Dopo il successo con i Lilys nei primi anni 90, Art Di Furia ha costruito con tenacia una sua band, cercando di allontanarsi dal tono eccessivamente britpop del gruppo di Kurt Heasley, spostando su Hendrix e Pink Floyd i suoi punti di riferimento, e creando, quindi, un sound amabilmente devoto agli anni 70.
Lo confesso: mi sono divertito nell’ascoltare i 34 minuti del settimo album dei Photon Band. L’uso di strumenti e tecniche vintage creano un suono caldo e avvolgente, con spunti solistici gradevoli. Gli innumerevoli richiami stilistici sono pieni di devozione e grinta, pur se a volte stucchevoli.
Ormai numerose band richiamano gli anni 60 e 70 senza pudore. C’e chi come i Dead Meadow punta sugli aspetti più complessi e psichedelici creando un suono potente, su cui si inseriscono composizioni di alta levatura; altri, come i Fountain Of Wayne, scelgono la strada del pop senza orpelli, con testi molto crudi, pieni di ironia, e melodie irresistibili. I Photon Band, invece, appartengono alla categoria che resta vittima del suo amore per il passato, e non riescono a creare molto di originale.
Il suono è comunque più maturo rispetto a quello degli album precedenti. Il tono è più bluesy, ma le composizioni non sono tutte di buon livello. Il suono tra psichedelia e rock alla Hendrix, infatti, non sempre regge il gioco e il prendersi troppo sul serio non giova.
Se le iniziali “Back Down To Earth” e “Ka-Blammo” sono di ottimo livello, le perplessità vengono alimentate da brani come” Where Did The Love Go”, dove il riff è banale e il richiamo ai Big Star stucchevole, mentre il pezzo in pieno Kinks-style “Watchgonnado?” annoia, sottolineando l’altro punto debole del gruppo, ovvero la scarsa versatilità e personalità vocale.
La sezione ritmica evidenzia molte novità: l’uso di rullanti a tutto spiano (alla Mitch Mitchelle) e la tecnica di registrazione, che simula atmosfere live, rendono le canzoni molto diverse dal rock radiofonico.
Oltre alla gia citata “Ka-Blammo”, altra canzone di rilievo è l’ottima “Just Between Me And You”, ricca di richiami alla scena folk-psychedelica californiana.
Su tutte si eleva lo strumentale “Last Call, Bad Night”, che chiude l’album con molti spunti creativi e ottimi assolo. Se l’originalità non è il loro forte, bisogna riconoscere loro la capacità di creare, per una buona mezz’ora, un’atmosfera dejà vu molto gradevole. “It’s Only Rock ‘n’ Roll But I Iike It”, ma non cercate emozioni nuove, quelle sono altrove.
12/02/2008