Hey Colossus

Qualcuno ha scritto: immaginate uno scienziato punk e lunatico che sintetizza in laboratorio un suono a cavallo tra Neu!, Black Flag e Black Sabbath. Ecco, questi sono gli Hey Colossus (magari, però, dovremmo farci spiegare dove rintracciare il motorik del duo tedesco…), inglesi decisi, con questo “Project: Death” (terzo disco in studio) a far sobbalzare le casse del vostro stereo con un suono portentoso, mastodontico, per l’appunto… colossale.  

Come lo sludge marziale di “Do They Ever Return”, che inonda la stanza con una marea montante di riff grandguignoleschi. La propulsione incendiaria di “I Am The Chiswick Strangler” fa pensare a dei Gravitar alle prese con il punk interstellare e lurido di certi Chrome, mentre “45 Pounds” rinnova l’epica Sabbathiana attraverso la lezione dei Melvins, ma con quel piglio spacedelico che la manda direttamente dalle parti degli Hawkwind di “Space Ritual”. Niente di nuovo sotto il sole, ma la sintesi è ben bilanciata e l’impatto è di quelli che ne vorresti sempre di più, fino al collasso. Per i fans del genere, insomma, vera manna dal cielo.

Fangoso, sanguinolente, portentoso: questo suono è vitale, sprizza un’energia corrosiva da tutti i pori, azzanna il corpo e lascia che l’anima si abbandoni al delirio del trip acido, come quello, indolente, di “Frozed”, con in coda un caos amorfo di wah-wah e feedback orrendamente deturpati, liquefatti. Al monolite di “Rope Assassin” (in verità, abbastanza interlocutorio), segue una spiritata e malefica “The Book Of Disquiet”, che sa molto di Harvey Milk, anche se svanisce, poco alla volta, tra le nebbie lisergiche del cosmo più profondo ed inaccessibile.

Punkadelico in “On The Pleasure Of Hating” e astral-doom “processionale” in “Grow Still At Last”, “Project: Death” lascia dietro di sè una scia spaventosa di catastrofi. Annunciate, ma non per questo meno terribili.

11/05/2007