesta avvolga tutto, che il suono si faccia duro, ispido… prima che tutto torni, dolce, come prima. Paradossalmente, a far da contraltare, il brano che paga meno dazio alle influenze è tra i meno riusciti. "R rum/rvm", parte mosso da spazzolate jazz che si alternano tra silenzi, prima che un attacco math inizi a turbare l'aria. Anziché dare il "la" a una prevedibile esplosione, la band intreccia una trama più lieve che sfocia in pulsioni quasi funky, seppur al ralenti, che guidano il brano sino al capolinea.

Dicevamo all'inizio: disco di mestiere, ma disco che lascia intravedere qualità. Si prendano ad esempio del primo assunto "Camera n.33" e "Camera n.88". Atmosfera thrilling, chitarre che si sovrappongono e si dilungano sino allo scoppio finale. Tutto sin troppo telefonato, troppo attento a seguire lo schema studiato senza errori: tutto troppo mediocre. Ad esempio del secondo assunto invece si prendano "Camera n.99" e "Camera n.55". La prima mette in mostra la (forse principale) qualità dei Camera 237: il gusto melodico. Il brano in sé non rende neanche al meglio delle possibilità, ma l'epica e il cammino dolente ma sinuoso dello spunto armonico sono sicuramente di livello. La seconda invece mostra che i cosentini sanno anche mordere, se vogliono, inalberandosi in rasoiate veementi e stridenti.

Insomma, per tirare le fila del discorso, il limite della band e del disco, s'è capito, è proprio l'essere troppo legato alla materia di partenza. Essere dimenticabili. Una strumentazione più allargata, l'uso della voce, il non cercare di evitare per forza la forma-canzone possono essere una soluzione. Ma si può continuare anche con la stessa formula: quello che importa è tirare fuori la propria personalità. E' questo il vero consiglio che si può dare ai Camera 237. Noi restiamo in attesa: per ora, la palla torna a loro.

29/12/2009

Tracklist

  1. Camera n.77
  2. Camera n.77 (parte b)
  3. Camera n.33
  4. R rum/rvm
  5. Camera n.11
  6. Camera n.55
  7. Camera n.88
  8. Camera n.99
  9. Camera n.66

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